2022-06-15
«Peschiera è il destino dell’Occidente. Se importi l’Africa, diventi l’Africa»
Laurent Obertone (Telegram)
Parla Laurent Obertone, autore del romanzo choc sul caos migratorio, «Guerriglia»: «In Francia abbiamo violenze tra bande tutti i giorni. L’antirazzismo fornisce scuse ai colpevoli. L’errore più grande? Delegare tutto al mostro statale».Nel 2010, Michel Houellebecq lo presentò a Nicolas Sarkozy come «il polemista di domani». Ebbene, quel domani è oggi. Laurent Obertone è diventato famoso in tutta Europa con Guerriglia, un romanzo che appartiene all’ormai affollato filone della distopia a tema caos etnico (in italiano l’ha pubblicato Signs Publishing, che ne sta anche traducendo il secondo capitolo). Nella sua produzione saggistica troviamo titoli come La France interdite, Éloge de la force: Renverser l’histoire o Game Over: La révolution antipolitique. Gli abbiamo fatto vedere le immagini di Peschiera del Garda ed ecco cosa ci ha predetto sul futuro dell’Italia. Cosa le fanno venire in mente le immagini dei disordini del 2 giugno?«Credo che questo genere di «incidenti» sia il futuro di tutto l’Occidente. È impossibile far venire popolazioni dal terzo mondo senza diventare il terzo mondo... In Francia abbiamo violenze tra bande tutti i giorni, linciaggi, aggressioni «gratuite», traffico di carne di animali selvatici, sessioni voodoo finite male, corse clandestine, matrimoni per cui si bloccano le autostrade o si spara con i kalashnikov, quartieri interamente gestiti dai trafficanti, etc. La logica dell’immigrazione di quantità, spesso di livello catastrofico, di cultura arcaica e soggetta a importanti squilibri mentali, non può che condurre a tali risultati».Molti intellettuali e giornalisti hanno sostenuto che se i giovani magrebini non si sentono italiani, è colpa nostra. In Francia ci siete passati prima di noi: secondo lei è vero che le politiche antirazziste e l’inclusione possano ridurre l’aggressività degli immigrati?«Una semplice constatazione: l’antirazzismo è apparso negli anni Ottanta, sotto l’impulso - elettoralista - del presidente Mitterrand. Le violenze contro le persone sono esplose in quel periodo, un aumento costante durante diversi decenni in cui ogni anno si battono tutti i record dell’anno passato. Certo, si può sempre affermare che sia la coda che muove il cane, ma io dico chiaramente che è il contrario. I quartieri diventano quello che sono i loro abitanti, non il contrario. L’antirazzismo, fornendo delle scuse già pronte, chiamando colpevoli le vittime e vittime i colpevoli, motiva le violenze e fa pesare sul dibattito pubblico come sui media un timore di dire le cose come stanno. Tutti preferiscono dunque censurarsi e le vittime ne fanno le spese».Nelle banlieue francesi c’è un grave problema di radicalismo islamico e di terrorismo. In Italia, questi fenomeni sono ancora marginali, più che altro assistiamo a criminalità immigrata comune o al massimo «tribale». Pensa che la propagazione dell’islam radicale sia la prossima tappa?«Qui da noi questa tappa è già stata raggiunta, specialmente tra i giovani. Le frontiere con la delinquenza sono molto porose. Tutti i giorni, dei francesi subiscono attacchi all’arma bianca - 120 al giorno! - e nessuno parla di questo terrorismo quotidiano. Alla base c’è peraltro più o meno la stessa logica di dominio territoriale e tribale, motivata ora con il discorso sul «razzismo sistemico», ora con l’idea che i miscredenti non valgono niente».Che idea si è fatto di quello che è successo a Parigi la sera della finale di Champions league, con tentativi di entrare senza biglietto e assalti alle famiglie di tifosi da parte di giovani delle banlieue?«È una cosa che ha sorpreso solo gli addormentati. Un’ennesima dimostrazione dell’inselvatichimento della nostra nazione. In Francia, ogni evento è quasi sempre pretesto per tali «derive». È significativo che il riflesso del potere sia di mentire, mentre i media eludono o minimizzano, e che la giustizia si faccia completamente da parte. Bisogna sapere che quest’ultima non ha chiesto le immagini di videosorveglianza dei dintorni dello stadio e dei trasporti pubblici nell’arco della scadenza legale di sette giorni. Quelle immagini sono dunque state distrutte. Ahimè, si preferisce combattere l’informazione per non mettere in discussione il nostro «vivere insieme», che è uno scacco totale. Ne ho fatto esperienza con il mio primo libro, La France Orange Mécanique, in cui denunciavo l’insicurezza, il lassismo giudiziario, il legame con l’immigrazione di massa e la pressione antirazzista per non parlarne, pressione che è molto vicina alla complicità».Il suo romanzo, Guerriglia, deve quindi essere considerato un libro profetico, come Il campo dei santi di Raspail?«Diciamo che, contrariamente a Raspail, che era un visionario, qui la profezia è molto a breve termine. Penso che il crollo abbia buone chance di prodursi nei prossimi anni e di essere brutale. È difficile immaginare il dopo, per quelle creature domestiche e super-dipendenti che noi siamo. Assolutamente nessuno è pronto per questo. È l’enorme conseguenza di aver delegato tutto a quel mostro che è lo Stato: il giorno in cui questo padrone crolla - e adesso è certo che crollerà - il gregge senza pastore sarà perduto».Cos’è la «rivoluzione antipolitica» di cui lei parla nel suo ultimo libro?«Un principio semplice: in decenni di «democrazia», il cittadino è stato sempre perdente, lo Stato sempre vincitore. Non solamente il cittadino non ha alcun mezzo per farsi rispettare, ma gli si impone tutto quello che egli non vuole: la persecuzione fiscale, l’immigrazione, l’insicurezza, l’inflazione, il crollo del capitale sociale, etc. In cambio di una volgare scheda elettorale, oggi tutto ci sfugge. Il gioco politico è totalmente controllato dai media, quindi dallo Stato, poiché il panorama dei media è totalmente dipendente dal denaro pubblico e da pochi finanziatori vicini al potere. È giunto quindi il momento di smettere di giocare a questo gioco, in cui troppe persone lucide a priori ripongono tutte le loro speranze. Il mio libro Game Over - La rivoluzione antipolitica incoraggia il lettore a prendere il controllo, a riprendere il potere al di fuori del campo politico. Smettendo di aspettare che un messia o un uomo della provvidenza esca dalle urne. È prima di tutto una lotta contro se stessi».A quale libro sta lavorando in questo momento?«Ora lavoro a Guerriglia 3, la fine della trilogia. Non era prevista, ma la domanda dei lettori è stata forte. Io stesso mi domando come possa evolvere quella situazione, mi sforzo dunque di trovare delle risposte, sempre basandomi sul lavoro di informazione, e sulla psicologia umana. Se la guerriglia non scoppia davvero a breve, ho molti altri progetti, tutti basati sull’idea di riarmare i nostri spiriti contro ciò che ci aspetta».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)