2022-06-27
Prugne: il mix energetico ideale in estate
Sono piene di vitamine e sali minerali, proteggono la vista, stimolano il metabolismo e sono amiche dell’intestino ma state attenti al loro seme, tossico oltre una certa soglia.Ricordate quel gioco da bambini, il salto alla corda al ritmo di «mela / pera / arancia / susina?». Si sarebbe potuto aggiungere «o prugna», perché, lo sanno in pochi, ma susina e prugna sono la stessa cosa. Nell’uso linguistico più comune, con «susina» intendiamo la prugna fresca, mentre con «prugna» possiamo intendere sia la prugna fresca, sia la prugna secca. Per alcuni, poi, la parola «prugna» indica i frutti oblunghi di colore blu-viola, mentre col termine «susina» si riferiscono ai frutti più tondi e più morbidi, di colore più chiaro. Altri chiamano «susina» solo i frutti del Prunus Salicina, arrivato dalla Cina più recentemente rispetto al Prunus domestica. Oppure quelli della Prunus domestica subsp. insititia, in italiano chiamate «susine dalmassine», una varietà di susine di colore variabile fra il bluastro e il rosso violaceo, molto piccole, di soli 20-25 mm di diametro, sode e molto dolci. Comunque, a parte questo, generalmente usiamo interscambiabilmente «prugne» e «susine». Con «prugna» (o susina) intendiamo quindi il frutto del pruno, albero anche detto «susino». Si tratta dell’albero di genere Prunus specie domestica, della famiglia delle Rosaceae. Originario dell’Asia, del Caucaso, si diffonde prima in Siria, in particolar modo a Damasco, poi nel I secolo a.C. i Romani lo portano nelle terre del bacino mediterraneo e ancora poi i Cavalieri della Prima Crociata lo portano in Francia, Germania e poi le altre regioni europee. La parola «prugna» non ha etimologia chiara. Si suppone che derivi dalla radice indoeuropea prus, ossia «bruciare», da cui deriva il greco pyrsòs, «rosso», colore, appunto, del fuoco che brucia. L’albero del pruno ha la tipica forma a ombrello dell’albero che disegnano i bambini e dimensioni non gigantesche, da tre a otto metri d’altezza a seconda della specie. Ha fiori graziosi, bianchi, che compaiono in primavera e poi diventano i frutti. Frutti che sono maturi da giugno, cioè da adesso, a settembre e ottobre. L’estate è, insomma, la stagione delle prugne: l’albero può fruttificare per cinque raccolte e la prima raccolta è considerata la migliore. Il frutto arriva fino a otto centimetri di diametro e bisogna fare attenzione che sia al giusto punto di dolcezza, perché alcune varietà sono molto aspre: prima di raccogliere si misura il grado rifrattometrico, con il penetometro si valuta la resistenza della polpa, si considera il rapporto tra solidi solubili e acidità totale e anche la variazione del colore di fondo della buccia. La prugna è difficile da mantenere fresca dopo la raccolta, essendo la polpa molto delicata, però il lato positivo di questa «fragilità» materica è che - com’è per le albicocche e le pesche - se compriamo prugne troppo acerbe, be’, possiamo portarle a giusta dolcezza tenendole un paio di giorni a temperatura ambiente. La prugna è una drupa con pericarpo sviluppato, carnoso e commestibile. Una drupa è un tipo di frutto molto carnoso e caratterizzato da una parte interna legnosa. L’esocarpo, la buccia, è sottile e membranoso, il mesocarpo, la polpa, è carnoso e l’endocarpo, il nòcciolo che contiene il seme, è appunto legnoso. La prugna ha in comune con la pesca anche il contenuto di amigdalina nel seme: l’armellina, la mandorla amara, altro non è che il seme dei frutti delle piante di pesco, pruno, ma anche albicocco e ciliegio, tutte della famiglia Prunus. Tuttavia non è affatto il caso di mangiarle come se fossero noccioline, anzi, perché contengono amigdalina che, per idrolisi dopo l’assunzione, forma acido cianidrico, tossico oltre una certa soglia: 1 grammo di amigdalina può formare 59 milligrammi di cianuro, che può risultare tragicamente tossico (cioè letale) già alla dose di 0,5 milligrammi (e fino a 3,5 milligrammi) per chili di peso di chi lo assume. L’Efsa, la European Food Safe Authority, spiega: «Il gruppo di esperti scientifici dell’Efsa sui contaminanti nella catena alimentare ha stabilito un limite di sicurezza per l’esposizione occasionale (nota come «dose acuta di riferimento» o «Dar«) di 20 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo. Ovvero 25 volte meno della più bassa dose considerata letale. Sulla base di tali limiti e dei quantitativi di amigdalina normalmente presenti nei semi di albicocca crudi, gli esperti dell’Efsa stimano che gli adulti possano consumare un quantitativo pari a tre semi piccoli di albicocca (370 milligrammi), senza superare la Dar. Per i bambini piccoli il quantitativo sarebbe 60 milligrammi, equivalente a circa mezzo seme piccolo.«Ciò non riguarda l’albicocca come frutto», perché il seme si trova nel nòcciolo, il cui guscio impedisce il contatto tra seme e polpa. L’Efsa parla delle albicocche, ma, come abbiamo detto, anche la prugna e altri frutti contengono seme con amigdalina, perciò vale anche per questi. Pensate che parte delle armelline, non molto spendibili sul mercato per via della bassa quantità consumabile rispetto alle mandorle dolci, vengono lavorate e trasformate in armelline dolci dall’industria, diventando concorrenti delle mandorle dolci perché costano il 30-40% in meno di queste ultime. Coi semi si fa anche l’olio di prugna, un liquido di colore giallo chiaro, di odore e sapore che ricorda la mandorla, impiegato per usi cosmesi e illuminazione. Sono curiosità utili da conoscere. Così come il motivo dell’opacità biancastra della buccia delle prugne, ci avete mai fatto caso? È l’acido ursòlico, che si chiama così in riferimento all’uva ursina, da cui fu ottenuto per la prima volta ed è un idrossiacido a struttura terpenica presente nella cera che copre le foglie e i frutti dell’uva ursina, appunto, poi di prugne, mele, pere (e anche altri frutti). La prugna è un frutto complice dell’estate, soprattutto quando è un’estate calda come si preannuncia questa. Essa contiene, infatti, un bel mix energetico: vitamina A, vitamina B1, vitamina B2, vitamina C, vitamina K e sali minerali importanti come potassio, fosforo, calcio e magnesio. Non sbucciatela, perché la buccia contiene la maggior parte delle sue sostanze antiossidanti e ricordatevi che le prugne con la buccia e la polpa sui toni del rosso-blu sono quelle più ricche di antociani.La prugna ha il 31% di acqua, il 64% di carboidrati, di cui il 7% di fibre alimentari, il 2% di proteine e meno dell’1% di grassi. Sono tanti gli aiuti che ci danno per mantenerci in salute, vediamoli. Le prugne proteggono la vista, grazie agli antiossidanti che aiutano a prevenire la degenerazione maculare legata all’età (tra le cause principali della perdita della vista). Poi, stimolano il metabolismo, grazie al contenuto di calcio, potassio, magnesio e beta-carotene, che aiutano a regolare il battito cardiaco, la pressione sanguigna, la glicemia e l’equilibrio idrico. In particolar modo quelle selvatiche, mangiate prima del pasto, stimolano l’appetito e favoriscono la digestione. Le prugne sono anche disintossicanti e depurative e promuovono la funzionalità epatica, con ciò coadiuvando anche la buona salute della pelle. Le prugne - e anche il succo di prugna - contengono sorbitolo. Quest’ultimo è uno dei motivi per cui la prugna è amica dell’intestino. Quel circa 7% di fibre, oltre ad aiutare a tenere sotto controllo la glicemia, fornisce un grande aiuto al nostro intestino, idem il loro contenuto di sorbitolo. «Ricche di fibre che aumentano la massa fecale, in primo luogo pectina, fruttosio e zolfo, favoriscono il transito del cibo nel colon. L’effetto lassativo delle prugne è dovuto all’azione di tali fibre e di altre sostanze, come sorbitolo e isatina», spiega il libro I cibi della salute. Mangiare bene per stare bene. Le prugne secche, sempre indicate come rimedio naturale per la stipsi occasionale o sistemica, contengono meno liquido rispetto alla prugna fresca e quindi a parità di peso hanno più fibre, contribuendo ancor più efficacemente di quelle fresche allo scopo. Per dare la sveglia alla funzione intestinale bastano 40 grammi di prugne secche denocciolate al giorno, cioè 5-6. Vanno lasciate a bagno in un bicchiere d’acqua, magari durante la giornata, e poi mangiate di sera, bevendo il liquido. La stessa cosa si può fare facendole bollire in una quantità d’acqua pari a un bicchiere per poi berle, intiepidite, al momento. Anche fresche funzionano, la porzione ideale è 3-4 al giorno. Non tutte le specie o varietà di prugne sono ottimali per l’essiccamento: si possono seccare tutte, certo, ma alcune rendono di più come frutto secco grazie alla polpa soda che non fermenta durante l’essiccazione, caratteristica che fa preferire queste varietà anche per fare il succo di prugna. E grazie all’appartenenza alla categoria delle cultivar con nòcciolo facile da rimuovere (in inglese si chiamano freestone, mentre quelle con nòcciolo più difficile da togliere si chiamano clingstone e sono quelle che riserviamo al consumo fresco). Le prugne secche non nascono come rimedio lassativo, essendolo, seppur un pelo meno incisive, anche quelle fresche. Ma nascono per conservare per tutto l’anno questo bel frutto.Però la proprietà stimolante della prugna è nota da sempre. Affermava Bartolomeo Sacchi detto il Plàtina dalla latinizzazione del toponimo natale, Piàdena: «L’uso delle prugne, purché moderato, muove il corpo». Dal prugnolo selvatico si ottiene anche la prunella, un liquore di tradizione antica (Fantozzi e Calboni portavano la bottiglia di Prunella Ballor al night «L’Ippopotamo» nel film Il secondo tragico Fantozzi. Il bel libro Cibo. La storia illustrata di tutto ciò che mangiamo, chiamando anch’esso susine i frutti di Prunus domestica, spiega: «Oltre a essere consumate fresche, essiccate, in scatola o cotte, sono famose sciroppate, in marmellate e torte. In Europa orientale si prepara un liquore, lo slivovitz (brandy di prugne), mentre in Francia sono famose le prugne secche confezionate di Agen. In alcune località dell’Asia, le susine sono messe sott’aceto o salate». In tutto il mondo ci sono ricette salate che usano le prugne, sia fresche, sia secche. In Russia, ricoprono le prugne secche di cioccolato dopo aver posto una mandorla (non armellina) al centro, proprio come facciamo noi coi fichi secchi.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)