2023-12-31
«Il vero progresso dell’uomo è riflettere sugli errori per poter dominare il tempo»
Benedetto XVI (Getty Images)
Le omelie di Benedetto XVI sul Capodanno: «Il cristiano non lo dedichi solo a divertirsi, ma soprattutto a meditare. E i giovani non esitino a rispondere alla chiamata di Dio».(a cura di Matteo Lorenzi)Potremmo ben dire che la Chiesa vive per lodare e ringraziare Dio. È essa stessa «azione di grazie», lungo i secoli, testimone fedele di un amore che non muore, di un amore che abbraccia gli uomini di ogni razza e cultura, disseminando in modo fecondo principi di vera vita. […] Sostenuta dallo Spirito Santo, essa «prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio» (Sant’Agostino, De Civitate Dei, XVIII, 51,2), traendo forza dall’aiuto del Signore. [...] La Chiesa vive di Cristo e con Cristo. Egli le offre il suo amore sponsale guidandola lungo i secoli; ed essa, con l’abbondanza dei suoi doni, accompagna il cammino dell’uomo, affinché coloro che accolgono Cristo abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.(Dall’Omelia tenuta per la celebrazione dei Vespri e del Te Deum di fine anno del 2005) Nelle ultime ore di ogni anno solare assistiamo al ripetersi di taluni «riti» mondani che, nell’attuale contesto, sono prevalentemente improntati al divertimento, vissuto spesso come evasione dalla realtà, quasi ad esorcizzarne gli aspetti negativi e a propiziare improbabili fortune. Quanto diverso deve essere l’atteggiamento della comunità cristiana! La Chiesa è chiamata a vivere queste ore facendo propri i sentimenti della Vergine Maria. Insieme a Lei è invitata a tenere lo sguardo fisso sul Bambino Gesù, nuovo Sole apparso all’orizzonte dell’umanità e, confortata dalla sua luce, a premurarsi di presentargli «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono» (Gaudium et spes, 1).Si confrontano dunque due diverse valutazioni della dimensione «tempo», una quantitativa e l’altra qualitativa. Da una parte, il ciclo solare con i suoi ritmi; dall’altra, quella che San Paolo chiama la «pienezza del tempo» (Gal 4,4), cioè il momento culminante della storia dell’universo e del genere umano, quando il Figlio di Dio nacque nel mondo. Il tempo delle promesse si è compiuto e, quando la gravidanza di Maria è giunta al suo termine, «la terra», come dice un Salmo, «ha dato il suo frutto» (Sal 66,7). La venuta del Messia, preannunziata dai profeti, è l’avvenimento qualitativamente più importante di tutta la storia, alla quale conferisce il suo senso ultimo e pieno. Non sono le coordinate storico-politiche a condizionare le scelte di Dio, ma, al contrario, è l’avvenimento dell’Incarnazione a «riempire» di valore e di significato la storia. Questo, noi che veniamo dopo duemila anni da quell’evento, possiamo affermarlo, per così dire, anche a posteriori, dopo aver conosciuto tutta la vicenda di Gesù, fino alla sua morte e risurrezione. Noi siamo testimoni, contemporaneamente, della sua gloria e della sua umiltà, del valore immenso della sua venuta e dell’infinito rispetto di Dio per noi uomini e per la nostra storia. Egli non ha riempito il tempo riversandosi in esso dall’alto, ma «dall’interno», facendosi piccolo seme per condurre l’umanità fino alla sua piena maturazione. (Dall’Omelia tenuta per la celebrazione dei Vespri e del Te Deum di fine anno del 2006)Che si deve dire come cristiani in quest’ora di passaggio? Compiere, almeno adesso, qualcosa di veramente umano, a cui ci spinge appunto quest’ora: sfruttare questo momento di riflessione per prendere le distanze, per farsi un’idea generale, per acquistare libertà interiore e paziente disponibilità a proseguire. Un antico filosofo ha fatto notare un giorno che l’uomo si differenzia essenzialmente dall’animale perché egli, per così dire, sporge con la sua testa fuori dall’acqua del tempo. Le bestie sono in essa come pesci natanti trasportati dal tempo; soltanto l’uomo può uscirne col suo sguardo e dominare così il tempo. Ma facciamo realmente così? Non siamo forse anche noi dei semplici pesci, immersi nel mare del tempo, che vengono trasportati dalle sue correnti, senza poter scorgere i termini di questo andare? Non siamo forse sempre presi dagli impegni particolari di ogni giorno, dai suoi costanti bisogni e necessità? Non passiamo forse da appuntamento ad appuntamento, da dovere a dovere, al punto che non riusciamo più ad accorgerci di noi stessi? Ma, allora, dovrebbe essere questo il momento di venire a galla e cercare di guardare, per un istante, il cielo che sta sopra il mare e le stelle che stanno sopra di noi, per cogliere contemporaneamente noi stessi. Dovremmo cercare di esaminare il cammino che abbiamo percorso e trovare delle valutazioni. Dovremmo cercare di conoscere ciò che c’è stato di errato, quello che ha impedito l’accesso a noi stessi e agli altri. Dovremmo conoscerlo, per tenercene interiormente lontani, affinché il cammino dell’anno nuovo sia realmente per noi un progresso, un andare avanti.(da Dogma e predicazione, Queriniana, Brescia 1974)Un altro anno si avvia a conclusione mentre ne attendiamo uno nuovo: con la trepidazione, i desideri e le attese di sempre. Se si pensa all’esperienza della vita, si rimane stupiti di quanto in fondo essa sia breve e fugace. Per questo, non poche volte si è raggiunti dall’interrogativo: quale senso possiamo dare ai nostri giorni? Quale senso, in particolare, possiamo dare ai giorni di fatica e di dolore? [...] A questa domanda c’è una risposta: è scritta nel volto di un Bambino che 2.000 anni fa è nato a Betlemme e che oggi è il Vivente, per sempre risorto da morte. Nel tessuto dell’umanità lacerato da tante ingiustizie, cattiverie e violenze, irrompe in maniera sorprendente la novità gioiosa e liberatrice di Cristo Salvatore, che nel mistero della sua incarnazione e della sua nascita ci fa contemplare la bontà e la tenerezza di Dio. Dio eterno è entrato nella nostra storia e rimane presente in modo unico nella persona di Gesù, il suo Figlio fatto uomo, il nostro Salvatore, venuto sulla terra per rinnovare radicalmente l’umanità e liberarla dal peccato e dalla morte, per elevare l’uomo alla dignità di figlio di Dio. (Dall’Omelia tenuta per la celebrazione dei Vespri e del Te Deum di fine anno del 2011)Il Te Deum che innalziamo al Signore questa sera, al termine di un anno solare, è un inno di ringraziamento che si apre con la lode - «Noi ti lodiamo, Dio, ti proclamiamo Signore» - e termina con una professione di fiducia - «Tu sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno». Quale che sia stato l’andamento dell’anno, facile o difficile, sterile o ricco di frutti, noi rendiamo grazie a Dio. Nel Te Deum, infatti, è contenuta una saggezza profonda, quella saggezza che ci fa dire che, nonostante tutto, c’è del bene nel mondo, e questo bene è destinato a vincere grazie a Dio, il Dio di Gesù Cristo, incarnato, morto e risorto. Certo, a volte è difficile cogliere questa profonda realtà, poiché il male fa più rumore del bene; un omicidio efferato, delle violenze diffuse, delle gravi ingiustizie fanno notizia; al contrario i gesti di amore e di servizio, la fatica quotidiana sopportata con fedeltà e pazienza rimangono spesso in ombra, non emergono. Anche per questo motivo non possiamo fermarci solo alle notizie se vogliamo capire il mondo e la vita; dobbiamo essere capaci di sostare nel silenzio, nella meditazione, nella riflessione calma e prolungata; dobbiamo saperci fermare per pensare. In questo modo il nostro animo può trovare guarigione dalle inevitabili ferite del quotidiano, può scendere in profondità nei fatti che accadono nella nostra vita e nel mondo, e giungere a quella sapienza che permette di valutare le cose con occhi nuovi. Soprattutto nel raccoglimento della coscienza, dove ci parla Dio, si impara a guardare con verità le proprie azioni, anche il male presente in noi e intorno a noi, per iniziare un cammino di conversione che renda più saggi e più buoni, più capaci di generare solidarietà e comunione, di vincere il male con il bene. Il cristiano è un uomo di speranza, anche e soprattutto di fronte al buio che spesso c’è nel mondo e che non dipende dal progetto di Dio ma dalle scelte sbagliate dell’uomo, perché sa che la forza della fede può spostare le montagne (cfr Mt 17,20): il Signore può illuminare anche la tenebra più profonda.(Dall’Omelia tenuta per la celebrazione dei Vespri e del Te Deum di fine anno del 2012)In questi nostri tempi, segnati da incertezza e preoccupazione per l’avvenire, è necessario sperimentare la viva presenza di Cristo. È Maria, Stella della speranza, che a Lui ci conduce. È Lei, con il suo materno amore, che può guidare a Gesù specialmente i giovani, i quali portano insopprimibile nel loro cuore la domanda sul senso dell’umana esistenza. […]Cari giovani, responsabili del futuro di questa nostra città, non abbiate paura del compito apostolico che il Signore vi affida, non esitate a scegliere uno stile di vita che non segua la mentalità edonistica corrente. Lo Spirito Santo vi assicura la forza necessaria per testimoniare la gioia della fede e la bellezza di essere cristiani. Le crescenti necessità dell’evangelizzazione richiedono numerosi operai nella vigna del Signore: non esitate a rispondergli prontamente se Egli vi chiama. La società ha bisogno di cittadini che non si preoccupino solo dei propri interessi perché, come ho ricordato il giorno di Natale, «il mondo va in rovina se ciascuno pensa solo a sé».(Dall’Omelia tenuta per la celebrazione dei Vespri e del Te Deum di fine anno del 2008)La quaestio fidei è la sfida pastorale prioritaria anche per la diocesi di Roma. I discepoli di Cristo sono chiamati a far rinascere in sé stessi e negli altri la nostalgia di Dio e la gioia di viverlo e di testimoniarlo, a partire dalla domanda sempre molto personale: perché credo? Occorre dare il primato alla verità, accreditare l’alleanza tra fede e ragione come due ali con cui lo spirito umano si innalza alla contemplazione della Verità (cfr Giovanni Paolo II, Fides et ratio, Prologo); rendere fecondo il dialogo tra cristianesimo e cultura moderna; far riscoprire la bellezza e l’attualità della fede non come atto a sé, isolato, che interessa qualche momento della vita, ma come orientamento costante, anche delle scelte più semplici, che conduce all’unità profonda della persona rendendola giusta, operosa, benefica, buona. Si tratta di ravvivare una fede che fondi un nuovo umanesimo capace di generare cultura e impegno sociale.(Dall’Omelia tenuta per la celebrazione dei Vespri e del Te Deum di fine anno del 2011)Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, l’interesse principale dei suoi interventi nell’arena pubblica è la tutela e la promozione della dignità della persona e quindi essa richiama consapevolmente una particolare attenzione su principi che non sono negoziabili. Fra questi ultimi, oggi emergono particolarmente i seguenti: - tutela della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale; - riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, quale unione fra un uomo e una donna basata sul matrimonio, e sua difesa dai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale; - tutela del diritto dei genitori di educare i propri figli. Questi principi non sono verità di fede anche se ricevono ulteriore luce e conferma dalla fede. Essi sono iscritti nella natura umana stessa e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa. Al contrario, tale azione è tanto più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi perché ciò costituisce un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia stessa. (Discorso ai partecipanti al Convegno promosso dal Partito popolare europeo, Palazzo Apostolico, Aula della Benedizione, 30 marzo 2006)
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.