2025-08-28
I produttori d’auto complici dell’elettrico ora implorano l’Ue: fermate il Green deal
Lettera dell’Acea a Bruxelles: stop al divieto sui veicoli termici entro il 2035. Ma sono le regole che le stesse case hanno spinto.«Gli obiettivi sono diventati impossibili da raggiungere. I veicoli elettrici saranno i principali protagonisti della transizione, ma deve esserci spazio anche per le auto ibride plug-in, per quelle con range extender, per i veicoli con motore a combustione interna ad alta efficienza, per l’idrogeno e per i carburanti decarbonizzati». Provano a salvare la faccia (e non solo) le case automobilistiche riunite sotto il cappello dell’Acea (i produttori europei) che ieri hanno inviato a Bruxelles una lettera con un obiettivo preciso: chiedere ai decisori Ue di cancellare il divieto sui motori termici a partire dal 2035. Una missiva, scritta insieme alla Clepa, l’associazione dei fornitori per automotive, nella quale si mettono in fila tutti i disastri prodotti dall’utopia del Green deal. Sul crollo dei numeri di immatricolazioni, fatturati e utili si conoscono anche i dettagli. E infatti Volkswagen, Bmw, Ford Europa, Renault, Stellantis ecc li danno per scontati. Nel testo si parla di un mercato (quello dell’elettrico appunto) dominato dalla Cina sia in termini di produzione sia di materie prime essenziali per la realizzazione delle nuove vetture. Della tenaglia che si è venuta a creare a causa dei dazi in corso e di quelli potenziali scaricati dagli Stati Uniti. E della necessità di aprire in modo concreto a tutte le alternative all’auto a batteria («deve esserci spazio anche per gli ibridi, i range extender, i veicoli con motori a combustione interna altamente efficienti, l’idrogeno e i carburanti decarbonizzati»). A leggere il testo in controluce, sembra che le case europee diano il mercato dell’elettrico per perso, perché il vantaggio competitivo di Pechino è incolmabile. Quindi meglio rallentare. Gli obiettivi attuali - è il succo della missiva - con la previsione di una riduzione del 55% delle emissioni di CO2 entro il 2030 (rispetto al 2021) e lo stop ai termici entro i cinque successivi, non sono sostenibili, e quindi serve più flessibilità nelle regole. Secondo i big dell’auto europea l’Unione deve fare un passo indietro. Anzi incontro ai produttori. «Nel mondo odierno», si legge ancora nella lettera, «raggiungere i rigidi obiettivi di CO2 per Auto e furgoni per il 2030 e il 2035 semplicemente non è più fattibile». Come non essere d’accordo. Tutti gli argomenti messi sul tavolo dall’Acea sono stati analizzati ed enfatizzati più volte dalla Verità. Il punto è capire perché in passato quelle stesse case automobilistiche oggi denigrano il Green deal, vedessero nell’elettrico il nuovo Eldorado dell’automotive senza fare un minimo cenno alla criticità del sistema messo in piedi dall’Europa. Un sistema che partiva dal dirigismo dei decisori di Bruxelles e arrivava fino alle risorse che i singoli Stati e la stessa Unione Europea avrebbero dovuto investire per la transizione. Semplificando: l’Europa detta le regole, stop ai motori termici entro il 2035 con tutte le tappe intermedie, i singoli Paesi con l’apporto di Bruxelles rimodellano il sistema (colonnine, formazione dei nuovi addetti, incentivi a pioggia) e le case automobilistiche raccolgono i frutti in termini di vendite e fatturato. Il piano era semplice.Insomma, la stessa Acea che oggi va in pressing su Bruxelles perché modifichi delle regole che oggettivamente non stanno in piedi, fino a non molti mesi fa è stata la principale sostenitrice di quelle regole. Carlos Tavares è diventato un po’ il simbolo di questa strategia che si è rivelata poi fallimentare. L’ex ad di Stellantis è stato l’ultimo samurai ad allontanarsi dall’ideologia green. E anche quando l’associazione europea dei costruttori ha iniziato a cambiare rotta, sotto la spinta dell’ex presidente ed ex ad di Renault Luca de Meo (che non a caso oggi si è dato alla moda), il manager portoghese ha continuato a perseguire la sua strategia sucida. Ben consapevole che stava rispettando il mandato dei suoi principali azionisti: Exor (Agnelli-Elkann), la famiglia Peugeot e lo Stato francese. Ora, sono tutti in attesa del vertice del 12 settembre. Tra un paio di settimane Ursula von der Leyen si riunirà con i principali dirigenti dell’industria automobilistica europea per discutere della situazione del settore. Cosa aspettarsi? Poco o nulla. Almeno se guardiamo ai precedenti. Si erano riposte grandi speranze nella nuova Commissione. L’auspicio era che il voto di protesta e le oggettive difficoltà di diverse filiere (automotive in testa) facesse comprendere che erano stati commessi degli errori. E invece nel secondo mandato Ursula nulla è cambiato. E la presenza di una vice come l’ecologista spagnola Teresa Ribera ha ideologizzato ancor di più le posizioni. Basti vedere quello che è successo con l’annosa questione delle multe. Eliminare le sanzioni alle case che non rispettavano i limiti di emissioni sembrava il minimo sindacale viste le enormi difficoltà del settore. Ma alla fine c’è stato solo un rinvio, con gli obiettivi di riduzione della CO2 che non verranno più valutati su base annua bensì triennale. Un po’ di ossigeno a un paziente in stato comatoso.Pensare che il 12 settembre questa Commissione possa decidere di rimuovere lo stop ai veicoli termici entro il 2035, uno degli elementi fondanti del Green deal, è pura utopia.
Ecco #DimmiLaVerità del 16 ottobre 2025. Ospite il deputato della Lega Davide Bergamini. L'argomento del giorno è: "La follia europea dei tagli all'agricoltura e le azioni messe in campo per scongiurarli".