2023-05-09
Pignorata la casa della legalità di Impastato
Sull’immobile dove abitava il giornalista ucciso dalla mafia esattamente 45 anni fa grava un’istanza di sequestro per un debito di 130.000 euro contratto dal fratello Giovanni. E adesso la Sicilia rischia di dover pagare per esercitare il diritto di prelazione.Il 9 maggio di 45 anni fa a Cinisi, una località non distante dal luogo dell’attentato al giudice Falcone, veniva ucciso Peppino Impastato. Era finito nel mirino di Don Tano Badalamenti, gran boss della mafia palermitana, infastidito dai toni irriverenti che gli venivano tributati dai microfoni di «Radio Aut». I partecipanti al ricordo, come al solito, reciteranno la liturgia dell’anti-mafia. Quest’anno resa ancora più solenne dall’arresto di Matteo Messina Denaro. Il boss dei boss.Chissà, però, cosa penserà il buon Peppino, che si è immolato in tempi assai difficili sull’altare della lotta alla mafia, di quello che sta succedendo dietro le quinte della rappresentazione. La sua «Casa Memoria» (quella dove abitava, poi trasformata in una sorta di museo) a breve sarà pignorata per un debito di 130.000 euro contratto dal fratello Giovanni. Una conclusione che non è proprio una preghiera alzata al cielo. La sentenza definitiva del giudice Antonina Giardina, del Tribunale Civile di Palermo, arrivata vent’anni dopo l’avvio del contenzioso, ha stabilito che Giovanni Impastato è insolvente per un debito di poco meno di 130.000. Il creditore si chiama Dario Veca, che dopo aver gestito un’impresa di vigilanza privata, ha deciso di seguire la sua passione. Fa l’attore e ironia della sorte, nel film I Cento Passi, dedicato proprio al giovane militante di Democrazia Proletaria ucciso dalla mafia, impersonava il braccio destro di don Tano Badalamenti ovvero «Tano Seduto».Ed ecco la storia. Dario Veca nel dicembre del 2000 firma un preliminare per l’acquisto di un immobile ereditato da Impastato che si trova vicino alla stazione ferroviaria di Cinisi. Il rogito viene rinviato più volte nonostante l’acquirente avesse versato al venditore, considerato il blasone di sacralità acquisita dalla famiglia del debitore, 420 milioni di lire, l’intero valore dell’immobile. Dopo 7 anni, nel luglio del 2007, Giovanni Impastato comunica a Veca che non può stipulare il rogito perché sull'immobile grava un’ipoteca. Si impegna però a restituire entro maggio del 2008 l’intera somma. Giovanni Impastato, che gestisce la pizzeria di famiglia, rimborsa poco più di 79.000 euro. Per la parte restante, emette assegni che risulteranno a vuoto. Veca non li manda in protesto un po’ per l’amicizia che c’è tra i due e un po’ perché spera che Impastato mantenga la promessa di fargli ottenere una partecipazione di rilievo a cinema o in televisione grazie alle conoscenze che sostiene di avere con sceneggiatori e registi di grido. Giovanni Impastato non può pagare perché è in difficoltà con la sua pizzeria: cause di lavoro con ex dipendenti perse e cifre importanti da versare per lavori di adeguamento nel locale. La pizzeria viene anche chiusa perché la licenza commerciale risulta irregolare. Il locale ricade nel territorio di Villagrazia di Carini mentre il vecchio Impastato l’aveva chiesta all’amministrazione di Cinisi dove poteva contare su occhi e orecchie compiacenti. Adesso anche la licenza è stata sistemata. Ma sono serviti soldi e tempo. Dario Veca a questo punto capisce che le speranze di recuperare il credito si affievoliscono. Incarica gli avvocati di pignorare i beni di Impastato, inclusa «Casa Memoria» che Giovanni ha ricevuto in eredità dopo la morte della madre Felicia, divenuta a sua volta un’icona dell’anti-mafia. Il 29 gennaio del 2021 arriva la sentenza, ormai inappellabile, del giudice Giardina con la quale si condanna Giovanni Impastato a restituire a Veca i 129.410 euro. Il debitore chiede di restituire il debito a rate mensili di 250-300 euro. «A un certo punto», racconta il creditore, «ho deciso di interrompere questa modalità di restituzione. Ci sarebbero voluti 45 anni per estinguere il debito, io ne ho già 65, e non credo realisticamente di poter arrivare a 110 anni». Parte così la procedura per la vendita forzata. Quando tutto sembra perduto e il pignoramento della «Casa Memoria» ormai inevitabile, arrivano i soccorsi. La Regione Siciliana si dichiara disponibile ad esercitare il diritto di prelazione sull’immobile dove ci sono 140 reperti legati alla vicenda di Peppino già vincolati dalla Soprintendenza di Palermo. Giovanni Impastato da noi contattato per avere la sua versione dei fatti ha risposto inoltrando via whatsapp la pagina di un libro nella quale è scritto: «Su Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato è stato apposto il primo vincolo quale bene culturale, testimonianza della storia collettiva e simbolo della lotta contro la mafia». Insomma se tutto dovesse andar male ci penserà la Regione a sanare la situazione. Giovanni Impastato gioca anche la carta giudiziaria accusando Veca di usura. Le indagini, fino a questo momento non sono approdate a nulla, pur essendo passati i sei mesi prescritti per le indagini più i sei mesi della proroga. Giovanni Impastato, come tante madonne pellegrine dell’antimafia, è conteso da istituzioni, mondo associativo e culturale. Gira le scuole per raccontare quale grande esempio ha dato il fratello Peppino nella lotta contro la mafia fino al sacrificio estremo per affermare la legalità in un territorio allora dominato dalle famiglie mafiose. E lui cosa può raccontare? Di aver avuto un’amnesia persistente? Il corpo di Peppino fu ritrovato lo stesso 9 maggio in cui fu abbandonato in via Fani a Roma dentro una Renault 4 il corpo di Aldo Moro, ucciso dalle Brigate rosse al termine della sua prigionia.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.