2021-06-08
La polizia ha oscurato il blog dei suicidi con 17.000 iscritti
«Sanctioned suicide» purtroppo è ancora accessibile dall'estero. Viaggio tra i giovanissimi che cercano aiuto online per «sparire».Ragazzi che discutono online su come farla finita, acquistano sostanze letali e si uccidono nella solitudine di una stanza, ormai lontanissimi da genitori, amici, affetti. Vogliono solo condividere con sconosciuti del Web le modalità di una morte rapida, cercano la conferma che non soffriranno troppo e che il gesto sarà «definitivo». Potranno sparire. Esistono forum sul suicidio che i giovani utilizzano per trovare il coraggio di scelte tremende, senza ritorno. Adesso la Procura presso il tribunale di Roma ha disposto l'oscuramento di una di queste piattaforme.Si chiama Sanctioned suicide, ha 17.814 iscritti in tutto il mondo, tra cui anche ragazzi italiani «tutti legati dall'interesse nel trovare supporto per portare a compimento l'intenzione di suicidarsi». Le indagini sono partite dopo la morte di due giovani di 18 anni avvenuta tra lo scorso dicembre e febbraio di quest'anno. Ragazzi che si erano tolti la vita con il nitrito di sodio, conosciuto anche come salnitro, utilizzato nella conservazione degli alimenti. Ha l'aspetto di una polvere bianca, la dose letale per l'uomo è fissata in circa 22 milligrammi per chilogrammo di peso corporeo e la sua ingestione interferisce con il trasporto di ossigeno da parte dell'emoglobina. I ragazzi non si fanno problemi ad acquistarla, anche il giovane studente di Bassano del Grappa morto lo scorso aprile per avvelenamento deve averlo acquistato sul dark net, (o dark web). I due giovani romani erano morti in un hotel, lontano da occhi indiscreti come purtroppo suggerisce il sito che rimane attivo per tutti gli altri Paesi e attraverso le Reti parallele, cui è possibile accedere solo con software particolari. La piattaforma funziona sempre e non si fermano le decine di migliaia di chat che ogni giorno pongono domande, aspettano risposte, danno soluzioni. Lo scorso 15 settembre l'amministratore si lamentava: «I risultati di ricerca del nostro sito sono stati completamente rimossi per gli utenti tedeschi per essere “illegali" e non siamo mai stati informati al riguardo». Ma non si è interrotto lo scambio di informazioni su come morire in fretta. In un articolo uscito ad aprile su The Conversation, due ricercatrici dell'Università di Birmingham, Maria Michail e Anna Levis, cercavano di spiegare perché «i giovani si sentono più sicuri a parlare di suicidio online, che nella vita reale». Lo facevano in base a uno studio compiuto nella fascia di età 17-23 anni, e tra le risposte ricevute c'era il timore di «non essere presi sul serio». I ragazzi intervistati raccontavano che se confidavano il desiderio di farla finita, la reazione era incredulità o rifiuto. Si sentivano rispondere che era solo per richiamare l'attenzione e che comunque non avrebbero avuto il coraggio di mettere in pratica simili propositi. Oppure dovevano subire discorsi del tipo: «Ma come, con la bella famiglia che hai?». E ancora: «Ma se non ti manca nulla, come mai pensi alla morte?». Ai ricercatori i giovani spiegavano che volevano aiuto, ma si vergognavano di rivelare i loro pensieri e che a differenza di psicologi e reparti ospedalieri «i social media offrono spazi in cui le storie di autolesionismo e suicidio delle persone, e le loro complesse cause sociali, possono essere ascoltate apertamente e senza giudizio».Così come cercava di fare un utente di Sanctioned suicide: «La gente dice sempre “dovresti essere grato perché gli altri stanno peggio". Questo tipo di pensiero non ha senso per me in quanto non rimuove ciò che mi sta facendo soffrire». Il 19 maggio qualcuno scriveva: «Volevo farlo nel mio appartamento ma sarà un trauma per mio padre, perché probabilmente sarà il primo a trovarmi». Concorda un altro giovane, dice che avrebbe optato «probabilmente per un hotel e non a casa, non voglio che la famiglia mi trovi». Pochi giorni dopo si trova questa riflessione: «Non abbiamo mai chiesto di nascere, non voglio amici, famiglia, soldi, donne o altro adesso... voglio solo sparire!». Si unisce un altro frequentatore del forum della morte: «Questo è anche il mio stato d'animo da quando mi sono svegliato. Maledicendo una vita che non ho chiesto e desideroso di morire il prima possibile. Speriamo di trovare presto la pace». Un altro allega la foto della bombola di azoto puro che ha acquistato, chiede aiuto su come usarla con un «sacchetto suicida» attorno al capo e attraverso asfissia, senza sbagliarsi: «Sarebbe un peccato svegliarsi senza successo e anche con una lesione cerebrale». Il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani di età compresa tra 10 e 24 anni, a livello globale, riportava nel 2019 il Centro nazionale per le informazioni biotecnologiche degli Stati Uniti, che dipende a sua volta dall'Istituto per la salute americano. Secondo Roberto Averna, neuropsichiatra dell'infanzia e dell'adolescenza all'Ospedale Bambin Gesù di Roma «l'online li fa sentire meno alieni, rispetto al confronto “verticale" con lo psicologo. Può anche capitare che parlare di morte abbia un effetto catartico, aiutando i giovani a non compiere gesti autodistruttivi, ma non dimentichiamo che “grazie" al lockdown sono aumentati enormemente i tentativi di suicidio: una cinquantina i ricoveri solo a marzo nel nostro reparto, tra ragazzi di 14-18 anni che hanno provato ogni mezzo. Dall'alcol ai farmaci. Poi c'è chi preferisce impiccarsi o gettarsi nel vuoto, senza suggerimenti dai social».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)