2021-12-10
Prigionieri armeni: l'appello di 26 Parlamentari al governo Draghi
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Ventisei parlamentari italiani hanno firmato un appello per chiedere al governo di impegnarsi a ottenere il rilascio dei prigionieri armeni trattenuti in Azerbaigian. «A un anno dalla firma della dichiarazione trilaterale del 9 novembre, la situazione nel Nagorno-Karabakh e ai confini tra Armenia e Azerbaigian rimane tesa a causa del mancato rispetto del cessate il fuoco e delle incursioni di truppe azere nel territorio sovrano della Repubblica di Armenia», hanno scritto i parlamentari. «Ancora oggi», hanno proseguito, «ci sono numerosi prigionieri di guerra armeni detenuti illegalmente nelle prigioni dell'Azerbaigian, ed emerge da molteplici fonti autorevoli il fatto che il patrimonio storico-culturale cristiano armeno nei territori passati sotto il controllo dell'Azerbaigian sia in pericolo». «Inoltre», hanno aggiunto, «l'Azerbaigian, con il palese sostegno della Turchia, minaccia di creare, con l'uso della forza, un 'corridoio' extraterritoriale che unisca i due Paesi attraverso il territorio sovrano ed internazionalmente riconosciuto della Repubblica di Armenia». «Ciò accade», hanno continuato, «nonostante la dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, che mise fine alla guerra, prevedesse lo sblocco di tutte le reti di comunicazione e trasporti della regione. È peraltro di queste ore la notizia che il Tribunale Internazionale dell'Aja (Cig delle Nazioni Unite) ha emesso una sentenza in cui chiede all'Azerbaigian di garantire i diritti dei prigionieri di guerra, di prevenire l'incitamento all'odio razziale nei confronti della popolazione armena e di condannare il vandalismo nei confronti del patrimonio storico e culturale armeno». «Auspichiamo», hanno concluso, «che il governo ponga come presupposti del rapporto Unione Europea-Azerbaigian nell'ambito del Partenariato Orientale, il rilascio dei prigionieri di guerra e civili detenuti nel citato Paese a seguito della guerra del Nagorno-Karabakh e successivi scontri e l'abbandono di retorica provocatoria e militarista a favore di percorsi costruttivi verso un sincero coinvolgimento in negoziati di pace al fine di comporre i temi pendenti nell'interesse della sicurezza e prosperità dell'intera regione caucasica». I firmatari, che appartengono a vari schieramenti partitici, sono Enrico Aimi, Paola Binetti, Stefano Borghesi, Andrea Cangini, Massimiliano Capitanio, Emilio Carelli, Laura Cavandoli, Giulio Centemero, Jari Colla, Vito Comencini, Andrea Del Mastro delle Vedove, Roberto Paolo Ferrari, Paolo Formentini, Niccolò Invidia, Alvise Maniero, Elena Murelli, Michele Nitti, Giuseppina Occhionero, Andrea Orsini, Alessandro Pagano, Tullio Patassini, Flavia Piccoli Nardelli, Catia Polidori, Alberto Ribolla, Matteo Salvini ed Orietta Vanin. L’appello dei parlamentari è avvenuto in una fase particolarmente complessa. Negli ultimi giorni, è infatti tornata a salire la tensione al confine tra Armenia e Azerbaigian, mentre si sono verificati nuovi scontri, oltre al lancio di accuse reciproche. In particolare, secondo Abc News, poche ore fa l’esercito armeno ha riferito di aver registrato un morto e otto feriti: il ministero della Difesa armeno ha a tal proposito parlato di “azioni aggressive” da parte degli azeri, i quali hanno replicato, sostenendo di essere stati provocati. La situazione intanto si fa sempre più tesa, mentre – negli scorsi mesi – è stata sollevata a più riprese la preoccupazione per il destino del patrimonio culturale armeno nel Nagorno-Karabakh. Inoltre, al di là dei problemi sul territorio, questo dossier ha delle ripercussioni internazionali di notevole importanza. Baku è infatti spalleggiata da Ankara, mentre la Russia sostiene l’Armenia. In tutto questo, non va trascurato che – soprattutto a causa della crisi ucraina – i rapporti tra Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan si siano significativamente raffreddati ultimamente. Un fattore, questo, che potrebbe comportare conseguenze anche per il complesso quadro in Nagorno-Karabakh.