2019-12-12
Pure la Consulta ora ha la sua Greta. È la toga metallara che piace a Renzi
Marta Cartabia eletta presidente della Corte costituzionale per meriti di genere: resterà in carica 9 mes.i Lei esulta citando la Clinton, di cui condivide le aspirazioni: può essere la carta del Bullo per il Quirinale.«Ho l'onore di essere qui come apripista». Sono le prime parole di Marta Cartabia, eletta ieri all'unanimità (lei si è astenuta) presidente della Corte costituzionale. Stipendio lordo (fonte, Wikipedia): 432.000 euro annui. La giurista, subentrata a Giorgio Lattanzi, di cui era vice, s'è paragonata al personaggio femminile del momento, Sanna Marin: «Spero di poter dire in futuro, come la neopremier finlandese, che anche da noi età e sesso non contano. Perché in Italia ancora un po' contano». Non ha torto: il primo ministro del Paese nordico ha 34 anni. La Cartabia, lombarda, 56. Non è una ragazzina, però è donna: e pare che, nell'era del Me too e di Greta Thunberg, nominata da Time persona dell'anno, sia stato questo il suo principale merito. Oltre a essersi apparentemente allineata all'agenda laicista su diritti civili e fine vita, nonostante fosse stata chiamata alla Consulta da Giorgio Napolitano in quota cattolica.«Si è rotto un vetro di cristallo», ha commentato la Cartabia, citando il discorso di Hillary Clinton dopo la sconfitta alle presidenziali del 2016. Però la toga appassionata di heavy metal (fa jogging ascoltando i Metallica) potrebbe riuscire laddove ha fallito l'ex first lady Usa, umiliata da Donald Trump: diventare presidente della Repubblica. Per la Cartabia, quello da numero uno della Consulta sembra non essere un traguardo, bensì un trampolino: essendo entrata alla Corte nel 2011, il suo mandato scadrà tra 9 mesi. La prospettiva finale potrebbe essere l'approdo al Quirinale. In fondo, la scalata al Colle l'ha già ultimata: le basterà attraversare la strada, per trasferirsi dal Palazzo della Consulta a quello del capo dello Stato. A giocarsi quest'asso, ammesso che una crisi del governicchio giallorosso non sparigli le carte, potrebbe essere Matteo Renzi. Il Bullo, che si era vantato di aver fondato un partito femminista, ha subito celebrato l'elezione della Cartabia: «Un segnale bellissimo», ha twittato. «Una donna, giovane» (rispetto alla media dei suoi colleghi...), «di grandissime qualità». D'altra parte, il senatore semplice era stato facile profeta, quando, all'ultima Leopolda, s'era detto in trepidante attesa di un «presidente della Corte costituzionale donna». Solo due anni fa, nel suo libro Avanti: perché l'Italia non si ferma, Renzi citava proprio la Cartabia nel capitolo dedicato alle radici cristiane dell'Europa. Quello della giurista sarebbe il profilo perfetto per garantire continuità al dogma europeista e per assicurare una sicura presa dei «competenti» sul Quirinale. Istituzione inspiegabilmente preclusa, nella visione di Renzi, a qualunque personalità di centrodestra, per quanto più gradita all'opinione pubblica.Dal canto suo, la Cartabia si è sempre saputa muovere nei consessi ufficiali. Il suo nome era spuntato fuori più volte in sede politica: nel 2018, come presidente del Consiglio di un governissimo, prima che a sacrificarsi inutilmente fosse Carlo Cottarelli. Di nuovo, pochi mesi fa, quando, con la crisi del Conte 1, l'establishment avrebbe fatto di tutto pur di non rimandare il Paese alle urne. Ultimamente, la giudice ha intensificato l'attività di «autopromozione». Basti citare i due esempi più recenti: alla prima della Scala, la Cartabia sedeva nel retro palco di Sergio Mattarella, con cui c'è una solida stima reciproca. Pochi giorni prima, i due si erano incrociati, alla presenza di Liliana Segre, all'inaugurazione del nuovo campus della Bocconi. D'altronde, un intermezzo accademico nell'ateneo montiano potrebbe farle comodo visto che, tra la fine del suo mandato alla Corte e la successione di Mattarella, passeranno circa due anni. La mondana operosità della Cartabia potrà apparire insolita per una toga. Eppure non stupisce, se si considera che, già nelle sue vesti di magistrato, era, in linea con Lattanzi, sostenitrice del protagonismo della Consulta. L'aveva anche scritto: a suo avviso, le corti costituzionali «svolgono a un tempo una funzione di garanzia - custodi dei valori costituzionali, stabili e duraturi - e una funzione dinamizzante dell'ordinamento attraverso l'interpretazione sempre nuova dei principi costituzionali, a contatto con l'evoluzione sociale». I giudici non sono, sempre per citare le sue parole, la «bocca della legge». In un certo senso la producono, sopperendo alle presunte lacune del Parlamento. Senza essere eletti, s'intende. Com'era prevedibile, le lodi sono state quasi unanimi. Giusto perché il sesso non conta. Paolo Gentiloni s'è detto «orgoglioso per Marta». Il collezionista di cariche, Sabino Cassese, estimatore e kingmaker della Cartabia, ha elencato sul Corsera i «4 motivi per gioire». Fernanda Contri, prima donna entrata alla Consulta, ha giubilato: «Un vero cambio di passo». Elogi in salsa femminista da Mara Carfagna («la scelta dei giudici infrange i pregiudizi di genere») e dal vicepresidente del Csm, ex deputato pd, David Ermini. Carla Ruocco, presidente M5s della commissione Finanze a Montecitorio, ha parlato di «ottimo segnale per il nostro Paese». Insomma, c'è una maggioranza per le Camere in seduta congiunta. Poche voci di dissenso dalla parte del mondo Lgbt che non perdona alla Cartabia di essere cattolica (sebbene cattolica «adulta»). Fabrizio Marrazzo, del Gay center, ha scritto che «la sua nomina è un rischio per i nostri diritti». A correggere il tiro, il renziano Ivan Scalfarotto, per cui la nomina è «una bella notizia».A breve, la neopresidente della Consulta potrà dare ai lavori la sua impronta: a gennaio, la Corte esaminerà la richiesta leghista di referendum sul maggioritario. Se la bocciasse, contribuirebbe a depotenziare il Carroccio e a blindare la legislatura. Quella che, nel 2022, potrebbe portare la Cartabia sullo scranno più alto della Repubblica.