2022-10-13
Pfizer sapeva che i vaccini non fermano la trasmissione: «Mai fatti test sui contagi»
Albert Bourla, che doveva dar conto degli sms con Ursula von der Leyen, evita l’Europarlamento. Ma la sua manager confessa: nessun trial sulla prevenzione dell’infezione è mai stato richiesto.«Cosa aspetta la magistratura ad intervenire?». La domanda del professor Giovanni Frajese, sospeso dal lavoro e dallo stipendio insieme con altre centinaia di migliaia di cittadini italiani, è senza risposta da un anno. Oggi si fa ancora più urgente dopo la clamorosa quanto disinvolta ammissione della rappresentante di Pfizer, Janine Small, alla commissione Covid del Parlamento europeo. Small è una figura commerciale apicale nell’azienda farmaceutica guidata da Albert Bourla: è la manager che si occupa del marketing Pfizer nei mercati esteri. L’eurodeputato Rob Roos, del partito conservatore Erc (European conservatives and reformists, cui fanno parte anche i deputati guidati da Giorgia Meloni) le ha rivolto una domanda secca: «Il vaccino Pfizer contro il Covid, prima di essere immesso sul mercato, è stato testato sulla prevenzione non soltanto della malattia ma anche della trasmissione del virus? Sì o no?». Janine Small ha candidamente replicato, quasi stupita, concedendosi anche una risata beffarda: «Mi chiede se sapevamo se il vaccino interrompesse o no la trasmissione, prima di immetterlo sul mercato? Ma no (risata)! Sa, dovevamo davvero muoverci alla velocità della scienza!». «La confessione di Small è di una gravità inaudita» dichiara Roos alla Verità - perché per la prima volta si è ammesso che le istituzioni hanno formalmente discriminato senza alcuna base scientifica. I nostri governi hanno perpetrato abusi e sottratto i mezzi di sostentamento ai cittadini, privandoli anche della loro vita di comunità, sulla base di questo assunto». «Questa è la dimostrazione che il mondo intero è stato sottoposto a un’incredibile campagna di disinformazione - aggiunge l’eurodeputato dell’Erc Cristian Terheș - - e Pfizer, insieme con i governi nazionali, ha mentito su ciò che questi prodotti medici possono fare e realmente fanno. Ma noi continuiamo a vigilare». Secondo Roos, le responsabilità sono condivise: «Da un lato, Pfizer ha guadagnato cifre enormi, soldi dei contribuenti, approfittando della situazione. Ovviamente hanno sempre saputo che non c’erano evidenze che il vaccino prevenisse anche l’infezione: non sono stati trasparenti. Dall’altro lato, però, i governi hanno agito come se queste evidenze ci fossero e hanno diffuso disinformazione istituzionale vessando i cittadini. Le vessazioni non sono colpa di Pfizer, ma dei governi». A cominciare da quello italiano: il presidente del Consiglio Mario Draghi, nell’annunciare il provvedimento, aveva assicurato che il green pass non era «un arbitrio», per carità, ma una misura attraverso la quale, ipse dixit, «i cittadini possono continuare a svolgere attività, con la garanzia (sic) di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose». Francesca Donato, anch’essa membro della commissione Covid, racconta: «Siamo sorpresi che Janine Small ci abbia risposto perché quella domanda la avevamo posta decine di volte. Da queste dichiarazioni si capisce che ab origine c’era la perfetta consapevolezza che questo vaccino non prevenisse il contagio. Quindi tutta la comunicazione e lo stigma morale riverberato con violenza sui cittadini attraverso i media è stata una gigantesca truffa, che non ha precedenti storici».Draghi non è stato l’unico capo di governo a condannare i cittadini dissidenti: sulla stessa scia anche Emmanuel Macron, che con pregevole eleganza disse di voler «far incazzare i non vaccinati» e Joe Biden, che cristallizzò lo stigma con la famosa definizione di «pandemia dei non vaccinati». Nei loro Paesi, però, non è stato impedito ai cittadini di lavorare. E soltanto da noi le misure vessatorie hanno colpito anche i minori, evocando proprio quella «protezione dal contagio» come fine ultimo delle misure adottate: il decreto 52 che ha istituito il green pass ha posto come obiettivo quello di «contenere e contrastare l’emergenza epidemiologica da Covid-19», mentre il dl 44/2021 ha decretato l’obbligo vaccinale per favorire la «prevenzione del contagio da Covid-19».«Con questa confessione», secondo Rob Roos, «i cittadini devono ricorrere in tribunale e dire: ho perso il mio lavoro a causa di una legge che non poggia su basi scientifiche». «I cittadini italiani e di tutti gli altri Paesi - rincara Terheș - devono ritenere i loro rappresentanti eletti i primi responsabili di ciò che è stato fatto loro. Le persone sono state discriminate, molte adesso stanno subendo gravi effetti avversi, alcune sono morte. Questi politici che hanno giocato con la vita delle persone non devono mai più essere eletti in alcuna carica pubblica». «Che il vaccino non prevenisse il contagio tecnicamente è una non-notizia - precisa Francesca Donato - perché è una evidenza scientifica ed empirica che tutti conoscevano, e noi al Parlamento europeo lo diciamo da più di un anno. Formalmente, però, ha un peso enorme perché sulla base di questa confessione ogni obbligo deve essere tolto seduta stante».Sono parecchi mesi che gli europarlamentari di questa commissione attendono di poter incontrare i rappresentanti delle case farmaceutiche. L’assenza di Albert Bourla, su cui Janine Small ha glissato, è stata duramente contestata dai deputati, che l’hanno interrogata anche sulla questione degli sms scambiati tra Ursula von der Leyen e il ceo di Pfizer: «Durante la pandemia lavoravamo tutti da casa - si è giustificata Small - il dottor Bourla ha dato il suo numero a tutti i leader europei, e l’ho fatto anche io. Nego però categoricamente che ci sia stato un negoziato sui contratti tramite sms. Le procedure in Pfizer, e anche nelle istituzioni Ue, sono complesse, non è possibile negoziarle per sms. Non ho idea di quanti sms siano stati scambiati, non li ho mai contati». «Ursula von der Leyen si è perfino rifiutata di consegnarli alla Mediatrice europea - racconta Francesca Donato - che come lei rappresenta le istituzioni, sostenendo che non erano documenti ufficiali. Quest’interpretazione è stata definita dalla stessa mediatrice “arbitraria”». Come tutta la gestione della pandemia, insomma.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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Lo ha detto il vicepresidente esecutivo della Commissione europea per la Coesione e le Riforme Raffaele Fitto, a margine della conferenza stampa sul Transport Package, riguardo al piano di rinnovamento dei collegamenti ad alta velocità nell'Unione Europea.