2025-10-29
Ponte di Messina, pronto il cantiere. In migliaia si candidano per lavorarci
Salvini mostra a Orbàn il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina (Ansa)
In tre giorni oltre 7.500 tra tecnici e operai hanno espresso interesse per collaborare con Webuild alla grande opera, guardata con favore pure dall’Unione europea. Oggi si esprime la Corte dei conti.C’è chi ci crede e chi preferisce restare sulla sponda a guardare. Ma stavolta il Ponte sullo Stretto non è più un miraggio: il cantiere è pronto a partire, le carte sono quasi tutte firmate e perfino i caschi gialli hanno un padrone. A novembre si comincia, promette Matteo Salvini. E, per non sbagliarsi, invita il premier ungherese Viktor Orbán all’inaugurazione del cantiere: il primo ministro di Budapest si è fermato con curiosità davanti al plastico esposto al ministero delle Infrastrutture.E mentre la sinistra arriccia il naso e la Cgil rispolvera i suoi «no» a prescindere incurante di quello che accade nel mondo del lavoro, gli italiani rispondono sì. In 72 ore, Webuild ha ricevuto oltre 7.500 candidature per lavorare all’opera: tecnici, operai, staff amministrativi. «Un segnale concreto dell’attenzione che il progetto sta generando a livello nazionale» spiega il gruppo. Tutti pronti a mettere la firma su quella che Salvini chiama «la più grande opera dell’Occidente». I numeri sono da primato: 13 miliardi e mezzo di euro, un’arcata da record mondiale, e un taglio di 200.000 tonnellate di CO2 all’anno. Il Ponte è più «green» di mille monopattini elettrici. All’opera «abbiamo lavorato tre anni, con interlocuzioni costanti alla Commissione europea che ha partecipato con entusiasmo al progetto» dice Salvini. «sono fiducioso». Ma in Italia, si sa, quando qualcosa funziona è sospetta. Ecco quindi che la Corte dei Conti si riunisce in plenaria per valutare le «perplessità» già espresse la settimana scorsa: dubbi sulla legittimità, modifiche al progetto, osservazioni contabili. Traduzione: la solita burocrazia che cammina con la grazia di un pachiderma. Il deferimento all’organo collegiale della delibera con il via libera ai lavori è servito. Il linguaggio è quello dei tempi infiniti: «Non compiuto assolvimento dell’onere motivazionale», «ponderazione delle risultanze istruttorie». In pratica: non siamo convinti, ma non sappiamo bene di cosa.E come da copione, la sinistra si accoda. La Cgil annuncia che il progetto è «sbagliato e dannoso», chiede di «ritirarlo e ripartire da zero». Per il segretario confederale della Cgil, Pino Gesmundo, «invece di annunciare l’avvio imminente della sua realizzazione il governo dovrebbe ritirare il progetto sbagliato e dannoso per il Paese, e aprire un confronto vero su come costruire un efficiente sistema infrastrutturale in Calabria e Sicilia». Insomma, il più importante sindacato italiano vuole fermare lavoro e assunzioni legate alla realizzazione di un’opera già finanziata: 13.162 milioni di risorse statali più 370 milioni della società Stretto di Messina. Ma volete mettere la soddisfazione di fare uno sgambetto all’odiato governo di centro-destra: È la solita filosofia: no ai cantieri, no ai ponti, no al futuro. Il tutto condito da una spruzzata di ambientalismo da salotto, quello che difende la CO2 purché resti in sospensione sopra i traghetti. Il governo è pronto a giocarsi la partita. «Mi rifiuto di pensare che qualcuno voglia fermare un piano che porta l’Italia tra i grandi player mondiali», ha detto Salvini. Per una volta, anche Bruxelles sembra d’accordo: la Commissione europea «ha partecipato con entusiasmo». Insomma, l’Europa guarda al Ponte come a un segnale di rinascita industriale, mentre le opposizioni lo considerano ancora un attentato alla biodiversità. Ma la verità è semplice: il Ponte rappresenta l’idea di un’Italia che vuole unire, crescere, collegarsi al resto d’Europa. È il contrario della rendita, della paura, dell’eterno rimando. Ne parliamo da decenni: ora si fa. E si farà con il contributo di migliaia di lavoratori, di imprese, di tecnici che hanno già messo la firma.La Corte dei Conti, oggi, dovrà scegliere se restare nel passato o guardare avanti. Non si tratta solo di numeri: si tratta di coraggio. Se dirà sì, il Ponte non sarà più una promessa ma un fatto. E, soprattutto, un segnale che questo Paese ha smesso di avere paura delle proprie ambizioni.Perché, diciamolo, se il Ponte lo avessero progettato i tedeschi, sarebbe già pieno di turisti e gadget. Se l’avessero pensato i francesi, ci avrebbero costruito sopra un bistrot panoramico. Da noi, invece, serve ancora una plenaria per capire se si può cominciare a scavare.Ma stavolta l’aria è diversa. Le ruspe scaldano i motori, i curriculum si accumulano, Orbán si prepara al viaggio e Salvini - casco in testa - al taglio del nastro. La sinistra continuerà a twittare indignata.E quando il primo pilone toccherà terra, forse capiremo che collegare due sponde non è solo una questione ingegneristica: è un modo per dimostrare che l’Italia, quando vuole, sa ancora costruire. Anche se qualcuno, testardo, preferisce restare sul traghetto.
Andrea Sempio e Luciano Garofano (Ansa)
(Totaleu)
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