2021-04-09
«L’ex popstar dirigeva la mafia del petrolio»
Anna Bettozzi, in arte Ana Bettz (Instagram)
Anna Bettozzi, in arte Ana Bettz, arrestata nell'operazione di quattro Procure. In manette oltre 50 persone. L'accusa è di essere a capo di un sodalizio finalizzato a commettere reati di natura tributaria. Con l'aggravante di aver agevolato tre clan camorristici.Una donna del mondo dello spettacolo, imprenditori, mafiosi, ma soprattutto petrolio. Tanto petrolio. Un gruppo ampio e variegato di persone, in totale 71 indagati, è stato colpito dalla maxi operazione delle Procure della Repubblica di Roma, Napoli, Catanzaro e Reggio Calabria. Su ordine del gip di Roma, Tamara De Amicis, sono state disposte 71 misure cautelari (di cui 56 arresti) e sequestri per un miliardo di euro. I magistrati contestano, a vario titolo, l'associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata a commettere false fatturazioni, dichiarazioni fraudolente, riciclaggio, autoriciclaggio, corruzione e rivelazioni di segreto. Al centro degli interessi del sodalizio la gestione illegale dei prodotti petroliferi. E al vertice dell'associazione, secondo l'accusa, si trova Anna Bettozzi, meglio nota come Ana Bettz (cantante, ballerina e imprenditrice), vedova del petroliere Sergio Di Cesare. Dalle toghe viene definita come «il capo indiscusso del sodalizio». Gli indagati hanno organizzato «una gigantesca convergenza di strutture e pianificazioni mafiose originariamente diverse nel business della illecita commercializzazione di carburanti e del riciclaggio di centinaia di milioni di euro in società intestate a soggetti insospettabili». Società al centro dell'inchiesta Made Petrol srl, di cui Bettozzi era «amministratrice di fatto». Una ditta che dal punto di vista economico non navigava più in buone acque, per sostenerla dunque la donna avrebbe ripulito i soldi sporchi dei clan Moccia, Micola e dei Casalesi: da una parte i mafiosi garantivano il contante per «risanare la situazione finanziaria della Maxipetroli Italia (oggi Made Petrol, ndr)» e dall'altra incassavano «lauti guadagni provenienti dall'evasione dell'Iva». Un'azienda che la donna utilizzava per «commercializzare ingenti quantità di prodotto energetico in regime di non imponibilità Iva o con accisa ribassata». L'artista «progettava la costituzione di società, passaggi di cariche e partecipazioni che permettessero di far cadere su altri le responsabilità di reati consumati e tenere indenni da indagini i componenti del sodalizio; si occupava della raccolta, distribuzione ai sodali e reinvestimento dei proventi illeciti». Il sistema viene spiegato dalla stessa donna, accusata di aver evaso 160 milioni di euro, che non sapendo di essere intercettata, alla sorella Piera dice: «A Piè, io dietro c'ho la camorra! Tu dove caz…vai…te stanno a pijà per il culo…Cioè questi stanno…Lo sai quanto c'ha in giro Felice […] di me…Ti sto dicendo…Ho capito! Sai quanto…No! E io controllo che sia borderline, quasi regolare…io!». Ma non è finita qui: «Sai quanto c'ha in giro! Quindici milioni al giorno, quell'altro cinque milioni, io altri cinque e insieme c'abbiamo 15 e 10, 25-30 milioni al giorno!». Altra figura chiave dell'indagine Alberto Coppola, socio della Bettozzi. I due si sentono al telefono il 14 febbraio 2018 e l'imprenditrice non nasconde il suo disappunto su come vengono gestiti gli affari. Dai clan non era arrivato ancora quanto pattuito. «Alberto comunque non è il mio sistema di lavoro…di lavorare un sacco di bugie…cioè questi mi prendono in giro e mi dicono un sacco di palle… Non voglio lavorare più con loro questi sono dei pazzi…pazzi irresponsabili…non gliene frega niente e di nessuno». Poi, probabilmente in preda all'eccitazione, aggiunge: «Alberto io non sono abituata così perdonami…Perdonami io ho soci che si chiamano Tronchetti Provera e Silvio Berlusconi (entrambi estranei all'indagine, ndr)…e mia figlia lo sa». Quella dell'ex premier per Bettozzi deve essere una fissa, dato che in un'altra occasione con un parente parla ancora del fondatore di Fininvest. «Rispetto a Berlusconi nessuno…nessuno nel mio piccolo ho sempre lavorato…e dovunque vada mi portano così…io oggi non ho risposto quattro volte a Berlusconi…l'ultima chiamata da Arcore perché mi chiamava con il privato…io non ho risposto in quanto sono incazzata con lui…quindi tu ti devi fidare di me…nella realtà tutti mi hanno aiutata». Nelle carte dell'inchiesta è finito anche un altro volto noto dello mondo dello spettacolo, Gabriel Garko (non indagato). L'attore viene ingaggiato come testimonial pubblicitario dall'azienda di Bettozzi. Per i magistrati dalle intercettazioni «emerge la stipula di un contratto […] in cui parte del corrispettivo pattuito, pari a 150.000 euro, è stato versato in denaro contante». «Si era parlato del contratto in un certo modo…poi a me è arrivato un contratto fatto in un altro», confida l'attore alla manager. «No…Gabriel no», replica lei. «Il contratto era da 200.000!....Quel contratto lo strappo». «Scusa…noi abbiamo stabilito 250…50 te li ho già dati rimangono 200», spiega Bettozzi. A questo punto Garko ricostruisce la vicenda: «100 in nero e 100 fatturato…sul contratto va messo solo il fatturato». Che la Bettozzi avesse la passione per le passerelle cinematografiche lo si intuisce anche dal viaggio che fa l'11 maggio 2019 a bordo di una Rolls Royce con autista, destinazione Cannes in occasione del festival. Viene fermata a Ventimiglia dalla Guardia di finanza che trova 300.000 euro in contanti, a cui si aggiungono 1,7 milioni recuperati all'interno di una cassetta di sicurezza dell'hotel Gallia di Milano.
Jose Mourinho (Getty Images)