2023-08-05
«Spiate» su Crosetto: le piste su Diotallevi e la camorra
Il capo della Procura di Perugia, Raffaele Cantone (Imagoeconomica)
Nell’appunto gli incroci dei fratelli Mangione (soci del titolare della Difesa) coi vecchi boss della banda della Magliana. Il report cita pure i riciclatori romani del clan Contini.Nell’inchiesta sul finanziere Pasquale Striano è entrato anche l’appunto di 13 pagine compilato dall’investigatore sui fratelli Mangione, Giovanni e Gaetano, soci del ministro della Difesa Guido Crosetto in tre società che offrono servizi di bed and breakfast: la Apollinare Srl, la Torsanguigna Srl e la Zanardelli Srl.In queste tre ditte hanno quote anche due ex calciatori della Lazio, Giuseppe Favalli e Giuliano Giannichedda. Crosetto detiene il 28 per cento di tutte e tre. Striano tenta di stabilire un collegamento tra il noto Ernesto Diotallevi, ex Banda della Magliana (finito pure nell’indagine sul crack del Banco Ambrosiano e poi assolto), e i fratelli Mangione. Il vecchio boss viene descritto così: «Diotallevi, interfaccia economica sul fronte del riciclaggio di denaro illecito, per conto e non solo, del noto boss palermitano Pippo Calò, emerge nell’operazione Mondo di mezzo, per i suoi persistenti contatti con Massimo Carminati, il suo uomo di fiducia Riccardo Brugia e con tale Giovanni De Carlo, assidui frequentatori del ristorante Met dei Mangione».L’elemento di collegamento sarebbe dunque De Carlo, indicato come «erede» di Diotallevi. Ma anche come «vicino» al «noto Michele Senese», pure lui «frequentatore del Met». Nel report viene riportata una intercettazione di Mafia Capitale nella quale Diotallevi esclama: «Materialmente conta Giovanni… sta su tutti i tavoli». Il Met è a Ponte Milvio, già gestito dalla Prado 3, «fallita nel 2017 (oggi risulta cessata, ndr) e oggetto di ordine di esibizione di documentazione bancaria da parte della Procura di Roma». Il report di Striano ne riporta la vecchia compagine: «Figurano quali soci Giovanni e Gaetano Mangione, Francesco Giampaolo e Marcello Nicotra», mentre l’amministratore unico «risulta essere Franco Narducci». Striano sottolinea anche che «questi ultimi» sarebbero stati «già indicati quali professionisti ed esperti in attività commerciali e bancarie, veri e propri colletti bianchi al servizio dell’organizzazione capeggiata da Fausto Pellegrinetti». E per mettere un po’ di polpa nella ricostruzione ricorda che quel passaggio «emerge dalle attività investigative di cui all’operazione Malocchio». Il Met è un locale sorto sulle ceneri dello storico ristorante Vigna dei Cardinali, che negli anni ‘80 si era trasformato in una bisca clandestina che gravitava nell’orbita della banda della Magliana, e che poi è stato frequentato da vip e calciatori. «Uno showroom per buongustai», lo definisce Gambero Rosso, annotando pure che «accoglienza e comfort» sono «sapientemente mescolati tra loro per creare un universo completo di attese e bisogni».«De Carlo e i suoi amici là dentro sono di casa, non sembrano clienti», ammette un loro conoscente. I due fratelli sono soci in tre aziende di Danilo Maglio e precisamente nella Pantheon, nella Rotonda e nella Stay. Tutte impegnate nel settore della hospitality. Ma Maglio nell’appunto consegnato dal finanziere indagato Pasquale Striano ai magistrati della Procura di Roma e della Procura nazionale antimafia è descritto come un personaggio molto particolare. Infatti, a detta del militare, «è stato indicato come soggetto di fiducia di Domenico Gallo, unitamente a Simone Laureti, entrambi ed attualmente soci dei fratelli Mangione in altrettante società che operano nel settore degli affittacamere». Maglio nella cosiddetta Operazione Amalgama della Dda di Roma sarebbe stato individuato come «uomo di fiducia» di Gallo. Invece nell’Operazione Il Sistema della Dda dell’Aquila «in qualità di rappresentante legale (dall’aprile del 2013) della Aventino suite Srl, avrebbe ricevuto, quale testa di legno, somme di denaro dall’associazione a delinquere capeggiata da Vincenzo Ruggiero, ritenuto esponente di famiglie di ‘ndrangheta operanti in Roma». Domenico Gallo è un imprenditore del settore del calcestruzzo e degli asfalti. Partito da Bovalino, paesello della provincia di Reggio Calabria, si è mosso molto al di là della Salerno-Reggio Calabria. In direzione Nord. Inseguito dalle inchieste calabresi e non, si è ritrovato spesso nei guai. La Procura antimafia di Reggio Calabria, per esempio, nel 2018 ha emesso un provvedimento di sequestro nei suoi confronti (e nei confronti di un altro imprenditore, anche lui calabrese) per ben 212 milioni di euro. Negli atti dell’inchiesta, Gallo viene indicato come «indiziato di contiguità» con le cosche calabresi Piromalli e Zagari-Fazzalari. Un collaboratore di giustizia lo aveva definito «il miliardario del bitume», che sarebbe riuscito a creare «un’amalgama» con esponenti «della ‘ndrangheta, rappresentanti della pubblica amministrazione e faccendieri». Sin dal 1985 le informative lo indicavano quale «emergente elemento di spicco» di una presunta alleanza tra imprenditoria mafiosa e mondo politico-amministrativo. E, nel corso degli anni, finisce in ben sette inchieste (alcune delle quali si sono risolte per Gallo in modo positivo): Cumbertazione, Martingala, Waterfront, Chaos, Amalgama, Arka di Noè e Red Line. Ma sulle cronache nazionali Gallo ci è finito per un’altra indagine, del 2018. Gli inquirenti, che si stavano occupando degli appalti per la linea ferroviaria ad alta velocità Milano-Genova, la ribattezzarono prima «Terzo valico» poi «Amalgama». E, dopo un interrogatorio, finì tra gli indagati pure Andrea Monorchio, ex ragioniere generale dello Stato ed ex presidente di Infrastrutture spa, società a partecipazione pubblica costituita per il finanziamento delle grandi opere. Tra le figure definite «chiave» dagli investigatori compare proprio Gallo. In alcuni casi, ipotizzarono gli inquirenti, nei cantieri sarebbero arrivate betoniere cariche di cemento «che sembrava colla». Ma le storie interessanti non sono finite. Gaetano Mangione è stato socio al 40 per cento della Spagna Suite Srl (affittacamere), ma solo per pochi mesi. Nel dicembre 2010 ha ceduto le quote a tale Paola Cardinale, moglie di Salvatore Righi, classe 1959, napoletano doc con una passione per le pizzerie. Come i suoi fratelli, che sono anche i suoi compagni nelle avventure (e disavventure) imprenditoriali, Antonio e Luigi. Il gruppo, secondo l’accusa, aveva preso in mano ristoranti, gelaterie e pizzerie nel centro di Roma. Grandi affari quelli della holding Pizza Ciro. Finché non sono saltati fuori presunti rapporti con famiglie della camorra imprenditoriale: i Contini dell’Alleanza di Secondigliano e, solo in parte, con i Mazzarella. Nel 2014 scattano i sigilli. Il sequestro di beni viene stimato in 7 milioni di euro. E loro conquistano il soprannome di «Re delle pizze». Solo pochi mesi prima era finito in manette Edoardo Contini, che gli inquirenti indicano come il capo della cosca, e i fratelli Righi erano stati individuati come il loro «terminale romano». Ma dall’inchiesta è emerso che i fratelli Righi la pensavano in grande. Per svoltare davvero sognavano di vendere pizze surgelate ai cinesi. Nel frattempo, a leggere le 2.000 pagine della Procura di Napoli, avrebbero portato a termine investimenti milionari nell’Europa dell’Est. Ma quando tornavano a Napoli, i Righi avrebbero potuto contare su un punto d’appoggio: la sede della società sportiva Mario Keller. E lì, secondo gli inquirenti, sarebbero avvenuti anche incontri con i camorristi.
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