2024-06-14
Traumi ai bimbi affidati a due lesbiche. Finisce a processo l’ex moglie di Foti
Claudio Foti e nel riquadro Nadia Bolognini (Ansa)
Per il giudice di Torino la psicoterapeuta Nadia Bolognini e la coppia omosex dovranno rispondere di falso e frode. Non solo, lo Stato avrebbe fallito nella difesa dei bambini. E le donne avrebbero nascosto la loro unione.In quello che l’accusa rappresentava come un secondo Sistema Bibbiano in realtà non ha trovato riscontro l’ipotizzato «accordo collusivo» tra i servizi sociali di Torino e le parti private per strappare alla famiglia d’origine due fratellini nigeriani, un bambino e una bambina, da affidare a una coppia di donne Lgbt che, nel 2013, aveva scelto come consulente la psicoterapeuta Nadia Bolognini, ex moglie di Claudio Foti, il professionista che si ritrovò al centro dell’indagine di Bibbiano, poi assolto in via definitiva. Ma se per dirigenti e funzionari dei servizi sociali il giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Torino, Stefano Sala, ha disposto il «non luogo a procedere» per tutte le imputazioni, Bolognini e le due mamme affidatarie dovranno affrontare un processo con le accuse di falso e frode processuale. Ciò che dalla sentenza emerge in modo marcato è un clamoroso fallimento delle istituzioni. Sarebbe bastata infatti una valutazione, che al momento appare come connotata da elementi falsi (ma che dovrà essere approfondita nel processo), per «indurre in errore» i vari professionisti coinvolti (psicologi, neuropsichiatri, assistenti sociali, educatori) nel procedimento minorile. Toghe comprese. Che sono arrivate a emettere una dichiarazione di adottabilità e di sospensione della potestà genitoriale per entrambi i genitori biologici e perfino i loro incontri con uno dei due bimbi. La tesi della Bolognini era la solita: tutta concentrata sui disturbi di natura sessuale che presentava uno dei due piccoli e che, stando alla psicoterapeuta, sarebbero da ricondurre a un trauma subito nell’infanzia ricollegabile ad abusi sessuali subiti dal padre o comunque avvenuti in ambito familiare. C’è voluto un procedimento penale durato oltre cinque anni per stabilire che i «fatti», le «circostanze» e i «comportamenti» descritti «non erano rispondenti alla realtà». I metodi usati? «Suggestivi e scorretti», secondo l’accusa. Con i servizi sociali che in nessun modo hanno «paventato il rischio che Bolognini, professionista particolarmente stimata all’epoca, potesse loro fornire false informazioni in merito all’andamento delle sedute di psicoterapia». Secondo il giudice «nessun segno induce a stimare che le funzionarie avessero accettato l’eventualità che venissero veicolate attraverso il loro contributo, anche solo omissivo, false informazioni all’autorità giudiziaria, né tantomeno che avessero agito con la volontà e il desiderio di indurre l’organo ad adottare provvedimenti non consoni». Così come non è emerso che «avessero inteso favorire condotte tese a manipolare le valutazioni di professionisti chiamati a cooperare con il tribunale per i minorenni». Sarebbero tutti stati portati per mano inconsapevolmente dalla Bolognini. «Le indagini», secondo il giudice, «hanno portato alla luce quello che si è rivelato essere il fallimentare prodotto di un sistema pubblico che non è riuscito a tutelare in pienezza e in termini minimamente accettabili il benessere psicofisico di due bambini, di fatto esponendoli a esperienze i cui riverberi negativi difficilmente potranno essere mai sanati». E, così, ancora oggi risulta «ampiamente inesplorato», sottolinea il giudice, «il passato traumatico vissuto» soprattutto da uno dei due bimbi, «non potendosi indicare in forme credibili quali siano stati i fattori che hanno scatenato il disagio». Stessa valutazione per la sorellina: «Si è registrata una parallela esposizione della bambina a un contesto di vita fortemente pregiudicante, i cui riflessi non hanno mai smesso di incidere negativamente sulla sua personalità». Per capire cosa è accaduto bisogna andare a fondo nei fatti. Tutto comincia con la mamma nigeriana che si presenta ai servizi sociali chiedendo un supporto economico. A scuola, invece, aveva detto alle maestre che il padre dei piccoli non viveva più con loro e che un giorno l’aveva anche percossa. Le maestre della scuola dell’infanzia si erano accorte che il bimbo manifestava degli atteggiamenti sessuali che richiedevano un intervento. In una occasione aveva simulato con un’altra bimba di colore un rapporto sessuale. E a più riprese era stato visto denudarsi completamente e inseguire le compagne di classe nei bagni della scuola. Una delle insegnanti, poi, sentita dalla polizia giudiziaria, ha confermato che «gli atteggiamenti a sfondo sessuale si erano ripetuti con frequenza quotidiana e che avvenivano anche alla presenza dei genitori e non solo dei compagni». La madre biologica aveva replicato che «probabilmente il bambino era presente quando il padre guardava film porno». Le difficoltà familiari non si sono affievolite col tempo. La donna ha trovato un nuovo compagno, al quale, però, non aveva rivelato di avere due figli (ma solo uno), e «il progetto comune», annota il giudice, «non contemplava la presenza di prole nel contesto di convivenza». Il padre, irregolare sul territorio nazionale, aveva manifestato l’intenzione di sposare una cittadina di nazionalità europea, «così da poter lucrare», è scritto in sentenza, «il diritto a soggiornare sul territorio», ma ha ribadito «l’indisponibilità a prendere in casa in minori». I due piccoli a questo punto finiscono in una casa famiglia. E poi vengono affidati singolarmente alle due mamme, una poliziotta e un’impiegata. Stando all’accusa, «in assenza di opportune verifiche» sulla loro idoneità. Non solo: i due bimbi sono stati affidati singolarmente a ciascuna delle due mamme e si sarebbe scoperto solo successivamente che si trattava di una coppia omosessuale. Anche in questo caso i servizi sociali sarebbero stati indotti in errore. «La Bibbiano bis era solo nella mente dell’accusa, il giudice in sostanza ha normalizzato l’inchiesta», afferma l’avvocato Donatella Mondini, che difende le due affidatarie imputate e che nonostante il rinvio a giudizio delle sue assistite ha incassato un’assoluzione da un’ipotesi di frode processuale e per una truffa. Il pubblico ministero Giulia Rizzo aveva anche disposto un’ulteriore attività investigativa, affidata ai carabinieri del Ros, sulla base dell’ipotesi che i funzionari dei servizi sociali condividessero lo stesso orientamento sessuale delle affidatarie. «È stata fatta una indagine sugli orientamenti sessuali di tutte le persone coinvolte e non solo per le indagate», spiega l’altro difensore delle mamme imputate, l’avvocato Mariagrazia Pellerino, che aggiunge: «Stiamo quindi predisponendo un esposto al Garante della privacy, perché oltre a non essere comprensibile la valenza probatoria dell’atto, appare come altamente discriminatoria». «Il procedimento purtroppo è partito da un presupposto errato e da un pregiudizio», commenta l’avvocato Claudio Strata, che con la collega Giancarla Bissattini ha difeso una funzionaria del servizio sociale, «e per fortuna il gup, anche grazie alla modifica della regola di giudizio dell’udienza preliminare introdotta dalla riforma Cartabia, ha prosciolto subito quasi tutti gli imputati che rischiavano un processo davvero ingiusto e fondato sul nulla».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.