2019-06-28
Procedura d’infrazione più lontana. «Con il dialogo si trovano soluzioni»
Dopo giorni di gelo, da Bruxelles arriva l'apertura, «ma l'Italia dovrà dimostrare di rispettare le regole nel futuro». Giuseppe Conte durante il G20 in Giappone: «Sono fiducioso». Martedì si attende il verdetto ufficiale.Quello che La Verità ha scritto da tempo, e a lungo in solitudine, appare adesso l'esito più probabile del giallo della minacciata procedura d'infrazione contro l'Italia: la procedura - questa è la sensazione che si è rafforzata nella giornata di ieri - non dovrebbe scattare, a meno di evenienze oggi imprevedibili. Ora lo ammettono - più o meno a denti stretti -anche i media italiani che si erano maggiormente scatenati sull'ipotesi, dandola per giorni come acclarata e quasi inevitabile. La novità di ieri è che anche i piromani di Bruxelles hanno lasciato trapelare segnali di distensione: fonti Ue hanno fatto sapere che «possono essere trovate delle soluzioni nel dialogo tra la Commissione e Roma, ma l'Italia deve dimostrare che rispetterà le regole in futuro». Naturalmente non è mancata la morale con il solito ditino alzato: «Roma si deve rendere conto dell'enorme impatto che la sua economia ha sul resto dell'Unione».Inutile girarci intorno. La strategia incendiaria di Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici si è ritrovata priva di una credibile pezza d'appoggio tecnica: la pistola fumante contro l'Italia non c'è. È un dato di fatto che Roma si presenterà con un rapporto deficit/Pil del 2,1%, già basso in assoluto, e soprattutto inferiore al 2,5% pronosticato dalla Commissione. Come potrebbero i commissari prendersela con noi, mentre la Francia di Emmanuel Macron si prepara a sforare allegramente il limite del 3% per il decimo anno consecutivo negli ultimi undici? Le cifre parlano chiaro: anche in un anno di Pil stagnante (per tutti, la Germania ha dimezzato le sue stime di crescita), l'Italia ha tenuto i conti a posto. Di più: grazie alla fatturazione elettronica, l'andamento delle entrate Iva è molto buono, e si tratta di una maggiore entrata strutturale, cioè destinata a durare nel tempo. Diciamola tutta: l'Italia ha fatto più di quel che doveva. Ha tenuto giù il deficit; sta facendo salire le entrate Iva; ha risparmiato su reddito di cittadinanza e quota 100 (rispetto agli stanziamenti inizialmente previsti); ha rinunciato a 2 miliardi di ulteriori spese, come aveva promesso a fine 2018, quando aveva legato quella possibilità di spesa in più alla soglia del 2,04% di deficit. Che altro si vuole da Roma, dunque? Così, per paradosso, adesso le parti si sono quasi rovesciate. Si tratta di costruire una «narrazione» che consenta alla Commissione di salvare la faccia, e di uscire dal vicolo cieco in cui si era infilata. Già l'establishment Ue non riesce a trovare un'intesa sul nuovo organigramma dell'Unione (vertici di Commissione, Consiglio, Bce): mancava solo che Bruxelles si mettesse a destabilizzare tutto dichiarando guerra a Roma. Con il doppio «capolavoro» di rendere ancora più complicato l'accordo sulle nomine, e di regalare a Matteo Salvini nuovi ed efficaci argomenti di campagna elettorale contro questa Ue. Ai «mandarini di Bruxelles», come li ha definiti il Wall Street Journal, l'idea di una nuova campagna elettorale e di un ulteriore trionfo salviniano appare infatti come un incubo. Naturalmente, non bisogna mai dare nulla per scontato, e fare pronostici non è facile: sarebbe auspicabile che l'idea della procedura fosse definitivamente archiviata entro pochi giorni. Più probabile che Bruxelles si limiti a buttare la palla avanti, fino all'autunno, riservandosi il tentativo di sindacare sulla prossima legge di bilancio italiana. E tra l'altro, al di là dei dialoghi in corso a Osaka a margine del G20, dove Giuseppe Conte e Giovanni Tria sono gomito a gomito con Angela Merkel, Macron e i maggiorenti dell'Ue, un primo step sarà martedì 2 luglio: è quella la data in cui la Commissione dovrà dire se è soddisfatta dei chiarimenti di Roma o se insiste per la procedura. In quest'ultimo caso, l'ultima parola passerà all'Ecofin dell'8-9 luglio. Ma a ciascun giorno basta la sua pena, e le prossime ore potrebbero portare all'Italia notizie rassicuranti. È per questo che anche Conte ieri ha mostrato toni più distesi. La scorsa settimana aveva molto drammatizzato la situazione (i maligni dicono: per intestarsi il ruolo di salvatore della patria), ma ieri pure il premier ha fatto capire che le cose potrebbero mettersi per il verso giusto: «Il clima è costruttivo, sono fiducioso che si possa trovare una soluzione». E il medesimo concetto è stato ribadito anche da Tria: «Stiamo adottando provvedimenti che ci portano sostanzialmente in linea, ci sono le basi (per scongiurare la procedura, ndr). E le finanze pubbliche stanno andando meglio di quanto previsto».Quanto all'assestamento di bilancio, Conte ha aggiunto che «si farà lunedì: abbiamo convenuto fosse meglio così, visto che c'è una trattativa in corso». Come La Verità ha scritto ieri, non c'è alcuna ragione per cui l'Italia debba bruciarsi tutte le carte a inizio trattativa. Semmai, è interesse di Roma che il negoziato sia unico: sia sulla procedura (per evitarla) sia sulla distribuzione dei portafogli della nuova Commissione (per strappare un incarico di peso). Le ultime battute di Conte sono servite a rassicurare la Lega sull'autonomia: «Ci siamo aggiornati a mercoledì, abbiamo convocato i ministri e gli staff tecnici per completare il lavoro. Siamo in dirittura d'arrivo. Mi sono reso garante della realizzazione del percorso di autonomia. La vogliamo fare, ma bisogna farla bene. Ci abbiamo messo un po' di tempo, ci sono state tante competizioni elettorali che ci hanno distratto». Insomma, Conte vuole andare avanti, e sembra preparare un altro sì.