2025-01-07
Il premier inglese getta la maschera: vuole far votare anche gli stranieri
Keir Starmer (Getty Images)
Il governo laburista pensa di eliminare l’obbligo di esibire un documento di identità ai seggi. I conservatori: «Così trucca le elezioni». Starmer attacca Musk, che su X replica e chiede: «Gli Usa dovrebbero cacciarlo?».«A pensar male si fa peccato», diceva Giulio Andreotti, «ma spesso ci si indovina». Dietro al silenzio dei labour sullo scandalo delle «grooming gang» che sta investendo il Regno Unito - la rete di anglopakistani che, si è scoperto, avrebbe abusato sessualmente di migliaia di ragazze bianche negli ultimi decenni - alcuni malpensanti vi hanno scorto la preoccupazione di non inimicarsi la base di elettorato islamico. Ebbene, di fronte al crollo dei consensi cui sta assistendo l’esecutivo guidato da Keir Starmer, i laburisti stanno escogitando una semplice soluzione: eliminare l’obbligo di esibire un documento di identità con foto per poter votare. In altre parole il governo britannico, abolendo o allentando le misure volte a prevenire le frodi elettorali, vorrebbe aprire le porte dei seggi a milioni di cittadini stranieri.A lanciare l’allarme è stato il Daily Mail, ma la volontà di sir Starmer di rivedere la norma - introdotta dai conservatori nel 2022 - era già stata esplicitata prima della vittoria dello scorso anno. Il quotidiano inglese riporta a tal proposito un recente parere espresso dall’Institute for Public Policy Research (Ippr), un think tank di sinistra molto vicino ai laburisti, secondo cui esiste una «chiara necessità di un più ampio dibattito politico sul concetto di cittadinanza e sui diritti di voto nel Regno Unito». Gli avversari politici, invece, accusano il partito di cercare di garantirsi una maggioranza laburista rimuovendo le leggi ideate per contrastare le frodi elettorali.«I cittadini stranieri non devono avere il diritto di voto alle elezioni britanniche», ha affermato l’ex ministro conservatore Jacob Rees-Mogg. «La maggior parte di loro ha la possibilità di richiedere la cittadinanza britannica e, se non lo hanno fatto, è chiaro che non desiderano partecipare pienamente alla vita del nostro Paese e, quindi, non meritano il prezioso diritto di voto». Sir Rees-Mogg arriva addirittura a definire «un’anomalia storica», «in un’epoca di migrazione eccessiva», il consentire ai cittadini del Commonwealth di votare. Si tratta di un retaggio storico degli antichi legami tra il Regno Unito e le sue colonie per cui, se residenti in Uk, i cittadini qualificati del Commonwealth possono esercitare il voto. Secondo Nigel Huddleston, co-presidente del Partito conservatore, le proposte dei labour rappresentano «nient’altro che un tentativo spudorato di truccare le elezioni a proprio favore e di chiudere un occhio sulle frodi elettorali». Il deputato conservatore Peter Bedford, invece, ha espresso preoccupazione per il fatto che, «con le tante sfide che il Paese sta affrontando, i laburisti abbiano scelto questo come uno dei temi prioritari». «Un sistema elettorale robusto deve godere della fiducia del pubblico», continua. «Qualsiasi piano per estendere il diritto di voto a cinque milioni di cittadini stranieri lo minerebbe completamente».Siccome tutto il mondo - o, in questo caso, tutta la sinistra - è Paese, l’altra idea dei laburisti è estendere il diritto di voto ai sedicenni e ai diciassettenni. Già mesi fa, prima di perdere le elezioni generali, il precedente premier britannico Rishi Sunak aveva accusato Starmer di volere concedere il voto ai minori di 18 anni perché tendenzialmente più favorevoli ai laburisti. Esattamente la stessa proposta intavolata da Enrico Letta qualche anno fa, quando ancora era segretario del Partito democratico, nutrendo - secondo i soliti malpensanti - le medesime speranze. Ossessione che da anni assilla anche Emmanuel Macron, il quale, pur avendo vinto le presidenziali nel 2022, non gode di grande favore ultimamente.Nel frattempo, prosegue la polemica a distanza tra il primo ministro britannico e il vulcanico Elon Musk. Dopo i diversi attacchi del patron di Tesla a Starmer, reo - secondo il magnate - di aver coperto, insieme con la sottosegretaria Jess Philips, lo scandalo delle «child sex grooming gang», ieri sono arrivate le repliche del premier, il quale ha accusato «coloro che diffondono menzogne e disinformazione, il più ampiamente possibile», di non essere «interessati alle vittime, bensì a sé stessi». «Abbiamo già visto molte volte questo schema», ha affermato l’inquilino di Downing Street: «alimentare intimidazioni e minacce di violenza, sperando che i media le amplifichino». «Nel momento in cui il veleno dell’estrema destra porta a gravi minacce contro Jess Philips e altri», ha aggiunto, «allora, per quanto mi riguarda, è stata oltrepassata una linea».Musk, d’altra parte, non ci è andato giù leggero. In un post ha chiesto a Re Carlo III di sciogliere il Parlamento e indire nuove elezioni. In un altro, invece, ha invocato la prigione per Jess Philips, il sottosegretario «per la Salvaguardia e la prevenzione della violenza contro donne e ragazze» che ha negato alla cittadina di Oldham, lo scorso ottobre, un’indagine nazionale sulla questione delle gang, definendola «pura malvagità» e «apologista del genocidio dello stupro». Ieri, sempre sul suo profilo X, il magnate ha scritto che «Starmer è stato profondamente complice degli stupri di massa in cambio di voti» e che questo è ciò che «un’inchiesta dimostrerebbe». L’apice dei post, infine, è arrivato con un sondaggio, pubblicato sempre ieri, in cui chiede ai suoi follower: «L’America dovrebbe liberare il popolo britannico dal suo governo tirannico»? Le polemiche su questo strano personaggio, che a breve avrà un ruolo attivo nell’amministrazione degli Stati Uniti, non sembrano destinate a spegnersi. Con questi eccessi, forse, si rischia di invalidare una giusta causa.
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)