2023-01-15
Pronta un’alternativa più economica all’obbligo di macchina elettrica
Toyota lancia un piano per sostituire vecchi motori con modelli aggiornati. Stessa strada imboccata da Ford. Tecnicamente è già possibile, ma il coinvolgimento dei produttori abbatte i costi e semplifica il processo.Un numero crescente di automobilisti italiani è costretto già oggi a cambiare la sua macchina a causa delle ideologie e delle politiche verdi di talune amministrazioni comunali. Ma presto al posto di sostituirla potrebbero lasciarla per un paio di settimane nelle mani della rete di assistenza ufficiale per poi ritirarla con un motore nuovo e meno inquinante, magari già completamente elettrico. Il conto? Tra un decimo e un quinto di quanto spenderebbero per una nuova vettura. Tecnicamente lo chiamano retrofit, ne esistono già diversi in commercio ma a ricordare questa possibilità al recente Salone automobilistico di Tokyo è stato Akio Toyoda, numero uno di Toyota, che tra i costruttori è a sua volta il numero uno al mondo della produzione di auto ibride. Ed è anche la casa che da sempre sostiene di dover dare ai clienti la scelta più ampia in fatto di tecnologia della propulsione tra endotermica, ibrida, elettrica a batteria e a idrogeno. Akio Toyoda non è certo uno che le manda a dire: da sempre comunica al mondo della politica e dell’automotive il suo scetticismo sull’attuale corsa troppo affrettata verso l’elettrico. E non più di una settimana fa, a Las Vegas, aveva ribadito: «Pensavamo di poter avere auto a guida autonoma già da tempo, ma oggi sappiamo che ce ne vorrà ancora parecchio, così come per la diffusione delle elettriche, ecco perché il mercato va servito con un ventaglio di soluzioni». E riferendosi alle vendite statunitensi aveva rimarcato: «La previsione di arrivare a vendere il 50% di vetture elettriche entro il 2030 rischia di essere frenata dalla tremenda carenza di litio e nichel per le batterie come dall’insufficiente disponibilità di una rete di ricarica facile da utilizzare». A Tokyo però ha ribadito che la casa giapponese sarebbe disposta anche a valutare la possibilità di vendere auto delle quali, dopo un determinato periodo, sarebbe possibile e conveniente sostituire il propulsore. In realtà la legge lo permette già anche in Italia, dove sono disponibili kit di trasformazione per auto e veicoli commerciali, con limiti di potenza compresi tra il 60% e il 100% di quella originale (quindi niente elaborazioni potenziate per legge), e se l’incremento massimo di peso non è superiore all’8% di quello originale. Ma se a proporre i kit fossero direttamente i costruttori presso i loro centri specializzati, come pensa Toyoda, l’operazione sarebbe più semplice e conveniente. Anche Ford ci ha pensato da tempo, con il suo kit retrofit Eluminator presentato nel 2021 e destinato ai marchi d’alta gamma del gruppo. Sarebbe una rivoluzione per il mercato, le case dovrebbero produrre piattaforme (cioè i telai) con attacchi dei propulsori standardizzati e pensare a metodi rapidi per eseguire le sostituzioni già durante la progettazione e tutto questo abbatterebbe i costi di trasformazione rispetto quelli attuali, poiché oggi i cosiddetti «Restomod» costano anche 10-12.000 euro. Non soltanto: il valore dell’usato sarebbe proporzionato alle sue reali condizioni tecnologiche, oltre che allo stato di mantenimento e ai normali parametri che valutiamo se ci rivolgiamo al mercato dell’usato. Pensando alle elettriche e ibride di oggi, l’idea del retrofit riguarderà presto la capacità della batteria, con la sostituzione di quelle originali con altre di nuova generazione che consentano autonomie maggiori. Toyota segue più strade verso le emissioni zero e forse anche per questo rimane nella parte alta delle classifiche di vendita in tutti i continenti. Pare quindi finalmente che quanto a mobilità in più parti del mondo sia cominciato un risveglio realista: in Scozia, come riportato dal Times, il segretario all’energia Michael Matheson ha comunicato la decisione di rinviare lo stop di vendita dei motori termici dal 2030 al 2032 poiché i ministri sono preoccupati per quanto tempo si sta rivelando necessario per creare la rete di ricarica e per il costo attuale dell’energia che frena le decisioni di acquisto. L’Ue ha già approvato i piani per vietare le auto a combustibili fossili entro il 2035, anche se alcuni Paesi stanno esprimendo perplessità, tra questi Italia, Portogallo, Slovacchia, Bulgaria, Romania e Germania, che si sono resi conto che l’attuale tempistica europea non è raggiungibile. In Italia, dopo che la legge che consentiva i retrofit è stata approvata nel 2015, ci sono voluti anni per il dispositivo attuativo e per semplificare le operazioni di riomologazione dei mezzi. Ma i costi erano ancora troppo alti, così soltanto pochi giorni prima della fine del governo Draghi il ministero delle Infrastrutture ha reso pubblico il decreto attuativo del Bonus retrofit 2022, uscito il 19 luglio dell’anno scorso e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 14 settembre scorso, che prevedeva un contributo fino a 3.500 euro destinato ai proprietari di veicoli che decidevano di elettrificarli. Per l’intera misura erano disponibili 14 milioni di euro. Poi, come sempre, nel passaggio di consegne al governo Meloni non si è più saputo nulla, mentre il mondo del retrofit meriterebbe più attenzione perché di fatto rappresenta una grande opportunità.