2024-10-26
Una raccolta fondi per il poliziotto che ha sparato al migrante violento
Circa 120 ristoratori veronesi hanno già dato soldi per pagare la difesa dell’agente indagato per aver ucciso un maliano armato. I cittadini si schierano con le Forze dell’ordine, Chiesa e Ong con lo straniero aggressivo.Sono 120 i ristoratori di Verona e provincia che hanno aperto un conto dove ogni cittadino può versare una somma, al fine di contribuire al pagamento delle spese legali dell’agente della Polfer iscritto nel registro degli indagati per eccesso colposo di legittima difesa. Domenica scorsa il poliziotto aveva colpito a morte Moussa Diarra davanti alla stazione veronese di Porta Nuova, dopo essere stato aggredito con il suo collega dal ventiseienne del Mali armato di coltello e che già aveva minacciato alcuni vigili e danneggiato vetrate di negozi e auto in sosta. L’agente era stato costretto a usare la pisola per proteggersi, un colpo di avvertimento sarebbe stato sparato in aria, un proiettile era finito contro la vetrata del gabbiotto del parcheggio, il terzo aveva raggiunto al torace Moussa. Morto all’istante, come ha rivelato l’autopsia eseguita dalla professoressa Federica Bortolotti, alla presenza anche della dottoressa Gabriella Trenchi, consulente di parte civile incaricata dal legale di Djembagan Darra, fratello del maliano. «Abbiamo il dovere di difendere e supportare le Forze dell’ordine a cui chiediamo tutela e che si adoperano per garantire la nostra sicurezza, in un contesto in cui quest’ultima è sempre più vacillante», si sono detti gli esercenti riuniti nel gruppo di messaggistica Ristoratori veronesi. Così hanno dato vita all’iniziativa, che nel primo giorno ha raccolto 300 euro. «Ci stanno chiamando da ogni parte per sapere come aiutare l’agente», spiega a nome di tutto il gruppo Simone Vicentini, titolare del bar Puddle beach a Verona. Le coordinate del conto sono: Iban IT82K0623011704000015441333. Causale: aiuto spese legali poliziotto. «Il conto resterà aperto fino a fine novembre, se nel frattempo la somma raccolta dovesse risultare superiore a quella richiesta per la difesa dell’agente, o non più necessaria, sarà destinata a iniziative benefiche possibilmente a favore delle forze dell’ordine», precisa Vicentini. Tiene a far sapere che «non c’è motivazione politica dietro la nostra azione», solo la volontà di aiutare «chi stava facendo il proprio dovere». Sui giornali molto si è scritto delle manifestazioni davanti alla stazione dove Moussa è morto, delle veglie, dei lumini, dei fiori lasciati anche dal vescovo di Verona, Domenico Pompili, ma grande è la solidarietà dei cittadini per i poliziotti. «Non abbiamo ricevuto critiche per la nostra idea di aiutare nelle spese legali, vediamo tanta solidarietà e voglia di contribuire», dice l’esercente veronese.Il gruppo di cui fa parte è nato durante la pandemia, «quando dovevamo aiutarci con le regole del green pass», e rimasto attivissimo «perché dobbiamo fronteggiare un’ondata di furti insostenibile. Ogni notte c’è almeno una segnalazione da parte dei nostri aderenti. Più che merce o soldi rubati si tratta di danni ingenti a porte e serrature, che vengono forzate per entrare a rubare», fa sapere Vicentini. «Le Forze dell’ordine sono le uniche che ci danno una mano, siamo dalla loro parte», è il messaggio chiaro dei ristoratori veronesi.Mentre gli esami autoptici proseguono, con le verifiche tossicologiche necessarie a stabilire se il giovane maliano facesse uso di alcol, droghe o farmaci, così pure gli accertamenti sulle condizioni psichiche di Moussa, continua a sorprendere la differenza di toni con la quale si racconta la tragedia di Verona. Una morte che nessuno avrebbe voluto. Un poliziotto costretto a sparare nell’emergenza perché aggredito con un coltello e che poteva essere all’obitorio, e che invece adesso oltre a essere sconvolto è pure indagato. Una morte usata dalla sinistra e dalle Ong per attaccare le politiche sulle migrazioni e per denigrare il lavoro delle Forze dell’ordine che sono il più delle volte impotenti davanti alla violenza degli irregolari. La mostruosità «ad un bisogno di aiuto e cura si è risposto a colpi di pistola», pronunciata dall’assessore ai Giovani del Comune di Verona, Jacopo Buffolo, al di là della presa di distanza del sindaco Damiano Tommasi è purtroppo condivisa da quanti non spendono una parola di appoggio ai poliziotti, lasciati a gestire situazioni di infinito degrado. Invece farneticano di integrazione, di aiuti che si dovevano dare. «Perché il fratello non si è portato Moussa a Torino, se era tanto preoccupato?», si chiede Simone Vicentini, sottolineando che «una persona con un coltello in mano non ha bisogno di aiuto».Ieri sera c’è stata la preghiera del vescovo al Tempio votivo, nel piazzale di fronte alla stazione di Verona, che voleva essere «prima di tutto un segno di speranza, di pace, di luce in un luogo di grande marginalità», ha fatto sapere la diocesi. Però gli emarginati possono essere un grave pericolo per i cittadini, come ogni giorno documentano le cronache, «far luce» è altra cosa. Non bastano i lumini, accesi dai «compagni solidali sul luogo dell’omicidio», come informa l’emittente antagonista Radio Onda d’Urto. Oggi pomeriggio ci sarà la mobilitazione per chiedere «verità e giustizia per Moussa». Il migrante che chiedeva integrazione armato di coltello.
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