2020-04-05
Promosse le mascherine lombarde. Da oggi obbligatorio usarle in strada
L'Iss dà l'ok dopo due settimane di attesa. Fontana ordina di coprirsi il volto, come in Friuli e in Veneto. Roberto Calderoli: «Le distribuisca lo Stato». Angelo Borrelli polemico: «Non le metto: basta rispettare le distanze».Alla fine, è sempre la solita storia. Solerzia contro cavilli. Voglia di far andare le mani contro l'abuso di bolli e controbolli. Autosufficienza contro centralismo. Dopo interminabile attesa, l'Istituto superiore della sanità ha finalmente dato il via libera all'autarchica e salvifica filiera lombarda. Quella che permetterà la commercializzazione delle mascherine prodotte dalla Fippi di Rho, in provincia di Milano. È la prima azienda autorizzata a realizzare i dispositivi, fino al termine dell'emergenza coronavirus. Un milione di pezzi ogni 24 ore, garantisce la società. «Anche per le tante insistenze rivolte all'Iss, è arrivata questa certificazione. Adesso potremo aiutare a distribuirle», annuncia dunque il governatore della Lombardia, Attilio Fontana. «È davvero una bella notizia. Un responso che aspettavamo da giorni». O meglio, da due settimane. Con il Pirellone che sollecitava quel maledetto timbro. E la mai doma burocrazia statale ancora lì, a prender tempo. Come se non fosse bastata l'avvilente accusa dell'assessore regionale alla Sanità, Giulio Gallera, costretto a sventolare davanti alle telecamere l'ultimo partita inviata dalla Protezione civile: simil panni Swiffer, fino a quel momento più noti alle casalinghe che in corsia. E, quindi, prontamente rispediti al mittente. Eppure, solo il cielo sa quanto serva quella protezione. La conta dei medici morti per il Covid-19 è stata aggiornata ieri: 80 vittime. Ma ora non è necessaria, come assicurato agli esordi, solamente per chi è rimasto in trincea: sanitari, operai, forze dell'ordine. Da oggi, in Lombardia si potrà uscire di casa solo indossando la mascherina, o comunque con una protezione su naso e bocca: lo prevede un'ordinanza firmata ieri dal governatore Fontana. Lo stesso hanno deciso il Friuli Venezia Giulia e il Veneto, altre due regioni guidate dal Carroccio. La decisione sembra però lasciare indifferente Angelo Borrelli: «Io non la uso, perché rispetto le distanze. È importante indossarla solo se queste distanze non si rispettano». Ma è il leghista Roberto Calderoli, vice presidente del Senato, a rintuzzare indirettamente il capo della Protezione civile: «Bravo Fontana. Ora però serve l'impegno da parte dello Stato. Le mascherine devono essere disponibili per tutti i lombardi. Questo è un onere che deve spettare allo Stato. Non può ricadere sulla sola Regione, che eppure ne produce un buon numero e fa la sua parte».E, dunque, benedetta sia la Fippi. E chi la seguirà. L'azienda di Rho, nata negli anni Settanta, in realtà ha sempre prodotto pannolini. Ma quando ha dovuto proteggere i suoi dipendenti dal coronavirus, ha scoperto che il materiale già usato poteva essere riconvertito. Basta aggiungere elastici speciali, incollature particolari e materiali idonei. Così nasce una collaborazione con Regione e Confindustria. Ma diventa fondamentale pure la consulenza del Politecnico di Milano, che certifica la qualità e le caratteristiche tecniche dei dispositivi. «Ci siamo ingegnati, perché in Lombardia funziona così», spiega il vicepresidente della Regione Fabrizio Sala. «Tra poco, addirittura, saremo autosufficienti».E, nel mentre, cosa fanno i nostri eroi asserragliati nella capitale? «Abbiamo raggiunto in pochi giorni un traguardo importante: le mascherine arrivano in quantità sufficienti e in un tempo assai ragionevole», giura Domenico Arcuri, commissario bis per l'emergenza coronavirus. I trascorsi però non fanno ben sperare. Persino l'Ordine dei medici è stato costretto a rimandare indietro 600.000 pezzi alla Protezione civile. La nuova distribuzione a dottori e infermieri, spiega Arcuri, si concluderà domani. Intanto, annuncia un progetto per realizzare mascherine in tre carceri italiane.Il commissario, indirettamente, cerca di sopire anche le polemiche lombarde sui ritardi nella certificazione: «Semplicemente, c'è bisogno di superare alcuni test svolti in numerosi laboratori e poi verificati dall'Iss, che sta dando un contributo coerente con lo spirito della norma e compatibile con i tempi di attuazione». Un burocratese che, come sempre, cerca di svicolare e autoassolversi. Mai ammettere gli errori seriali del governo. Che, anzi, con ammirevole coraggio, s'è lanciato pure ieri in una fertile polemiche con la Lombardia: «Ha avuto circa il 20% di tutto il materiale disponibile, 14 milioni di pezzi. Un trattamento speciale», spara su Twitter Manlio Di Stefano. All'intrepido sottosegretario pentastellato agli Esteri giova però ricordare che la suddetta regione ha avuto, purtroppo, quasi la metà dei contagi e ben oltre la metà dei morti. Quel mirabolante 20% da lui citato è ben poca cosa. Ma d'altronde, di fronte alla pandemia, nello scaricabarile i giallorossi hanno dato il meglio. E soprattutto hanno ormai imparato l'inflessibile regola dell'inarrivabile Arthur Fonzarelli, il mitico Fonzie: mai dire «ho sbagliato». Impeccabili, come Giuseppe Conte. A suo dire, fino a oggi, il nostro premier non ne ha sbagliata una. Bisogna allora accogliere con sollievo l'umana marcia indietro del suo principale antagonista, Matteo Salvini, sullo scudo penale ai medici e ai dirigenti sanitari impegnati negli ospedali. Il leader leghista ieri ha rettificato: «Ritiriamo un emendamento che si presta a fraintendimenti. Confidiamo però che il governo si faccia carico di chi lavora in prima linea per salvare vite. Rimane valida, invece, la proposta di detassare il 70% degli stipendi di tutto il personale medico sanitario». Adesso non resta che attendere un cenno dell'infallibile Giuseppi.