
Plafoniere passate da 200 a 637 euro l'una, 200.000 euro in più per i controsoffitti e 19 chilometri di cavi elettrici: costi triplicati per la sede del Consiglio regionale, avviata dalla giunta Vendola e confermata dall'attuale. La Procura ha aperto un'inchiesta.Costi triplicati, ritardi infiniti, errori progettuali, varianti e modifiche, parcelle milionarie, gare truccate e condanne. La lunghissima storia del cantiere della nuova sede del Consiglio regionale pugliese è costellata di scandali. L'ultimo, la decisione di acquistare plafoniere costosissime al posto di quelle decisamente più economiche scelte in prima battuta, ha raggiunto la ribalta nazionale grazie alla trasmissione Non è l'Arena, condotta su La7 da Massimo Giletti. Ma non è che una goccia in un mare di sprechi. I consiglieri del Movimento 5 stelle hanno presentato un esposto alla Corte dei conti che, per mano del procuratore generale Carmela de Gennaro, ha aperto un'inchiesta amministrativa. Ma denunce sono state presentate anche all'Anac, alla Guardia di finanza e alla Procura che ha aperto un'inchiesta penale per iniziativa del pm Savina Toscani. Nei documenti si trova di tutto: dai controsoffitti modificati con l'ultima variante di progetto per i quali oggi sono necessari 56,19 euro al metro quadro in più, ai 19 chilometri di cavi elettrici ritenuti indispensabili dai progettisti, ma sull'utilità dei quali sono davvero molti i dubbi. Gli stessi che oggi si addensano intorno all'operato di tre amministrazioni, una di centrodestra e due di centrosinistra. Capaci di far lievitare i costi dagli iniziali 39 milioni di euro agli attuali 87 e di far crescere le parcelle destinate ai progettisti da 3 a oltre 11 milioni di euro. La storia infinita di quest'opera faraonica comincia nel 2002 quando l'allora governatore Raffaele Fitto dà il via alla progettazione della nuova sede del Consiglio. Ad aggiudicarsela è lo studio romano Valle Associati. Undici anni dopo, nel 2013, una sentenza della Corte di cassazione stabilirà che quella gara era truccata, ravvisando il reato di turbativa d'asta. È però sotto la giunta guidata da Nichi Vendola che, nel 2010, viene bandita la gara per la realizzazione dell'opera. Vincono tre imprese e i lavori finalmente cominciano. Insieme con le prime quattro varianti (e i primi rialzi) dovuti alla necessità di aggiornare il progetto ormai vecchio di dieci anni. L'ultima tappa della vicenda vede infine come protagonista l'attuale presidente della Regione, Michele Emiliano. Al suo insediamento l'ex magistrato decide di andare avanti con i lavori, nonostante i costi siano già fuori controllo. Avallando l'ultima, molto discussa, variante datata 2016. Quella delle plafoniere da 637 euro l'una, ma anche dei nuovi controsoffitti, delle pareti divisorie dai costi raddoppiati e di quei 19 chilometri di cavi elettrici che potrebbero coprire la distanza che separa Bari da Molfetta. Oggi, 16 anni dopo il via libera di Fitto, le gru sono ancora al lavoro. Gli uffici dei consiglieri, che avrebbero dovuto essere spostati nella nuova sede nel 2014, sono ancora in quella vecchia. Per l'affitto della quale la Regione continua a pagare un milione e mezzo di euro l'anno. La prossima data utile per fare gli scatoloni è il 31 dicembre, quando il contratto di locazione scadrà. Ma la storia di questo palazzo dimostra che nessuna tabella di marcia può darsi per scontata. Così come nessuna previsione relativa ai costi. Per il momento sono solo due le certezze: i pugliesi ci hanno rimesso un mare di soldi, mentre a guadagnarci sono stati progettisti e imprese di costruzione.Plafoniere. Sono diventate il simbolo degli sprechi. Le ormai famigerate plafoniere, inizialmente previste al neon, sarebbero dovute costare mediamente poco più di 200 euro l'una, mano d'opera compresa. Per un totale di quasi 200.000 euro. Con la variante di progetto approvata dalla giunta Emiliano a maggio 2016 si è deciso di trasformare i neon in led. Con il risultato di optare per l'acquisto di 1.637 nuove luci, esclusive e firmate, con un prezzo di listino di 754 euro l'una, poi sceso a 637 per effetto del ribasso d'asta. Morale, i pugliesi hanno pagato le plafoniere 830.000 euro in più. Con un ulteriore giallo: durante la trasmissione Non è l'Arena l'impresa produttrice delle lampade ha ufficialmente smentito di aver ricevuto una richiesta di preventivo da parte della Regione Puglia, così come un ordine di acquisto. Si potrebbe trattare quindi di lampade simili, ma di minor pregio. Un aspetto, questo, ribadito nell'esposto presentato dai 5 stelle alla Corte dei conti, sul quale gli inquirenti dovranno fare chiarezza.Controsoffitti. I cittadini pugliesi sono costretti a pagare molto di più anche i controsoffitti del nuovo Consiglio. Il motivo? Con la variante del 2016 si è ritenuto necessario un «miglioramento acustico fino a 50 decibel». E così i pannelli inizialmente previsti sono stati sostituiti con un modello di dimensioni più contenute. Ma decisamente più caro: il nuovo controsoffitto costa 56,19 euro in più al metro quadro. Dal momento che i metri quadri totali sono 3.576, i soldi pubblici spesi in più sono circa 200.000. Anche su questo punto i conti, per i 5 stelle, non tornano. Secondo l'opposizione, i pannelli più piccoli dovrebbero costare di meno. O al massimo solo 3,5 euro in più al metro quadro, rispetto a quelli scelti in prima battuta. Come si arriva a più di 56 euro? Anche su questo aspetto sta indagando la Corte dei conti.Pareti mobili. Secondo il progetto iniziale, gli spazi di lavoro avrebbero dovuto essere divisi grazie all'impiego di pareti mobili attrezzate. Il cui costo variava da 66 a 110 euro al metro quadro. Con la quinta variante del progetto si è deciso di utilizzare pareti divisorie semplici. Praticamente identiche alle precedenti, a parte l'altezza passata da 3 a 3,6 metri. Il risultato è che i costi sono saliti in modo esponenziale, oscillando fra 120 e 221 euro al metro quadro. Insomma, per le nuove pareti mobili adesso serve il doppio della cifra inizialmente pattuita. Ovvero circa 112.000 euro in più.Cavi elettrici. Anche la rete elettrica che alimenta la nuova sede del Consiglio nasconde rincari perlomeno sospetti. L'efficientamento energetico dell'edificio avrebbe dovuto ridurre il fabbisogno di cavi, invece nel progetto ne sono previsti ulteriori 19,6 chilometri. Una quantità enorme. Anche su questo i 5 stelle vogliono chiarezza, per capire come sia singolare che una struttura composta da due corpi lunghi circa 100 metri ciascuno, e alta dieci piani, possa contenere una rete elettrica di questa portata. Per adesso l'unica certezza è che ai pugliesi questi cavi costano 290.000 euro in più. Ai quali bisogna sommare altri 271.000 euro in più necessari per mettere a punto i canali zincati nei quali i cavi alloggiano.Pozzi. Con la quinta variante del progetto si è deciso anche di realizzare quattro pozzi idrici trivellati, con lo scopo di raffreddare le macchine di condizionamento dell'edificio. Ognuno costa 63.376 euro, per un totale di oltre 253.000 euro. Anche su questo i 5 stelle sono andati a fondo. Grazie a una serie di indagini di mercato effettuate con le ditte specializzate, si sono resi conto che mediamente ogni pozzo dovrebbe costare non più di 15.000 euro. Ovvero 60.000 euro in totale. Una cifra davvero lontanissima rispetto a quella messa a bilancio. L'ennesimo spreco difficile da giustificare.
Roberto Scarpinato (Imagoeconomica)
La presunta frode elettorale travolse i leghisti. Ma a processo è finito solo un «big» delle preferenze del centrosinistra. Il pm di allora conferma tutto. E va al contrattacco.
L’intervista a questo giornale della pm di Pesaro Anna Gallucci ha scosso il mondo politico e quello giudiziario. La toga ha denunciato il presunto indirizzo «politico» dato alla maxi inchiesta Voto connection della Procura di Termini Imerese, dove la donna lavorava, un’indagine che riguardava voto di scambio (riqualificato dal gip in attentato contro i diritti politici dei cittadini), favoritismi e promesse di lavoro in vista delle elezioni comunali e regionali del 2017. La pm ci ha rivelato che l’allora procuratore Ambrogio Cartosio (che ha definito la ricostruzione della ex collega come «falsa» e «fantasiosa») la avrebbe spronata a far arrestare due esponenti della lista «Noi con Salvini», specificando che «era un’iniziativa condivisa con il procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato» e l’avrebbe, invece, invitata a chiedere l’archiviazione per altri soggetti legati al centro-sinistra. Ma la Gallucci non avrebbe obbedito. Un’«insubordinazione» che la donna collega ad alcune sue successive valutazioni negative da parte dei superiori e a una pratica davanti al Csm.
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Performance a tripla cifra per Byd, Lynk&Co e Omoda/Jaecoo grazie agli incentivi.
Byd +535,3%, Lynk&Co +292,3%, Omoda/Jaecoo +386,5%, «altre» +419,2% e fra queste c’è Leapmotor, ovvero il partner cinese di Stellantis che raggiunge l’1,8% della quota di mercato solo a novembre. Lo scorso mese le immatricolazioni auto sono rimaste stabili nei confronti dello stesso periodo di un anno fa, tuttavia c’è stato un +131% circa delle vetture elettriche, grazie agli incentivi che hanno fatto felici i principali produttori di veicoli a batteria: i cinesi. Come emerge appunto dalle performance a tripla cifra messe a segno dai marchi dell’ex celeste impero. La quota di mercato delle auto elettriche è volata così nel mese al 12,2%, rispetto al 5,3% del novembre 2024.
«La spinta degli incentivi ha temporaneamente mitigato l’anomalia del mercato italiano, riavvicinandolo agli standard europei», sottolinea il presidente di Motus-E, Fabio Pressi. «Appurato l’interesse degli italiani per la mobilità elettrica, strumenti di supporto alla domanda programmatici e prevedibili conseguirebbero anche da noi risultati paragonabili a quelli degli altri grandi mercati Ue», osserva ancora Pressi, citando a titolo d’esempio «l’ormai improcrastinabile revisione della fiscalità sulle flotte aziendali».
Friedrich Merz e Ursula von der Leyen (Ansa)
Pure Merz chiede a Bruxelles di cambiare il regolamento che tra un decennio vieterà i motori endotermici: «Settore in condizioni precarie». Stellantis: «Fate presto». Ma lobby green e socialisti europei non arretrano.
Il cancelliere Friedrich Merz ha annunciato che la Germania chiederà alla Commissione europea di modificare il regolamento europeo sul bando dei motori endotermici al 2035. Il dietrofront tedesco sul bando ai motori a combustione interna, storico e tardivo, prende forma in un grigio fine settimana di novembre, con l’accordo raggiunto fra Cdu/Csu e Spd in una riunione notturna della coalizione a Berlino.
I partiti di governo capiscono «quanto sia precaria la situazione nel settore automobilistico», ha detto Merz in una conferenza stampa, annunciando una lettera in questo senso diretta a Ursula von der Leyen. La lettera chiede che, oltre ai veicoli elettrici, dopo il 2035 siano ammessi i veicoli plug-in hybrid, quelli con range extender (auto elettriche con motore a scoppio di riserva che aiuta la batteria) e anche, attenzione, «motori a combustione altamente efficienti», secondo le richieste dei presidenti dei Länder tedeschi. «Il nostro obiettivo dovrebbe essere una regolamentazione della CO2 neutrale dal punto di vista tecnologico, flessibile e realistica», ha scritto Merz nella lettera.
Ansa
Per la sentenza n.167, il «raffreddamento della perequazione non ha carattere tributario». E non c’era bisogno di ribadirlo.
L’aspettavano tutti al varco Giorgia Meloni, con quella sua prima legge finanziaria da premier. E le pensioni, come sempre, erano uno dei terreni più scivolosi. Il 29 dicembre di quel 2022, quando fu approvata la Manovra per il 2023 e fu evitato quell’esercizio provvisorio che molti commentatori davano per certo, fu deciso di evitare in ogni modo un ritorno alla legge Fornero e fra le varie misure di risparmio si decise un meccanismo di raffreddamento della perequazione automatica degli assegni pensionistici superiori a quattro volte il minimo Inps. La norma fu impugnata dalla Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna e da una ventina di ex appartenenti alle forze dell’ordine per una presunta violazione della Costituzione. Ma ora una sentenza della Consulta, confermando per altro una giurisprudenza che era già abbastanza costante, ha dato ragione al governo e all’Inps, che si era costituita in giudizio insieme all’Avvocatura generale dello Stato, proprio contro le doglianze del giudice contabile. Già, perché in base alle norme vigenti, non è stato necessaria la deliberazione di un collegio giudicante, ma è bastata la decisione del giudice monocratico della Corte dei Conti emiliana, Marco Catalano, esperto in questioni pensionistiche.






