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Governo-scuola, Pro Vita & Famiglia: «Tutte le scuole vengano riaperte subito»

Governo-scuola, Pro Vita & Famiglia: «Tutte le scuole vengano riaperte subito»
Ansa

«Ma quale esultanza! Ci stupisce che il governo voglia riaprire le scuole elementari e materne dopo Pasqua quando c'è una ricerca fatta su 7,3 milioni di studenti che spiega bene come non ci sia correlazione tra le scuole aperte e l'aumento dei contagi. Ci domandiamo allora perché gli adolescenti debbano rimanere esclusi dalla possibilità di tornare in presenza: è acclarato il prezzo salatissimo in termini di salute mentale che stanno pagando. Se la risposta è che così si decongestionano Asl e mezzi di trasporto a noi non sta bene, perché i nostri ragazzi non possono continuare a pagare le incapacità degli adulti» ha dichiarato Maria Rachele Ruiu, membro di Pro Vita e Famiglia onlus rispetto alle ultime dichiarazioni del premier Mario Draghi al Senato sulla scuola.
«Perché non utilizzare allora le scuole paritarie per permettere di rispettare il distanziamento e non pensare ad autobus riservati per gli studenti? E perché non procedere a un censimento serio dei docenti? La semi apertura del premier Draghi è irricevibile così come è. Le scuole vengano riaperte tutte e subito» ha continuato Ruiu.

«Per non parlare - ha concluso Maria Rachele Ruiu - della situazione vergognosa di quelle scuole che stanno approfittando della circolare del MIUR, sulla gestione della didattica in presenza inclusiva per gli studenti disabili, per darne una lettura vile. Per chi ha riconosciuta la 104 e per i BES, lascia al dirigente e al collegio dell'istituto l'autonomia di scegliere come venire incontro a questi alunni più fragili. Risultato: un braccio di ferro estenuante tra le famiglie e molte scuole che, alla richiesta di organizzare la didattica in presenza e in gruppi eterogenei, rispondono picche, con le motivazioni più assurde (le maestre sono tutte fuori sede/non siamo i vostri babysitter/abbiamo paura di ammalarci). Non bastavano le discriminazioni naturali della pandemia, servivano quelle dovute alla gestione! Basta: le famiglie sono stufe!».

Le spese sanitarie per gli stranieri mandano in rosso il sistema emiliano
Ansa
La Regione guidata dal democratico De Pascale sborsa 180 milioni per indiani, marocchini ed egiziani Intanto, però, alza il ticket ai residenti e valuta un tetto alle prestazioni per chi viene a curarsi da fuori.

Michele De Pascale, governatore democratico dell’Emilia-Romagna, espresse qualche tempo fa a Radio24 comprensibile preoccupazione per lo stato della sanità nella sua registrazione. «In questo momento il problema principale dell’Emilia-Romagna è il nostro storico motivo di orgoglio e cioè l’enorme pressione di persone da fuori Regione che si vengono a curare qui», disse. «Non ce la facciamo più, non riusciamo più a soddisfare i nostri cittadini e l’enorme pressione delle altre Regioni che si vengono a curare in Emilia-Romagna e ci stanno intasando il sistema e lo dico con rispetto».

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La Consulta benedice l’odioso green pass e prepara il terreno a nuove imposizioni
Ansa
Seguendo il presupposto dei giudici, ogni farmaco «efficace» e in grado di alleggerire gli ospedali può diventare obbligatorio.


La sentenza della Corte costituzionale n. 199, con la quale i giudici hanno di fatto legittimato l’imposizione del green pass, apre in teoria le porte all’estensione degli obblighi di trattamento sanitario. Finora, almeno formalmente, la Costituzione imponeva infatti che questi fossero legittimi solo se, oltre al ricevente, avessero tutelato anche la salute degli altri, «riducendo la circolazione del patogeno». Gli obblighi in questione sarebbero d’ora in poi costituzionalmente legittimi, anche se ritenuti efficaci per «tutelare la salute del solo ricevente», e/o per «contenere il carico ospedaliero».

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Parte il coro di chi minimizza la persecuzione. Ma i dati sono chiari: nel 2025, l’82% dei fedeli uccisi o rapiti era in Nigeria.

Pur di non darla vinta a Donald Trump, quasi quasi fanno diventare la Nigeria un Paese sicuro. «Nessuna prova che i cristiani siano uccisi più dei musulmani», titolava ieri l’Ansa, citando le analisi dei «gruppi che monitorano la violenza» nel Paese centrafricano. «Ma i cattolici sono davvero nel mirino?», si domandava il Corriere, rispolverando un pezzo del 27 novembre che riprendeva l’agenzia Dire («I sequestri non sarebbero legati a ostilità di carattere religioso», si leggeva, semmai «aumentano le persone che aderiscono alle bande armate per ragioni economiche») e il Financial Times, secondo cui il governo di Nairobi «non riesce a proteggere nessuno, a prescindere dalla fede».

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«Il governo nigeriano sapeva dei raid ed è pronto a cooperare con gli Usa»
Il ministro degli Esteri della Nigeria Yusuf Maitama Tuggar (Getty Images)
Il ministro degli Esteri nigeriano Yusuf Maitama Tuggar: «Gli States sono un nostro alleato e insieme vogliamo distruggere il terrorismo islamico. Non abbiamo abbandonato i cristiani, tutti i cittadini sono uguali e sotto la protezione dello Stato».

Le minacce di Donald Trump alla Nigeria sono diventate realtà quando una serie di raid aerei hanno colpito il nord-ovest della grande nazione africana. Il tycoon americano ha definito quest’operazione come un potente e mortale attacco contro le forze dello Stato islamico in Nigeria, un’azione resasi necessaria per difendere le popolazioni cristiane perseguitate e uccise nelle regioni settentrionali. Questo raid è stata pianificata dal Pentagono per circa un mese, identificando alcune zone specifiche dove si troverebbero i centri di comando delle cellule dello Stato islamico in questa parte d’Africa.

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