2024-12-30
Pm-vescovi, alleanza pro clandestini
Patronaggio, che ordinò lo sbarco dalla Open Arms, sul giornale della Cei: «L’assoluzione del ministro è un amaro spartiacque, ora questo non sarà più un Paese accogliente e rispettoso dei diritti». Un intervento ideologico di chi invece dovrebbe essere super partes.Ma i magistrati non dovrebbero esprimersi solo attraverso atti di indagine o sentenze, senza cioè far trapelare passioni e opinioni? E invece no, c’è un procuratore della Repubblica che non tiene per sé le idee che a quanto pare guidano il suo operato, ma le mette nero su bianco, scrivendole in editoriali con cui commenta le decisioni di altri magistrati, ovviamente non prima di aver premesso di non avere alcuna intenzione di giudicare le sentenze dei colleghi. Il pm in questione si chiama Luigi Patronaggio, e per chi non lo sapesse è colui che nell’estate del 2018 salì a bordo di Open Arms, la nave all’origine del processo contro Matteo Salvini per sequestro di persona. La recente assoluzione del leader della Lega, perché «il fatto non sussiste», deve essere andata di traverso all’illustre magistrato, il quale all’epoca giudicò addirittura esplosiva la situazione a bordo della nave di proprietà di una Ong spagnola, talmente grave da indurlo a sequestrarla, far scendere i migranti e segnalare la faccenda alla Procura di Palermo. Da allora sono trascorsi sei anni, Salvini non è più ministro dell’Interno, i porti non sono più chiusi, ma dopo 45 udienze il tribunale di Palermo ha deciso che vietare a 147 migranti di sbarcare non è un reato. Dunque, l’inchiesta non aveva fondamento. Leggeremo le motivazioni e capiremo perché i giudici non abbiano ritenuto esplosiva la situazione a bordo della nave e, soprattutto, quali siano le ragioni che li abbiano indotti a bocciare su tutta la linea la tesi della Procura e dei vari Patronaggio.Sta di fatto che il pm non ci sta. Non vuole giudicare ma giudica, scrivendo un editoriale addirittura per Avvenire, il giornale dei vescovi, con i quali evidentemente c’è comunanza di visione. Un’alleanza che da un lato si spinge fino a ritenere Luca Casarini, il no global che in passato faceva a botte con la polizia, un nuovo profeta del Vangelo. E dall’altro, grazie all’organo della Conferenza episcopale italiana (pagato dai contribuenti), si spinge fino ad alcuni esponenti della magistratura. Tra questi Patronaggio. Il quale nel suo intervento su Avvenire sostiene che per colpa non di Salvini ma dei colleghi che lo hanno assolto, dal 20 dicembre il contrasto all’immigrazione clandestina non sarà più lo stesso. «Non sarà più quello che, pur nella severità dei controlli dovuti per la sicurezza nazionale, ha contraddistinto l’Italia come un Paese di accoglienza rispettoso del diritto delle genti e del mare, dei trattati internazionali e della Costituzione repubblicana». L’editoriale è un peana a favore dell’immigrazione, una summa di tutti gli argomenti usati in questi anni per sostenere la tesi secondo cui non è possibile respingere nessuno e men che meno governare il fenomeno dell’immigrazione. Le argomentazioni sono le solite, peraltro esposte in maniera ben poco approfondita, spesso usate da Ong e partiti di sinistra per sostenere un’accoglienza senza se e senza ma. Soprattutto senza verifica delle richieste di protezione internazionale, unico motivo che dia diritto a entrare in un Paese senza avere mezzi di sostentamento, né un posto dove risiedere, e dunque a carico della collettività.Se da un lato le osservazioni contenute nell’editoriale non sono una novità, a essere motivo di sorpresa è che a scriverle sia colui che esercita e ha esercitato l’azione penale, il quale oltre che indipendente dovrebbe anche essere super partes, cioè non avere interessi diretti nei procedimenti e nemmeno sostenere una tesi piuttosto che l’altra. Ma nella materia dell’immigrazione Patronaggio mostra di avere opinioni che vanno oltre un posizionamento giuridico, prova ne sia che commenta una sentenza senza che ancora siano note le motivazioni, solo per la ragione che ha assolto Salvini. Patronaggio non si capacita che il caso di cui lui si era occupato sia stato definito «un fatto che non sussiste». Nessun sequestro di persona, nessun diritto da parte di una Ong a pretendere di sbarcare in Italia anche se vi sono a disposizione altri approdi «sicuri». Il «caso Patronaggio» (è lui stesso a riconoscere che le sue parole lo esporranno a critiche e censure) svela quanto di ideologico ci sia, anche da parte della magistratura, sul tema dei migranti. E quanto di fronte a una sentenza «sorretta sia in punta di fatto che di diritto da una inappuntabile coerenza» (lo scrive Patronaggio), si saldino le voci di una sinistra estrema con quella dei vescovi e di certi giudici. Uno schieramento che nel nome dei migranti si oppone al governo del Paese. E impedisce un’azione che ormai, in tutta Europa, si rende non solo politicamente utile, ma economicamente e giudiziariamente necessaria.
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)
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