2024-03-14
La Ue torna alla carica sulle Pm10
La Commissione ci contesta il superamento dei valori limite nell’aria e dà due mesi di tempo al governo per provvedere. Eppure è dimostrato che il traffico non c’entra.L’ossessione green della Ue non ha un limite. Non basta la normativa sulle case a zero emissioni che impone, nell’ambito delle ristrutturazioni, di cambiare anche le caldaie bandendo, nel breve termine, quelle a gas e a metano. A ventiquattr’ore dal via libera della direttiva europea, ecco che un’altra tegola si abbatte sull’Italia. Il pacchetto mensile d’infrazione della Commissione mette nell’angolo il nostro governo. Il tema è quello dell’aria e delle acque reflue. Nonostante le domeniche a piedi, i divieti sempre più estesi alla circolazione nelle aree urbane, le penalizzazioni per chi ha un’auto con qualche anno, le multe salate, l’Europa ritiene che non sia stata rispettata la direttiva sulla qualità dell’aria. Il verdetto è che ci sono ancora troppi sforamenti di Pm10, le polveri sottili rappresentate da ossidi di zolfo e di azoto, ammoniaca e composti organici volatili. La Corte di giustizia aveva riconosciuto l’Italia colpevole nel 2020 ed aveva emesso una sentenza. A distanza di quattro anni, ecco che la Commissione torna sul tema, per vedere se «i compiti sono stati fatti», dicendo di aver concesso tempo sufficiente per mettersi in regola ma che questo non è stato utilizzato in modo efficace per arrivare a risultati convincenti. «Sebbene dalla data della sentenza l’Italia abbia adottato alcune misure, nel 2022 si registravano ancora superamenti dei valori limite giornalieri in 24 zone, mentre una zona segnalava superamenti dei valori limite annuali» afferma la Commissione e lancia un vero e proprio ultimatum. Il governo ha due mesi di tempo per correre ai ripari e convincere Bruxelles a non andare avanti con la procedura di infrazione. I limiti previsti dalla normativa Ue per le emissioni sarebbero stati sforati a più riprese a partire dal 2008, e da giugno 2010 si chiedevano correttivi adeguati e definitivi. Qualora il nostro Paese non dovesse mettersi in regola e quindi si arrivasse alla condanna della Corte di Giustizia, la multa sarebbe più salata proprio perché ci sono stati ripetuti avvertimenti. Una tenaglia che non lascia scampo.Eppure è stato proprio il problema delle Pm10 ad indurre gli amministratori dei comuni del Piemonte a vietare la circolazione dei diesel Euro5, tra mille polemiche per i disagi che ne seguivano. Quando poi proprio uno studio dell’Arpa Lombardia ha dimostrato come il traffico non sia la principale causa dell’inquinamento, le rilevazioni durante il lockdown pandemico hanno confermato che la riduzione delle polveri sottili è stata insignificante. Piuttosto le concentrazioni di Pm10 seguono un andamento modulato principalmente da fattori meteorologici. Quindi demonizzare l’auto sarebbe semplicistico oltre che sbagliato. L’altra comunicazione della Commissione riguarda la direttiva sulle acque reflue. Siccome «gli sforzi profusi finora dalle autorità italiane (sul trattamento dell’acqua urbana inquinata che si libera sui campi e sui fiumi) sono stati insufficienti» il Paese sarà deferito alla Corte di giustizia dell’Unione europea. La decisione è solo l’ultimo atto di un atteggiamento persecutorio di matrice ideologica che arriva, con tempismo sospetto, proprio alla vigilia del voto per il rinnovo del Parlamento europeo. Ci sono diverse procedure aperte per lo stesso motivo. Una condanna dalla Corte è arrivata a ottobre 2021 e un deferimento risale a giugno 2023.Una terza procedura riguarda le garanzie ai minori in caso di processi penali. Due mesi di tempo per adeguarsi alle norme comunitarie o il dossier va avanti.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)