
L'esecutivo medita di ridurre il costo del lavoro fino a 25.000 euro di reddito familiare alzando gli stipendi netti del 5%. Aliquota unica al 15% fino a 50.000 euro. I nuclei con figli perderebbero però le detrazioni: a loro converrà l'opzione mista con imposizione al 20%.«Gli ultimi dati Istat sull'occupazione ci confortano ma, naturalmente, siamo coscienti del fatto che molto rimane da fare» ha detto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nel suo intervento all'assemblea dell'Ania, l'Associazione nazionale tra le imprese assicuratrici. Parlando della produttività italiana, il premier ha sottolineato l'esigenza di affrontare alla radice le cause strutturali che la frenano da anni. Tradotto: burocrazia e fisco. Un punto, questo, che è anche l'ultimo tema di scontro tra Lega e 5 stelle. All'indomani dell'incontro con i sindacati il premier si è limitato a dire di voler avviare «una riforma organica del sistema fiscale e una congrua riduzione del cuneo fiscale». In sostanza le idee sono ancora confuse per almeno due motivi. Il primo riguarda le risorse da reperire per coprire il buco di gettito, almeno nella fase iniziale. E il secondo è nel merito: La Lega spinge più per la flat tax, mentre i 5 stelle per il taglio del cuneo fiscale. Così è già partita la tradizionale attività di mediazione di Conte e del ministro competente, Giovanni Tria. Il punto di caduta potrebbe essere la composizione di un nuovo schema fiscale a macchia di leopardo e a opzione facoltativa. Fino a 25.000 euro di reddito lordo annuo, l'unico intervento sarebbe quello sul cuneo fiscale. Mentre da quella soglia in su e fino a 50.000 di reddito familiare lordo si applicherebbe l'aliquota unica del 15% su tutto l'imponibile tassato. La riforma fiscale collegata a questi due pilastri costerebbe tra gli 8 e gli 11 miliardi di euro, a seconda di quante famiglie decidessero di optare per l'aliquota unica, rinunciando alle detrazioni e deduzioni attuali. Nello scenario modale le minori entrate sarebbero compensate, in parte, da 1,5 miliardi di maggiori entrate derivanti da una crescita dei consumi delle famiglie. Il costo netto si aggirerebbe tra i 7 e i 9 miliardi di euro. I maggiori beneficiari sarebbero le famiglie con un solo percettore che abbia un reddito fino a 50.000 euro (la cui aliquota reale oggi è pari a circa il 25%) e le famiglie con due o più percettori (la cui aliquota media odierna è intorno al 17%). La riforma creerebbe, quindi, uno scalone fiscale tra i nuclei della classe media, mediobassa e le classi più elevate, riducendo le distanze tra il secondo e terzo quintile di reddito netto equivalente, rispetto al quarto e al quinto. Tradotto dal linguaggio «fiscalese» significa che una famiglia con un solo percettore di busta paga e con un reddito non superiore ai 15.000 euro lordi pagherebbe il 5% di tasse: intervenendo sul taglio del cuneo non si toccherebbero le detrazioni né le deduzioni. Resterebbe comunque un po' di progressività fino ai 25.000 euro annui, soglia fino alla quale la pressione arriverebbe al 13% invece del 18. Per le famiglie che deciderebbero di avere l'aliquota unica al 15% il calcolo sarebbe presto fatto, perderebbero però tutte le agevolazioni fiscali e renderebbe la riforma svantaggiosa soprattutto se si ha più di un figlio a carico. A meno che optino per il taglio del cuneo fino a 25.000 euro dicendo no alla flat tax. Scelta che consentirebbe comunque una riduzione delle pressione complessiva dall'attuale 25% al 20 circa, riguardando il 50% delle famiglie italiane. Il percorso per arrivare a una riforma così complessa non è per nulla semplice. Innanzitutto per via delle coperture. La misura, secondo uno studio commissionato a Tecnè, determinerebbe una spinta positiva sui consumi dello 0,3-0,4% con una crescita significativa di quelli non-alimentari. Ecco perché resterebbero da trovare (al netto del taglio delle tax expenditures) circa 9 miliardi. Da qui l'idea di riavviare la macchina dei condoni a cui i 5 stelle però si oppongono. Sulla pace fiscale «c'è ancora da fare. Dare una mano alle imprese che non riescono a pagare. Mi auguro però che nessuno si inventi strani discorsi come condoni o operazioni di libertà», ha detto il vice ministro all'Economia, Laura Castelli, bocciando di fatto la strada di un nuovo scudo fiscale eccetto il rinnovo della rottamazione delle cartelle (che arriverebbe alla quarta edizione). Sul tema sono intervenuti anche i sindacati che si sono detti aperti a una opzione mista tra taglio del cuneo e aliquota al 15%. «Il governo è sulla buona strada, ma serve una vera e propria riforma fiscale, che riguarda anche la flat tax», ha commentato il segretario dell'Ugl, Paolo Capone. «Per agire bene è necessario promuovere una sorta di patto per il lavoro con tutte le parti sociali al fine di realizzare un piano per la ripresa economica del Paese. In tal senso, è fondamentale agire sui salari con una manovra choc che ne rafforzi il potere d'acquisto, attraverso anche il taglio del costo del lavoro per le imprese volto a incoraggiare le assunzioni». Vedremo come si metteranno d'accordo Lega e 5 stelle.
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Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.