2018-12-12
Premiato lo steward eroe, ma il Colle tace
Ermenegildo Rossi, l'assistente di volo che nel 2011 bloccò un dirottatore e ricevette una medaglia senza alcuna cerimonia, avrà il Leone di Viterbo. «Dove è mancato lo Stato, ci pensa la mia città, che è meravigliosa e la ringrazio di cuore. Da Mattarella non mi è arrivato alcun segnale».Non sarà il presidente della Repubblica a stringere la mano a Ermenegildo Rossi. Lo farà però Giovanni Arena, sindaco di Viterbo, dove lo steward medaglia d'oro al merito civile è nato 56 anni fa, e continua con orgoglio a vivere. Verrà insignito oggi del Leone di Viterbo, il premio che il municipio riserva ai suoi figli migliori. In questo caso parliamo di un eroe, un uomo che ha sventato un dirottamento sul volo Alitalia da Roma a Parigi, salvando 135 passeggeri e la vita di una hostess minacciata con il coltello alla gola. La cerimonia non si terrà nel luccicante salone del Quirinale, come desiderava Ermenegildo, ma oggi nella sala Regia di Palazzo dei Priori.Certo non è la stessa cosa, però qualcosa si sta muovendo. Anche grazie alla Verità, che ha raccontato l'assurda storia di una medaglia d'oro, un esempio che dovrebbe nutrire l'anima di un popolo, conferita dallo Stato senza neppure avvertire il diretto interessato. E poi frettolosamente consegnata di nascosto, in una squallida scatoletta di plastica. Senza un rituale, senza neppure sprecare due parole.Ma Ermenegildo Rossi non vuole più fare polemiche, l'appello a Sergio Mattarella è già stato fatto, anche se non è pervenuta risposta. «Capisco che abbia tanti problemi e altro da fare che occuparsi di me», dice Rossi, «domani (oggi, ndr) sarà una giornata bellissima. Dove è mancato lo Stato ci pensa la mia città, che è meravigliosa e la ringrazio di cuore. Le origini sono le origini. Ci sarà tutta la giunta comunale, la mia famiglia, i miei amici, quelli che conoscono Gildo. Il clamore che avete suscitato con i vostri articoli è servito, dal Quirinale non ho sentito nessuno, ma in compenso mi è arrivato l'affetto di tanta gente. Questa è una cosa splendida, per me questa medaglia appartiene a tutti gli italiani. Io mi sono trovato per caso a fare il gesto che ho fatto. Coraggio? Sangue freddo? Tanti altri avrebbero agito come me. Per questo ci tengo che si sappia e, soprattutto, che ne venga messa a conoscenza Viterbo, dove sono cresciuto».La notizia del riconoscimento ufficiale, l'unico finora pervenuto, è arrivata in redazione con una mail spedita dall'assessore Enrico Contrado: «In considerazione del vostro interessamento alla vicenda in oggetto le comunico che mercoledì 12 ore 11, presso la sala regia del Comune di Viterbo si terrà una cerimonia per il conferimento del Leone di Viterbo alla medaglia d'oro al merito civile e al concittadino Ermenegildo Rossi».Poche righe che, però, per il capocabina di Alitalia, significano moltissimo: «Se non ci fosse stati voi, non si sarebbe saputo nulla della mia vicenda», continua, «Viterbo è comunque la prima istituzione che mi premia pubblicamente, sarà pure una piccola istituzione ma non è un'associazione o un gruppo di amici. Per me è importante. Soprattutto ci sarà mio figlio Fabrizio, mia madre, tutta la mia famiglia. Vivrò quest'emozione condividendola con i miei cari, con la comunità. Mi fa un gran piacere, è la cosa più bella. Dà un senso alla medaglia, che data come me l'hanno data un senso non ha. L'oggetto in sé stesso non simboleggia niente, finalmente adesso si darà importanza a questo oggetto per quello che vale, per ciò che rappresenta. Come diceva Gino Bartali, certe medaglie si appendono all'anima, non alla giacca. Lo so che il presidente Mattarella neppure lo sapeva, nessuno lo aveva avvertito. Però qualcuno vicino a lui non ha fatto il proprio dovere, eppure ha deciso di darmi l'onorificenza una commissione composta da persone illustri. Più ci penso e meno capisco il motivo, comunque ricevere la medaglia in quelle condizioni è avvilente, non solo per me ma anche per lo Stato che la consegna. Potevano non darmela e facevano prima».Torna sempre con la mente a quel 24 aprile 2011 sul volo AZ 329, quando l'attentatore teneva in ostaggio una collega, chiedendo che l'aereo fosse dirottato verso Tripoli. Lo ha disarmato, è anche rimasto ferito. Il dirottatore era un funzionario Unicef della Repubblica del Kazakhistan, pronto a tutto per la causa islamica in quei giorni di bombe sulla capitale libica del morente regime di Muammar Gheddafi. «I passeggeri mi ringraziavano, abbracciavano, un giapponese mi fece anche l'inchino. Ma per me fu un dramma, non una gioia. Forse ora chiuderò questo dramma con una gioia. Sarà un momento che mio figlio potrà ricordare per sempre. Questo doveva accadere», prosegue lo steward. «Si è mosso poco? Per me è tantissimo. Anche se avverrà in provincia, non lo scorderò mai. Che senso ha dare una medaglia se non si spiega il perché? E poi mica ho chiesto io di esserne insignito, sono loro che lo hanno deciso. Domani dirò che si chiude un cerchio, con un riconoscimento pubblico che mi dà una grande felicità. Volevo stringere la mano alla patria, invece la stringerò alla mia amata Viterbo. E la stringerò ancora più forte».
La Global Sumud Flotilla. Nel riquadro, la giornalista Francesca Del Vecchio (Ansa)
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)