2022-03-07
«Ormai è chiaro: il Covid usato per una svolta autoritaria»
Luca Marini, docente di diritto internazionale: «Società democratiche trasformate da propaganda e paura. Con la scusa della guerra l’acquiescenza tornerà buona per altre restrizioni».La politica - e la maggioranza di governo - cominciano a svegliarsi: non più limitato alla Lega, il fronte di chi chiede l’abolizione del green pass anche sul lavoro si è allargato ai 5 stelle, dopo le sortite del leader, Giuseppe Conte. Ma tra tira e molla sulle regole da applicare ai profughi ucraini e road map per le riaperture che, diceva Mario Draghi prima che scoppiasse la guerra nell’Est, doveva essere diffusa a giorni e invece latita, siamo ancora al palo. Ne abbiamo parlato con il professor Luca Marini, che insegna diritto internazionale alla Sapienza di Roma ed è stato vicepresidente del Comitato nazionale per la bioetica. Attualmente, presiede l’European centre for science, ethics and law (Ecsel). Professore, in Francia, la prima a inventare il green pass come requisito per accedere ai luoghi pubblici, il certificato salterà il 14 marzo. In Italia, dal primo, per i turisti stranieri sono scattati gli allentamenti delle regole anti Covid. E c’è chi chiede che i profughi ucraini siano esentati dall’obbligo di super green pass. Ma i diritti dei cittadini italiani?«Non sono sicuro che tutti gli italiani siano consapevoli del fatto che il Covid è stato gestito mediante strumenti politici e non sanitari, né che siano consapevoli della reale portata discriminatoria degli strumenti utilizzati, in grado di colpire oggi chi ha scelto di non vaccinarsi e domani chi non farà ciò che il governo chiederà di fare. In queste condizioni, è difficile avere coscienza dei propri diritti o del rischio di perderli».È stato detto che il lasciapassare potrebbe introdurre surrettiziamente un sistema di credito sociale. È il lato oscuro della logica della «premialità», peraltro lodata dai vertici del sistema sanitario, come il coordinatore del Cts, Franco Locatelli?«Sì, c’è il rischio che molti pretendano di far valere i privilegi derivanti dallo status di vaccinato o di titolare del green pass, magari anche a discapito di chi ha scelto di non vaccinarsi o di non esibire il cosiddetto lasciapassare verde: ovviamente dimenticando che domani potrebbero essere loro a essere discriminati. Da questo gioco esce “privilegiato” solo chi sceglie di azzerare capacità di analisi e spirito critico ed esce vincente solo chi governa, con buona pace dei principi su cui si fonda la società democratica e lo stato di diritto».Ritiene che quello che è successo da agosto 2021 in avanti possa rappresentare un precedente? Come dire: oggi c’è un certificato per premiare chi si vaccina e punire i renitenti, domani per premiare i cittadini ecologicamente virtuosi e punire quelli che lasciano un’eccessiva impronta ecologica… «Aggiungerei l’evoluzione del conflitto in Ucraina e l’eventuale, futuro coinvolgimento diretto dell’Italia, che giustificherà - oltre alla proroga della durata delle Camere e quindi al mantenimento dello status quo politico-parlamentare - razionamenti di varia natura».Ad esempio? «Energia, cibo, acqua. Razionamenti che saranno in grado di premiare, come abbiamo detto, chi è più obbediente e remissivo». Il tema del green pass si riallaccia alla spinta sull’identità digitale Ue e all’integrazione con il fascicolo sanitario online. Lei vede il rischio di una «eternalizzazione» del certificato verde e di una stretta del controllo digitale esercitato sui cittadini?«La prospettiva è proprio quella che io chiamo “digitalizzazione estrema” della vita dei cittadini, che poi altro non è che l’ultimo anello della catena che si chiude al collo di tutti noi, ma ancor più di chi ha utilizzato compulsivamente e acriticamente gli strumenti della tecnologia della comunicazione. Nei confronti di questi ultimi ha ancora buon gioco chi presenta la digitalizzazione come totem di progresso e di modernità: ma è evidente che siamo di fronte al tramonto della favola della tecnologia al servizio dell’uomo».Si è detto che la carta verde non violava diritti e libertà, perché era l’equivalente della patente per l’auto. «È un paragone capzioso e fuorviante. È come dire che per essere titolari e per esercitare diritti fondamentali, perché immanenti nella natura umana, c’è bisogno di una licenza, di un permesso dello Stato. Se si consolidasse e si estendesse questo approccio, si avallerebbe la concezione contrattualistica dei diritti umani e si finirebbe per aprire la porta, in prospettiva, a derive eugenetiche e transumaniste».A cosa si riferisce?«Quali caratteristiche dovranno avere i nascituri per venire al mondo? O tutti noi, per restarci? E per avere istruzione e lavoro, assistenza e previdenza? Questo è ciò che si cela dietro il green pass fondato oggi sull’obbligo vaccinale, domani chissà su cosa, e chi ha sdoganato questo approccio ne è ben consapevole». L’obbligo surrettizio di vaccinarsi è compatibile con la Costituzione? «Direi che non si tratta più di un obbligo surrettizio, visto che la vaccinazione è ormai espressamente obbligatoria, secondo evidenze medico-scientifiche quanto meno curiose, per gli appartenenti a determinate categorie professionali e per i cittadini al di sopra di una determinata età».Però, appunto, ci garantiscono che è tutto costituzionale. «Andrebbe ricordato che l’articolo 32 della Costituzione non si limita a stabilire che nessuno può essere sottoposto a un trattamento sanitario obbligatorio se non per legge, che ovviamente dovrebbe essere il Parlamento ad adottare e non il governo, ma aggiunge che una legge del genere, se anche fosse adottata, non potrebbe violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. E non ritengo, ma questa è la mia opinione di studioso, che il meccanismo introdotto dal green pass sia compatibile con il dettato costituzionale».La questione dell’obbligo per alcune professioni è stata portata all’attenzione della Consulta. Pensa che si aprirà una stagione di demolizione, a colpi di sentenze, dell’intera impalcatura che abbiamo costruito durante l’emergenza?«Ho seri dubbi al riguardo, visto l’orientamento espresso dai vertici del Consiglio di Stato e della Corte costituzionale. Ovviamente mi auguro di sbagliare».Già da qualche settimana, peraltro, parecchi scienziati confermano che il certificato Covid è stato uno strumento politico. Solo Walter Ricciardi continua a definirlo una garanzia di schivare le infezioni. È normale dibattito tra esperti, o il consulente del ministro della Salute sta coscientemente mentendo agli italiani?«Dovrebbe chiederlo al dottor Ricciardi».Anche le giustificazioni offerte dal governo sono state ondeggianti. All’inizio, Mario Draghi aveva tirato fuori la storia della «garanzia» anti contagio; poi, si è cominciato ad ammettere che il green pass era un obbligo surrettizio; a un certo punto, il sottosegretario Andrea Costa ha detto addirittura che è servito a costringere gli italiani a fare tamponi e a favorire il tracciamento. «Ritengo che alla natura e alla valenza sanitaria del green pass abbia creduto solo chi professa una fede cieca nella scienza e nella medicina, oltreché nel governo in carica».Ora si discute di una eliminazione graduale del green pass, a partire, in realtà, da attività - come i locali all’aperto - per cui all’inizio non era nemmeno previsto. Perché, nonostante l’arrivo dei vaccini e l’alto tasso di «compliance», abbiamo avuto - e manterremo ancora a lungo - le regole più stringenti del mondo?«Perché, come diceva Churchill ottant’anni fa, siamo il ventre molle dell’Europa».Alcuni importanti filosofi, come Massimo Cacciari e Giorgio Agamben, da tempo lanciano l’allarme sullo stato d’eccezione perenne. Condivide i loro moniti? Ormai la cifra della politica è il governo per emergenze?«Sono sempre di più le persone che fanno fatica a credere che il Covid non sia stato un pretesto per trasformare in senso autoritario società liberali e democratiche. E sono sempre di più le persone che faticano a credere che la gestione del Covid non abbia fatto leva su quegli elementi che la teoria classica pone alla base del totalitarismo».Quali?«Ideologia, in questo caso il primato della medicina; propaganda, in questo caso pro vaccino; scienza, in questo caso ridotta a scientismo; e terrore, in questo caso di un virus e di una malattia su cui sono state celate molte verità, come sta emergendo ultimamente». Che soluzioni intravede?«Poche. Nessuna di natura politica, vista l’acquiescenza finora dimostrata dal Parlamento e dai partiti alla deriva in atto: in queste condizioni, rispondere secondo logiche politiche vuol dire soffocare sul nascere il dissenso e farsi assorbire, più o meno consapevolmente, dal sistema». Ci rassegniamo? «Ho più fiducia nel risveglio della consapevolezza individuale e collettiva e nella rifondazione delle basi culturali ed etiche della società. Con un gruppo sempre più nutrito di colleghi stiamo lavorando in questa direzione».
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