2018-09-24
Preparatevi al Grande fratello di Juncker
Un progetto della Commissione Ue stanzia 120 milioni di euro per dotare ogni Comune europeo di reti wifi pubbliche e gratuite. Ma dove il sistema è già realtà (New York e Londra) sono sorti dubbi sui rischi di schedatura degli utenti anche a fini commerciali.Nel 2010 una delibera dell'Agenzia garante per le comunicazioni ha dato il via libera alla rimozione di decine di migliaia di cabine telefoniche su tutto il territorio nazionale. La scelta di tagliare il numero delle postazioni di telefonia pubblica, come si legge nel testo, è da attribuire al «mutamento delle abitudini degli utenti, che utilizzano sempre più la telefonia cellulare in situazione di mobilità». Con l'avvento delle piattaforme di messaggistica come Whatsapp, l'esigenza oggi è quella di garantire a quanti più utenti possibile l'accesso al Web. «Internet dev'essere un diritto prioritario per i cittadini, e siamo al lavoro per tutelarlo», ha affermato lo scorso giugno il vicepremier Luigi Di Maio. «Penso alla fornitura da parte dello Stato della connessione alla rete gratis mezz'ora al giorno a chi non se la può permettere».La proposta lanciata da Di Maio è già una realtà in diverse parti del mondo. A New York, ad esempio, sono attive oltre 1.700 colonnine, denominate Linknyc, che mettono a disposizione un hotspot wifi gratuito. L'aspetto esteriore è quello di torrette nere e argentate, alte poco meno di tre metri e sinistramente simili al monolite del film 2001 Odissea nello spazio. Queste strutture non offrono solo una connessione wifi gratuita e superveloce, ma anche la possibilità di ricaricare il cellulare, chiamare i numeri di emergenza, effettuare chiamate gratuite attraverso un'app e visualizzare annunci di pubblica utilità tramite il maxischermo da 55 pollici incastonato sui lati. Secondo una ricerca realizzata a settembre del 2017, il 93% degli intervistati ritiene che Linknyc (questo il nome degli apparecchi) apporti un qualche beneficio alla città di New York. E in effetti come dar loro torto, considerato che si tratta di un servizio totalmente gratuito?La genesi delle torrette, come si legge sul sito dell'azienda produttrice, risale a un progetto dell'ex sindaco Michael Bloomberg elaborato, guarda caso, per sostituire le vecchie cabine telefoniche. Fornitore dei LinkNnyc è Citybrigde, un consorzio privato costituito da tre aziende: Civiq smartscapes, una startup fondata nel 2015 con sede nel Massachussetts; Qualcomm, colosso statunitense delle comunicazioni con 26.000 dipendenti e un fatturato di 22 miliardi di dollari; e Intersection, azienda di digital media nata nel 2015 dalla fusione di due gruppi, Control group e Titan. Alcune ricostruzioni hanno messo in luce l'esistenza di legami tra Intersection e Google. Il suo presidente, Dan Doctoroff, è anche fondatore e amministratore delegato di Sidewalk labs, controllata di Alphabet (la nuova ragione sociale assunta da Google dal 2015) per l'innovazione urbana, nonché principale investitore di Intersection. Sidewalk labs sarebbe il deus ex machina dietro la fusione tra Control group e Titan, e la stessa azienda non fa mistero di questa connessione, visto che dedica un banner a Intersection nella sezione della pagina principale denominata «Investire nell'innovazione». Solo nell'ultimo round di finanziamenti, Intersection ha raccolto 150 milioni di dollari (Sidewalk stavolta non ha partecipato) destinati all'espansione del progetto in altre grandi città americane.Tutto bene dunque? Non esattamente. Le prime obiezioni sui Linknyc le ha sollevate nel 2016 Donna Lieberman, presidente della sezione locale dell'Aclu, storica associazione per la difesa dei diritti civili in America.«Le attività private svolte online dai cittadini di New York non dovrebbero essere utilizzate per la realizzazione di un database al quale potenzialmente può avere accesso il Nypd (il distretto di polizia cittadino, ndr)», ha affermato la Lieberman. «Il wifi pubblico gratuito può essere una risorsa inestimabile per la città, ma gli abitanti di New York sono tenuti a sapere se ci sono troppi vincoli». Come riporta un recente articolo pubblicato dalla giornalista investigativa Ava Kofman sul sito Theintercept.com, lo studente universitario Charles Meyers ha scoperto che il software installato sulle torrette contiene istruzioni per registrare latitudine e longitudine esatta dell'utente, tipologia di browser, sistema operativo, marca e modello del telefono e cronologia dei siti, inserendoli in un database unico. Funzioni che, secondo Meyers, potrebbero essere utilizzate anche per fini commerciali, una possibilità esclusa categoricamente dalle condizioni del servizio. La dirigenza di Intersection ha smentito ogni addebito, rimarcando al contempo l'importanza nella tutela della privacy dei propri utenti.Le preoccupazioni legate alla geolocalizzazione rappresentano però la punta dell'iceberg. Sui Linknyc, infatti, sono piazzate anche delle telecamere. Sebbene le registrazioni non possano essere conservate per più di sette giorni, la possibilità di essere ripresi a prescindere dall'adesione al servizio wifi e, cosa ancora più importante, indipendentemente dalla propria volontà, è reale. Come rivelano alcuni documenti, Sidewalk sta perfezionando contratti di vendita ad altre città di torrette capaci di «controllare i pedoni, il traffico di biciclette e automobili, tracciare il passaggio di dispositivi wireless, ascoltare i suoni provenienti dalla strada e utilizzare le videocamere per identificare i pacchetti abbandonati».Nel frattempo, Intersection è sbarcata anche in Europa. Nel Regno Unito è presente dal 2017 con Inlinkuk, un altro consorzio fondato insieme a Primesight e British telecom. Al momento gli hotspot funzionanti sono 224, quasi tutti a Londra, e altri 45 sono in procinto di essere attivati. Considerata l'esperienza e il giro d'affari che sta accumulando, l'azienda è destinata a diventare un interlocutore quasi naturale per le istituzioni e gli enti che in futuro vorranno offrire ai propri cittadini un servizio di questo tipo.Un avvenire che, nel caso dell'Unione europea, è quanto mai prossimo. Nel suo discorso sullo stato dell'Unione pronunciato nel 2016 il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, ha proposto di «dotare entro il 2020 ogni Paese e città europei di un accesso gratuito a internet senza fili nei principali punti di aggregazione pubblica sul territorio». Per coronare questo nobile sogno, l'Ue ha messo sul piatto 120 milioni di euro attraverso un'iniziativa denominata «Wifi4eu» (Wifi per l'Unione europea). Il bando è rivolto ai Comuni, che potranno aggiudicarsi un buono da 15.000 euro per l'attivazione di un hotspot wifi, spendibile entro un anno e mezzo dall'assegnazione. L'assegno copre «i costi delle attrezzature e delle installazioni degli hotspot wifi», che «ogni beneficiario appalterà a uno o più fornitori di sua scelta», senza che la Commissione intervenga «nei rapporti contrattuali tra il beneficiario e il fornitore». L'iniziativa regola a grandi linee anche l'accesso al servizio. Se in una prima fase, infatti, «la registrazione e autenticazione degli utenti, e quindi l'eventuale raccolta e trattamento di dati personali, avviene sotto la responsabilità di ciascun Comune e dei fornitori di servizi Internet con i quali hanno un contratto», in una seconda fase che partirà nel 2019, «sarà disponibile una piattaforma di autenticazione unica che permetterà agli utenti di registrarsi una sola volta e fare roaming tra i diversi hotspot Wifi4eu senza dover inserire di nuovo le proprie credenziali». Preoccupante che, a bando in fase di lancio, non si conoscano né i termini né i futuri gestori di questo servizio, per selezionare i quali in realtà è aperta fino al 5 ottobre una consultazione preliminare.Nel nostro Paese esiste un progetto simile, denominato Wifi.Italia.It. Realizzato grazie a una sinergia tra il Mise, il Mibact e l'Agenzia per l'Italia digitale, si tratta di un'iniziativa che ha fatto fatica a decollare e che, a seguito della firma tra il Commissario europeo all'economia digitale, Mariya Gabriel, e il direttore generale per le Reti e la comunicazione della Commissione, Roberto Viola, è di fatto confluito in Wifi4eu.I potenziali benefici di un'iniziativa del genere sono enormi. Parallelamente, tuttavia, crescono al riguardo le preoccupazioni per la privacy dei cittadini. Come insegna la vicenda americana, non ci si deve fermare alla comodità e all'utilità offerte dal servizio. Fatte salve le retoriche rassicurazioni sulla tutela dei dati personali, lo scarso livello di trasparenza sui paletti da applicare ai futuri erogatori del servizio europeo rappresenta un pericoloso segnale d'allarme. Se vogliamo evitare di essere i protagonisti del Grande fratello europeo, nel prossimo futuro è meglio stare con gli occhi bene aperti.