Guida alla personalizzazione di maglie, jeans e capi di abbigliamento
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Un tempo sinonimo di lusso, oggi i capi d'abbigliamento su misura e personalizzati sono sempre più diffusi. Una ricerca di Deloitte spiega come con l'avvento dei social network i consumatori siano divenuti sempre più esigenti, critici, creativi e soprattutto alla costante ricerca di un prodotto unico che li differenzi dalla massa.
Valentina Nuzzi di Fedorami crea tshirt bianche ricamate a mano con scritte simpatiche. Il suo business, partito da Milano, ha già conquistato la Cina. «È come plasmare una tela, è divertente leggere le frasi - spesso incomprensibili - che mi vengono inviate perché tutte raccontano una storia diversa».
Collane, anelli, bracciali, orecchini: tutto può diventare tailor-made. Il marchio Parure propone i choker con le lettere del proprio nome, Apm Monaco crea bracciali rigidi con lettere in swarovski.
Anche il ready to wear cede alla moda del personalizzato. A lanciare la tendenza Atelier Notify che crea personalizzazioni con ricami, patch, e borchie amatissimi dalle star di tutto il mondo, da Gisele Bundchen a Linda Evangelista e Nicole Kidman.
Il lettering, ovvero l'arte di personalizzare con le proprie iniziali o il proprio nome degli oggetti, colpisce anche i bagagli. My Style Bag stampa e ricama la propria cifra su borse da viaggio di ogni tessuto e dimensione.
Perché non pensare di rendere unica anche la biancheria intima? Chité crea slip in taffetà di ogni colore con frasi cucite con fili coloratissimi.
Lo speciale contiene sei articoli.
Un tempo sinonimo di lusso e raffinatezza estrema, i capi di abbigliamento su misura sono oggi sempre più diffusi, specie grazie all'ecommerce. In Italia questo mercato è in forte crescita: secondo uno studio realizzato lo scorso anno dall'istituto Piepoli per il Fashion Tech Insights di Lanieri, piattaforma che vende online abiti maschili su misura, tra il 2016 e il 2017 quattro italiani su 10 hanno scelto di comprare abbigliamento e accessori personalizzati o creati su misura online, in molti casi facendosi guidare dai chatbot, algoritmi in grado di gestire in tempo reale le conversazioni tra cliente e azienda. Tra gli amanti del made to measure si registra una lieve prevalenza dei maschi (40%) sulle femmine (37%); il 54% degli acquirenti sono millennial, il 49% sono persone tra i 35-54 anni e il restante 19% sono over 54. Secondo lo studio, il 4% degli Italiani spende fino a 1000 euro all'anno per la moda online personalizzata, per un giro d'affari che si aggira attorno ai 2,4 miliardi di euro. La moda online su misura piace soprattutto ai consumatori più giovani: quasi la metà dei millennial è infatti disposto a pagare fino al 40% in più per acquistare online articoli su misura e 1 su tre dichiara di spendere fino a 500 euro all'anno per questi prodotti. Che non sono sempre più costosi della media: il 23% dei millennial, infatti – contro il 6% degli over 54 – preferisce i servizi di personalizzazione online perché permettono di risparmiare rispetto all'acquisto in un negozio fisico. Tra questi, il 24% è anche disposto ad aspettare di più per avere il proprio capo su misura ordinato online, preferenza indicata invece solo dal 3% del cluster più anziano. Chiaramente, però, il prezzo non è la variabile principale che guida la ricerca di capi su misura: per gli acquirenti conta soprattutto l'unicità del prodotto, indicata da un terzo del campione preso in esame dalla rilevazione, seguita dalla soddisfazione di poter personalizzare il proprio capo in ogni dettaglio (29%) e dal desiderio di esprimere la propria personalità (25%). Per comprare questi prodotti il 47% degli intervistati preferisce affidarsi a negozi online specializzati, invece che ai grandi operatori della moda online. Un altro fattore determinante è la qualità: il fatto che i capi siano made in Italy è una garanzia che aiuta il consumatore a superare la diffidenza su un capo che non si può toccare con mano prima dell'acquisto. Tra gli aspetti più controversi per gli italiani c'è la questione della sicurezza e della privacy: il 55% del campione si è detto infatti preoccupato della quantità di informazioni usate dalle aziende a scopi di marketing, mentre il 42% ha dichiarato di non avere problemi rispetto all'utilizzo delle proprie informazioni personali, se vengono usate per promozioni di capi personalizzati sui propri gusti, e il 34% si è detto disponibile a condividere i propri dati personali sulle piattaforme per avere l'assistenza di un chatbot. Per quanto riguarda il budget, i più restii a spendere per acquisti personalizzati sono le donne e gli over 54: il 76% delle intervistate e l'81% del cluster più anziano del campione non spendono più di 200 euro all'anno, mentre gli uomini scelgono spesso queste soluzioni anche per gli acquisti di capi destinati al lavoro e ad altre occasioni formali. Nonostante gli italiani siano storicamente molto attenti alla qualità degli abiti e alla moda, la crescita del made to measure è un fenomeno conclamato anche in altri mercati. Come il Regno Unito, dove a quanto rivela una ricerca condotta da Deloitte (Made-to-order: the rise of mass personalisation), «i consumatori, spinti dalla diffusione dei social network e dei device digitali, vogliono sempre più indicare con precisione cosa vogliono, quando e come lo vogliono. Sono diventati al tempo stesso critici e creatori: chiedono un servizio sempre più personalizzato e si attendono di avere l'opportunità di plasmare i prodotti e i servizi che acquistano». Una tendenza alla personalizzazione che, secondo lo studio, per alcune categorie arriva a riguardare oltre il 50% dei consumatori. Si tratta di persone che non solo non guardano al prezzo - un acquirente su cinque tra quelli interessati a questi prodotti è disposto a pagare un extra del 20% - ma vogliono essere coinvolti attivamente nel processo di acquisto. In media il 36% dei consumatori si dichiara interessato a comprare prodotti o servizi personalizzati, e di questi il 48% si dice disposto ad aspettare più tempo per la consegna di questi articoli. Anche per i britannici la privacy è in testa alla lista delle preoccupazioni legate agli acquisti made to order: se il 22% dei consumatori è disposto a fornire dati personali in cambio di un prodotto o di un servizio maggiormente personalizzato, solo uno su 5 è felice che le aziende usino i dati personali per customizzare l'offerta, quota che sale a un quarto per i giovani tra 16 e 24 anni. Ciò posto, nota Deloitte, «offrire prodotti ed esperienze personalizzate può apportare benefici sia alle aziende sia ai consumatori. La personalizzazione di massa dà la possibilità alle imprese di dimostrare ai clienti in che modo sia possibile estrarre valore dalla mole di dati che essi forniscono. Dall'altra parte, le aziende hanno ovviamente uno sguardo più completo e profondo sulle preferenze e i comportamenti di consumo degli acquirenti, e questo può consentire loro di ottimizzare il business, riducendo i costi di marketing e creando un'offerta più compatibile con i desideri della clientela».
«Ricami a mano e frasi divertenti: così ho conquistato la Cina»
Instagram Fedorami
Può sembrare una follia, ma trovare la maglietta bianca perfetta è una missione quasi impossibile. Si dice che, per ovviare al problema, Victoria Beckham, ex Spice Girl e oggi stimatissima stilista, ne abbia addirittura un armadio pieno. A salvare le tante fashion victim in crisi da tshirt ci pensa invece Valentina Nuzzi, milanese e mente creativa del brand Fedorami, che realizza magliette semplicissime, manica corta e girocollo, impreziosite da scritte ricamate a mano. Semplici ma efficaci, le magliette di Fedorami sono riuscite a conquistare tutti, e ora spopolano in Cina.
Come nasce Fedorami?
«Il mio marchio è iniziato con la produzione di borse, sono sempre stata alla ricerca del bello. Ho preso spunto da una borsa di mia nonna, una donna tedesca elegantissima».
I tuoi prodotti sono semplici, ma hanno conquistato pubblico in tutto il mondo, come mai?
«La mia missione era creare accessori riconoscibili e unici. Credo che in Fedorami si trovi proprio questo, semplicità ma al tempo stesso qualcosa di unico nel suo genere».
Da dove trai ispirazione per i capi che proponi?
«Traggo inspirazione da tutti i miei viaggi, dai miei stati d'animo e dalle esperienze. Tutto influisce sulla mia creatività».
Perché scegliere di lavorare su magliette bianche?
«La tshirt per me rappresenta il capo per eccellenza. Si sposa con tutto, puoi metterla in ogni contesto, e con l'aggiunta di un ricamo diventa unica».
Cosa rende speciale un capo personalizzato?
«Non tutti conoscono la storia del capo che indossano, basti pensare che per realizzare una semplice scritta una ricamatrice impiega un'ora e mezza. Per questo ho deciso di lavorare a magliette bianche personalizzate: perché è come lasciarsi ispirare e lavorare su una tela bianca».
Ogni maglietta così diventa unica.
«Esattamente. E poi mi diverto a leggere le frasi che mi mandano i clienti, alcune sono dolci altri incomprensibili ma il bello è che tutte hanno una loro storia».
Collier, orecchini e anelli: l'oro è bello purché sia personalizzato
Instagram Parure collection
Carrie Bradshaw, la protagonista di Sex and the City interpretata da Sarah Jessica Parker è stata una delle prime a indossare un gioiello personalizzato. La sua «collanina Carrie» è stata uno dei feticci di tutte le fashion victim, pronte a spendere centinaia di euro per avere una replica del collier dorato con il proprio nome. Oggi, o gioielli personalizzati, continuano a essere uno dei regali più apprezzati. Oltre alle più classiche fedine incise all'interno con date importanti o frasi significative, la moda di creare qualcosa di unico, con il nome della persona amata o con una frase importante, passa anche per collane, bracciali e orecchini che vengono plasmati in base ai desideri di chi acquista.
Parure collection, un brand di gioielli nato a Caserta, propone un must have della stagione: l'ID necklace, una collana in oro personalizzabile con piccole lettere che vengono disposte a creare nomi o frasi, in base alle esigenze degli acquirenti. Un accessorio da avere, come spiega la creatrice del brand Marica Abate: «Ci sono dei basic credo irrinunciabili. Delle creazioni senza tempo capaci di superare trend e mode senza mai risultare "passati"».
Anche Apm Monaco punta sulle personalizzazioni. I suoi noti bangle (bracciali rigidi semi aperti) con le scritte ora sono completamente personalizzabili. Basta andare sul sito, cliccare sulle lettere, i numeri o i simboli che si preferiscono e il gioco è fatto. Le scritte, impreziosite da cristalli swarovski, rendono il gioiello unico nel suo genere.
Anche Maman et Sophie porta al polso bracciali personalizzabili. Il lettering, in questo caso, è applicato come se fossero molteplici ciondolini che penzolando da una sottile catenelle dorata. Semplice ed elegante, adatto a grandi e piccine, nella personalizzazione è possibile inserire anche stelle e cuori smaltati, tipici del brand.
Nove25 porta la personalizzazione sulle dita. Gli anelli, in argento, sono completamente customizzabili con testi di canzoni o frasi importanti. Il limite è di 45 caratteri per riga, per un massimo di 7 righe.
Caratteri in stile gotico per le collane di The M Jewelers, brand americano che offre personalizzazioni in oro e diamanti. Al collo delle star di tutto il mondo, il brand è in grado di creare la collana prescelta in meno di 72 ore.
Se tutto questo non bastasse, perché non personalizzare anche i propri orecchini? Soufeel ha creato due bottoncini placcati d'oro su cui è possibile incidere, nel giro di 24 ore, fino a tre lettere.
Da ready to wear a capo di lusso: il jeans ricamato fa tendenza
Se su Google si cerca la frase «trovare jeans perfetti» compaiono circa 454.000 risultati. Basta cliccare i primi articoli per capire che trovare il paio perfetto è quasi un'arte. I problemi sono sempre i soliti, quando fanno un sedere perfetto, hanno il cavallo troppo largo mentre quando stanno bene di gamba, in vita sono decisamente abbondanti. A risolvere questo annoso problema ci pensa però Atelier Notify che nella sua boutique milanese offre un servizio «made to measure» dove ogni dettaglio viene scelto dal cliente. Il ready to wear si trasforma così in un capo di lusso che risponde a tutte le vostre esigenze.
Si inizia con la scelta del modello, forse quella più difficile per definire il vostro stile. Dal taglio «boyfriend» che si appoggia morbidamente sui fianchi al più classico «skinny» a vita alta fino al taglio a zampa, le combinazioni sono molteplici. Una volta presa la vostra decisione tocca al lavaggio. Molto amati dalle star sono quei colori dall'apparenza un po' vintage dove il colore acquista sfumature uniche e irripetibili. Poco sorprende infatti che Spotify sia scelto da numerosi personaggi del mondo dello spettacolo, da Gisele Bundchen, Jessica Alba e Natalie Portman a Carla Bruni, Linda Evangelista e Nicole Kidman. Ma le vostre decisioni non finiscono certo qui.
Il filo con cui verrà cucito il vostro denim (rigorosamente Made in Italy), i bottoni e dettagli aggiuntivi che possano rendere il vostro paio di jeans ancora più unico sono a portata di mano. Ricami, borchie, pietre e patch sono a disposizione dei clienti per offrire un servizio di personalizzazione a 360 gradi.
Non solo i vostri pantaloni saranno tarati sulle vostre misure, come nella tradizione sartoriale di un tempo, ma saranno unici nel loro genere e rifletteranno al meglio la vostra personalità.
Per essere sempre chic scegliete la borsa con le vostre iniziali
Istagram My Style Bag
Dimenticate borsoni anonimi gettati nel bagagliaio a ogni viaggio e abbandonati fino alla prossima partenza, anche le vostre valige devono essere un'espressione del vostro stile. My Style Bag, azienda milanese nata dalla collaborazione di Lorena a Giuseppe Bellora con Stefano Donadel Campbell offre accessori dal design raffinato personalizzabili. I loro borsoni in canvas, camoscio, lino, lana o tessuto impermeabile possono infatti essere arricchiti con le vostre iniziali o con il vostro nome per esprimere la vostra creatività e il vostro stile.
Secondo la filosofia di My Style Bag la personalità è assoluta protagonista di ogni prodotto. Ogni oggetto ha il nome di una città o di un quartiere, come il borsone in pelle Milano o lo zaino in canvas Brera (i costi vanno dai 150 ai 400 euro circa, ricami esclusi, ndr). Nella collezione sono anche presenti porta abiti, porta computer, beauty case e borse per il bebè. Nella lista di prodotti compare anche una morbida cuccia per il vostro amico a quattro zampe.
My Style Bag conta una serie di clienti molto famosi. Tra di loro la principessa Caroline di Monaco che ha scelto il modello Harvard in canvas beige, personalizzandolo con il nome della sua barca Pacha III. Anche Jude Law ha scelto un borsone con le sue iniziali per gli spostamenti dal set della serie di successo The Young Pope. Tra i primi clienti, quando i fratelli Lorena e Giuseppe avevano appena aperto il loro punto vendita milanese, Silvio Berlusconi che ha deciso di acquistare un borsone con le sue iniziali. Insomma scegliendo My Style Bag sarete decisamente in ottima compagnia.
Frasi segrete nascoste sugli slip di taffetà: la seduzione passa da ago e filo
Un messaggio segreto, da svelare solo a chi si ama. Il brand italiano Chité crea indumenti intimi personalizzati per offrire alla sua clientela un capo unico ed esclusivo che supporta l'artigianato italiano. L'azienda nasce in una calda serata parigina dall'idea di due amiche Federica Tiranti e Chiara Marconi. Immaginando la donna di oggi, indipendente, libera e ambiziosa, ma altresì legata alla sua femminilità e dolcezza, le due giovani hanno deciso di dare vita a Chité, «una storia scritta da donne per le donne».
Il servizio di personalizzazione da loro offerto prende il nome di Lover e ha un costo base di 30 euro. Si può scegliere uno slip arricciato in raso (in tre varianti colore, verde, avorio e rosa), in tulle (in due varianti colore, blu e nero) o in taffettà verde. A questo si può aggiungere, al costo di 5 euro, una piccola frase o perché no il proprio nome. Il numero massimo di caratteri è 40 con 10 varianti di colori. «Intimo couture significa anche questo» si legge sullo shop online Chité. «Dai un'anima alla tua esperienza, scegliendo il messaggio da ricamare sullo slip». La tua frase rimarrà un segreto tra te e chi lo vorrai.
Oltre alle opzioni di personalizzazione, Federica e Chiara offrono alle sue clienti un servizio esclusivo chiamato «home try». Chi visita il sito Chité può scegliere fino a 6 capi e riceverli comodamente a casa per provarli, avendo sei giorni per sceglierete acquistarli o meno. Le due fondatrici sanno infatti che l'acquisto del giusto capo intimo è importante e non sempre noi donne siamo sicure di aver scelto lo stile o la taglia giusta. Lo «slow couture» è anche questo, il lusso di poter scegliere ed essere uniche.
Un tempo sinonimo di lusso, oggi i capi d'abbigliamento su misura e personalizzati sono sempre più diffusi. Una ricerca di Deloitte spiega come con l'avvento dei social network i consumatori siano divenuti sempre più esigenti, critici, creativi e soprattutto alla costante ricerca di un prodotto unico che li differenzi dalla massa. Valentina Nuzzi di Fedorami crea tshirt bianche ricamate a mano con scritte simpatiche. Il suo business, partito da Milano, ha già conquistato la Cina. «È come plasmare una tela, è divertente leggere le frasi - spesso incomprensibili - che mi vengono inviate perché tutte raccontano una storia diversa».Collane, anelli, bracciali, orecchini: tutto può diventare tailor-made. Il marchio Parure propone i choker con le lettere del proprio nome, Apm Monaco crea bracciali rigidi con lettere in swarovski. Anche il ready to wear cede alla moda del personalizzato. A lanciare la tendenza Atelier Notify che crea personalizzazioni con ricami, patch, e borchie amatissimi dalle star di tutto il mondo, da Gisele Bundchen a Linda Evangelista e Nicole Kidman. Il lettering, ovvero l'arte di personalizzare con le proprie iniziali o il proprio nome degli oggetti, colpisce anche i bagagli. My Style Bag stampa e ricama la propria cifra su borse da viaggio di ogni tessuto e dimensione.Perché non pensare di rendere unica anche la biancheria intima? Chité crea slip in taffetà di ogni colore con frasi cucite con fili coloratissimi. Lo speciale contiene sei articoli.Un tempo sinonimo di lusso e raffinatezza estrema, i capi di abbigliamento su misura sono oggi sempre più diffusi, specie grazie all'ecommerce. In Italia questo mercato è in forte crescita: secondo uno studio realizzato lo scorso anno dall'istituto Piepoli per il Fashion Tech Insights di Lanieri, piattaforma che vende online abiti maschili su misura, tra il 2016 e il 2017 quattro italiani su 10 hanno scelto di comprare abbigliamento e accessori personalizzati o creati su misura online, in molti casi facendosi guidare dai chatbot, algoritmi in grado di gestire in tempo reale le conversazioni tra cliente e azienda. Tra gli amanti del made to measure si registra una lieve prevalenza dei maschi (40%) sulle femmine (37%); il 54% degli acquirenti sono millennial, il 49% sono persone tra i 35-54 anni e il restante 19% sono over 54. Secondo lo studio, il 4% degli Italiani spende fino a 1000 euro all'anno per la moda online personalizzata, per un giro d'affari che si aggira attorno ai 2,4 miliardi di euro. La moda online su misura piace soprattutto ai consumatori più giovani: quasi la metà dei millennial è infatti disposto a pagare fino al 40% in più per acquistare online articoli su misura e 1 su tre dichiara di spendere fino a 500 euro all'anno per questi prodotti. Che non sono sempre più costosi della media: il 23% dei millennial, infatti – contro il 6% degli over 54 – preferisce i servizi di personalizzazione online perché permettono di risparmiare rispetto all'acquisto in un negozio fisico. Tra questi, il 24% è anche disposto ad aspettare di più per avere il proprio capo su misura ordinato online, preferenza indicata invece solo dal 3% del cluster più anziano. Chiaramente, però, il prezzo non è la variabile principale che guida la ricerca di capi su misura: per gli acquirenti conta soprattutto l'unicità del prodotto, indicata da un terzo del campione preso in esame dalla rilevazione, seguita dalla soddisfazione di poter personalizzare il proprio capo in ogni dettaglio (29%) e dal desiderio di esprimere la propria personalità (25%). Per comprare questi prodotti il 47% degli intervistati preferisce affidarsi a negozi online specializzati, invece che ai grandi operatori della moda online. Un altro fattore determinante è la qualità: il fatto che i capi siano made in Italy è una garanzia che aiuta il consumatore a superare la diffidenza su un capo che non si può toccare con mano prima dell'acquisto. Tra gli aspetti più controversi per gli italiani c'è la questione della sicurezza e della privacy: il 55% del campione si è detto infatti preoccupato della quantità di informazioni usate dalle aziende a scopi di marketing, mentre il 42% ha dichiarato di non avere problemi rispetto all'utilizzo delle proprie informazioni personali, se vengono usate per promozioni di capi personalizzati sui propri gusti, e il 34% si è detto disponibile a condividere i propri dati personali sulle piattaforme per avere l'assistenza di un chatbot. Per quanto riguarda il budget, i più restii a spendere per acquisti personalizzati sono le donne e gli over 54: il 76% delle intervistate e l'81% del cluster più anziano del campione non spendono più di 200 euro all'anno, mentre gli uomini scelgono spesso queste soluzioni anche per gli acquisti di capi destinati al lavoro e ad altre occasioni formali. Nonostante gli italiani siano storicamente molto attenti alla qualità degli abiti e alla moda, la crescita del made to measure è un fenomeno conclamato anche in altri mercati. Come il Regno Unito, dove a quanto rivela una ricerca condotta da Deloitte (Made-to-order: the rise of mass personalisation), «i consumatori, spinti dalla diffusione dei social network e dei device digitali, vogliono sempre più indicare con precisione cosa vogliono, quando e come lo vogliono. Sono diventati al tempo stesso critici e creatori: chiedono un servizio sempre più personalizzato e si attendono di avere l'opportunità di plasmare i prodotti e i servizi che acquistano». Una tendenza alla personalizzazione che, secondo lo studio, per alcune categorie arriva a riguardare oltre il 50% dei consumatori. Si tratta di persone che non solo non guardano al prezzo - un acquirente su cinque tra quelli interessati a questi prodotti è disposto a pagare un extra del 20% - ma vogliono essere coinvolti attivamente nel processo di acquisto. In media il 36% dei consumatori si dichiara interessato a comprare prodotti o servizi personalizzati, e di questi il 48% si dice disposto ad aspettare più tempo per la consegna di questi articoli. Anche per i britannici la privacy è in testa alla lista delle preoccupazioni legate agli acquisti made to order: se il 22% dei consumatori è disposto a fornire dati personali in cambio di un prodotto o di un servizio maggiormente personalizzato, solo uno su 5 è felice che le aziende usino i dati personali per customizzare l'offerta, quota che sale a un quarto per i giovani tra 16 e 24 anni. Ciò posto, nota Deloitte, «offrire prodotti ed esperienze personalizzate può apportare benefici sia alle aziende sia ai consumatori. La personalizzazione di massa dà la possibilità alle imprese di dimostrare ai clienti in che modo sia possibile estrarre valore dalla mole di dati che essi forniscono. Dall'altra parte, le aziende hanno ovviamente uno sguardo più completo e profondo sulle preferenze e i comportamenti di consumo degli acquirenti, e questo può consentire loro di ottimizzare il business, riducendo i costi di marketing e creando un'offerta più compatibile con i desideri della clientela».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/personalizzazioni-2622943036.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ricami-a-mano-e-frasi-divertenti-cosi-ho-conquistato-la-cina" data-post-id="2622943036" data-published-at="1766543552" data-use-pagination="False"> «Ricami a mano e frasi divertenti: così ho conquistato la Cina» Instagram Fedorami Può sembrare una follia, ma trovare la maglietta bianca perfetta è una missione quasi impossibile. Si dice che, per ovviare al problema, Victoria Beckham, ex Spice Girl e oggi stimatissima stilista, ne abbia addirittura un armadio pieno. A salvare le tante fashion victim in crisi da tshirt ci pensa invece Valentina Nuzzi, milanese e mente creativa del brand Fedorami, che realizza magliette semplicissime, manica corta e girocollo, impreziosite da scritte ricamate a mano. Semplici ma efficaci, le magliette di Fedorami sono riuscite a conquistare tutti, e ora spopolano in Cina. Come nasce Fedorami?«Il mio marchio è iniziato con la produzione di borse, sono sempre stata alla ricerca del bello. Ho preso spunto da una borsa di mia nonna, una donna tedesca elegantissima».I tuoi prodotti sono semplici, ma hanno conquistato pubblico in tutto il mondo, come mai?«La mia missione era creare accessori riconoscibili e unici. Credo che in Fedorami si trovi proprio questo, semplicità ma al tempo stesso qualcosa di unico nel suo genere».Da dove trai ispirazione per i capi che proponi? «Traggo inspirazione da tutti i miei viaggi, dai miei stati d'animo e dalle esperienze. Tutto influisce sulla mia creatività».Perché scegliere di lavorare su magliette bianche? «La tshirt per me rappresenta il capo per eccellenza. Si sposa con tutto, puoi metterla in ogni contesto, e con l'aggiunta di un ricamo diventa unica». Cosa rende speciale un capo personalizzato?«Non tutti conoscono la storia del capo che indossano, basti pensare che per realizzare una semplice scritta una ricamatrice impiega un'ora e mezza. Per questo ho deciso di lavorare a magliette bianche personalizzate: perché è come lasciarsi ispirare e lavorare su una tela bianca».Ogni maglietta così diventa unica. «Esattamente. E poi mi diverto a leggere le frasi che mi mandano i clienti, alcune sono dolci altri incomprensibili ma il bello è che tutte hanno una loro storia». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/personalizzazioni-2622943036.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="collier-orecchini-e-anelli-l-oro-e-bello-purche-sia-personalizzato" data-post-id="2622943036" data-published-at="1766543552" data-use-pagination="False"> Collier, orecchini e anelli: l'oro è bello purché sia personalizzato Instagram Parure collection Carrie Bradshaw, la protagonista di Sex and the City interpretata da Sarah Jessica Parker è stata una delle prime a indossare un gioiello personalizzato. La sua «collanina Carrie» è stata uno dei feticci di tutte le fashion victim, pronte a spendere centinaia di euro per avere una replica del collier dorato con il proprio nome. Oggi, o gioielli personalizzati, continuano a essere uno dei regali più apprezzati. Oltre alle più classiche fedine incise all'interno con date importanti o frasi significative, la moda di creare qualcosa di unico, con il nome della persona amata o con una frase importante, passa anche per collane, bracciali e orecchini che vengono plasmati in base ai desideri di chi acquista. Parure collection, un brand di gioielli nato a Caserta, propone un must have della stagione: l'ID necklace, una collana in oro personalizzabile con piccole lettere che vengono disposte a creare nomi o frasi, in base alle esigenze degli acquirenti. Un accessorio da avere, come spiega la creatrice del brand Marica Abate: «Ci sono dei basic credo irrinunciabili. Delle creazioni senza tempo capaci di superare trend e mode senza mai risultare "passati"».Anche Apm Monaco punta sulle personalizzazioni. I suoi noti bangle (bracciali rigidi semi aperti) con le scritte ora sono completamente personalizzabili. Basta andare sul sito, cliccare sulle lettere, i numeri o i simboli che si preferiscono e il gioco è fatto. Le scritte, impreziosite da cristalli swarovski, rendono il gioiello unico nel suo genere.Anche Maman et Sophie porta al polso bracciali personalizzabili. Il lettering, in questo caso, è applicato come se fossero molteplici ciondolini che penzolando da una sottile catenelle dorata. Semplice ed elegante, adatto a grandi e piccine, nella personalizzazione è possibile inserire anche stelle e cuori smaltati, tipici del brand. Nove25 porta la personalizzazione sulle dita. Gli anelli, in argento, sono completamente customizzabili con testi di canzoni o frasi importanti. Il limite è di 45 caratteri per riga, per un massimo di 7 righe. Caratteri in stile gotico per le collane di The M Jewelers, brand americano che offre personalizzazioni in oro e diamanti. Al collo delle star di tutto il mondo, il brand è in grado di creare la collana prescelta in meno di 72 ore. Se tutto questo non bastasse, perché non personalizzare anche i propri orecchini? Soufeel ha creato due bottoncini placcati d'oro su cui è possibile incidere, nel giro di 24 ore, fino a tre lettere. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/personalizzazioni-2622943036.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="da-ready-to-wear-a-capo-di-lusso-il-jeans-ricamato-fa-tendenza" data-post-id="2622943036" data-published-at="1766543552" data-use-pagination="False"> Da ready to wear a capo di lusso: il jeans ricamato fa tendenza Your browser does not support the video tag. Se su Google si cerca la frase «trovare jeans perfetti» compaiono circa 454.000 risultati. Basta cliccare i primi articoli per capire che trovare il paio perfetto è quasi un'arte. I problemi sono sempre i soliti, quando fanno un sedere perfetto, hanno il cavallo troppo largo mentre quando stanno bene di gamba, in vita sono decisamente abbondanti. A risolvere questo annoso problema ci pensa però Atelier Notify che nella sua boutique milanese offre un servizio «made to measure» dove ogni dettaglio viene scelto dal cliente. Il ready to wear si trasforma così in un capo di lusso che risponde a tutte le vostre esigenze. Si inizia con la scelta del modello, forse quella più difficile per definire il vostro stile. Dal taglio «boyfriend» che si appoggia morbidamente sui fianchi al più classico «skinny» a vita alta fino al taglio a zampa, le combinazioni sono molteplici. Una volta presa la vostra decisione tocca al lavaggio. Molto amati dalle star sono quei colori dall'apparenza un po' vintage dove il colore acquista sfumature uniche e irripetibili. Poco sorprende infatti che Spotify sia scelto da numerosi personaggi del mondo dello spettacolo, da Gisele Bundchen, Jessica Alba e Natalie Portman a Carla Bruni, Linda Evangelista e Nicole Kidman. Ma le vostre decisioni non finiscono certo qui. Il filo con cui verrà cucito il vostro denim (rigorosamente Made in Italy), i bottoni e dettagli aggiuntivi che possano rendere il vostro paio di jeans ancora più unico sono a portata di mano. Ricami, borchie, pietre e patch sono a disposizione dei clienti per offrire un servizio di personalizzazione a 360 gradi. Non solo i vostri pantaloni saranno tarati sulle vostre misure, come nella tradizione sartoriale di un tempo, ma saranno unici nel loro genere e rifletteranno al meglio la vostra personalità. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem4" data-id="4" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/personalizzazioni-2622943036.html?rebelltitem=4#rebelltitem4" data-basename="per-essere-sempre-chic-scegliete-la-borsa-con-le-vostre-iniziali" data-post-id="2622943036" data-published-at="1766543552" data-use-pagination="False"> Per essere sempre chic scegliete la borsa con le vostre iniziali Istagram My Style Bag Dimenticate borsoni anonimi gettati nel bagagliaio a ogni viaggio e abbandonati fino alla prossima partenza, anche le vostre valige devono essere un'espressione del vostro stile. My Style Bag, azienda milanese nata dalla collaborazione di Lorena a Giuseppe Bellora con Stefano Donadel Campbell offre accessori dal design raffinato personalizzabili. I loro borsoni in canvas, camoscio, lino, lana o tessuto impermeabile possono infatti essere arricchiti con le vostre iniziali o con il vostro nome per esprimere la vostra creatività e il vostro stile. Secondo la filosofia di My Style Bag la personalità è assoluta protagonista di ogni prodotto. Ogni oggetto ha il nome di una città o di un quartiere, come il borsone in pelle Milano o lo zaino in canvas Brera (i costi vanno dai 150 ai 400 euro circa, ricami esclusi, ndr). Nella collezione sono anche presenti porta abiti, porta computer, beauty case e borse per il bebè. Nella lista di prodotti compare anche una morbida cuccia per il vostro amico a quattro zampe. My Style Bag conta una serie di clienti molto famosi. Tra di loro la principessa Caroline di Monaco che ha scelto il modello Harvard in canvas beige, personalizzandolo con il nome della sua barca Pacha III. Anche Jude Law ha scelto un borsone con le sue iniziali per gli spostamenti dal set della serie di successo The Young Pope. Tra i primi clienti, quando i fratelli Lorena e Giuseppe avevano appena aperto il loro punto vendita milanese, Silvio Berlusconi che ha deciso di acquistare un borsone con le sue iniziali. Insomma scegliendo My Style Bag sarete decisamente in ottima compagnia. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem5" data-id="5" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/personalizzazioni-2622943036.html?rebelltitem=5#rebelltitem5" data-basename="frasi-segrete-nascoste-sugli-slip-di-taffeta-la-seduzione-passa-da-ago-e-filo" data-post-id="2622943036" data-published-at="1766543552" data-use-pagination="False"> Frasi segrete nascoste sugli slip di taffetà: la seduzione passa da ago e filo Un messaggio segreto, da svelare solo a chi si ama. Il brand italiano Chité crea indumenti intimi personalizzati per offrire alla sua clientela un capo unico ed esclusivo che supporta l'artigianato italiano. L'azienda nasce in una calda serata parigina dall'idea di due amiche Federica Tiranti e Chiara Marconi. Immaginando la donna di oggi, indipendente, libera e ambiziosa, ma altresì legata alla sua femminilità e dolcezza, le due giovani hanno deciso di dare vita a Chité, «una storia scritta da donne per le donne». Il servizio di personalizzazione da loro offerto prende il nome di Lover e ha un costo base di 30 euro. Si può scegliere uno slip arricciato in raso (in tre varianti colore, verde, avorio e rosa), in tulle (in due varianti colore, blu e nero) o in taffettà verde. A questo si può aggiungere, al costo di 5 euro, una piccola frase o perché no il proprio nome. Il numero massimo di caratteri è 40 con 10 varianti di colori. «Intimo couture significa anche questo» si legge sullo shop online Chité. «Dai un'anima alla tua esperienza, scegliendo il messaggio da ricamare sullo slip». La tua frase rimarrà un segreto tra te e chi lo vorrai. Oltre alle opzioni di personalizzazione, Federica e Chiara offrono alle sue clienti un servizio esclusivo chiamato «home try». Chi visita il sito Chité può scegliere fino a 6 capi e riceverli comodamente a casa per provarli, avendo sei giorni per sceglierete acquistarli o meno. Le due fondatrici sanno infatti che l'acquisto del giusto capo intimo è importante e non sempre noi donne siamo sicure di aver scelto lo stile o la taglia giusta. Lo «slow couture» è anche questo, il lusso di poter scegliere ed essere uniche.
Avviata l’installazione di 26 impianti fotovoltaici su infrastrutture di telecomunicazioni. Risparmio stimato di 1.435 tonnellate di CO2 l’anno. L’obiettivo è portare a compimento oltre 2.000 piattaforme entro il 2027.
Le centrali di telecomunicazioni e gli edifici che ospitano apparati di rete, alimentazione e sistemi di raffreddamento sono fra le componenti più energivore dell’infrastruttura digitale. L’idea lanciata da Fibercop ed Enercop è usare questa capillarità territoriale come leva per produrre energia rinnovabile in prossimità dei consumi, trasformando progressivamente siti tecnici e patrimonio immobiliare in una rete fotovoltaica diffusa.
Le due aziende, entrambe parte del gruppo Optics Holdco, impostano l’operazione come un investimento strutturale: la produzione in sito, replicata su migliaia di asset, mira a sommare contributi unitari in un volume energetico significativo, riducendo al contempo l’impronta carbonica dell’infrastruttura digitale.
Il programma, battezzato «Progetto Solare», mira alla realizzazione di oltre 2.000 impianti entro il 2027 e a circa 200 gigawattora di energia rinnovabile all’anno, così da incrementare in modo sostanziale l’autosufficienza energetica della rete di Fibercop. La prima fase esecutiva è già partita: 26 impianti in installazione, con completamento previsto entro l’inizio del 2026.
La dimensione industriale emerge dai numeri della tranche iniziale: potenza complessiva superiore a 3 megawatt peak (la potenza nominale di generatore di picco che si utilizza negli impianti fotovoltaici) e produzione attesa di circa 4,35 gigawattora l’anno. L’impatto ambientale stimato è immediato, con circa 1.435 tonnellate di anidride carbonica risparmiate annualmente. Come spiegano le due aziende in una nota, l’ordine di grandezza viene descritto con equivalenze come l’assorbimento di oltre 120.000 alberi adulti o la rimozione di più di 700 automobili dalla circolazione stradale per un anno.
«L’integrazione di fonti rinnovabili nei nostri asset è una leva strategica per rendere le reti più sostenibili e resilienti», ha affermato Massimo Sarmi, presidente e amministratore delegato di Fibercop. «L’energia autoprodotta ci consente di ottimizzare l’efficienza operativa e di rafforzare il nostro contributo alla decarbonizzazione. A regime, il progetto ci permetterà di coprire tramite fotovoltaico circa il 35% dei consumi complessivi di Fibercop.»
I 26 impianti sono distribuiti lungo il territorio nazionale e includono siti di particolare rilievo: tra quelli citati, l’impianto di via Oriolo Romano, a Roma, con 1.100,84 chilowatt peak di potenza, è uno dei più significativi della prima tranche del progetto.
Un punto di discontinuità riguarda l’architettura di autoconsumo. Per ciascun impianto è prevista l’attivazione della configurazione Cacer (Configurazioni di autoconsumo per la condivisione dell’energia rinnovabile), un meccanismo che permette a un utente di usare l’energia prodotta dai propri impianti rinnovabili anche se si trovano in un punto diverso rispetto al luogo in cui consuma l’elettricità. Oggi la configurazione Cacer è già operativa su due impianti, consentendo l’autoconsumo istantaneo dell’energia prodotta e l’ottimizzazione dei flussi energetici a beneficio delle infrastrutture di rete. Tutti i nuovi impianti che verranno progressivamente realizzati saranno iscritti al Gse, al fine di attivare la configurazione Cacer non appena tecnicamente possibile. Questo approccio permetterà di massimizzare il valore dell’energia autoprodotta, ridurre ulteriormente i prelievi dalla rete e abilitare modelli avanzati di condivisione dell’energia rinnovabile, rafforzando la sostenibilità economica e ambientale del progetto.
«L’avvio di questa prima fase rappresenta un traguardo fondamentale per Enercop e conferma il nostro impegno nell’integrazione delle energie rinnovabili nel settore delle telecomunicazioni», ha dichiarato Giulio Carone, amministratore delegato di Enercop. «La collaborazione con Fibercop è orientata a soluzioni energetiche innovative, in linea con gli obiettivi nazionali di sostenibilità».
Nel disegno complessivo dell’operazione, la metrica chiave sarà l’impatto sul profilo di consumo: l’obiettivo dichiarato è arrivare a coprire tramite fotovoltaico circa il 35% dei consumi complessivi di Fibercop. Se la roadmap verrà rispettata, «Progetto Solare» potrà ridefinire il ruolo energetico delle centrali di telecomunicazioni: da punti di consumo a nodi ibridi capaci di produrre e condividere energia rinnovabile a supporto di una rete sempre più critica per cittadini, imprese e servizi pubblici.
Il nuovo film dell’attore pugliese, «Buen camino», al cinema dal 25 dicembre. Checco interpreta un ricco erede alla ricerca della figlia ribelle che fa il Cammino di Compostela. Polemica moralista per una battuta su Gaza. Lui: «Meglio irregolari con intelligenza».
A volte la trovata geniale ce l’abbiamo talmente davanti agli occhi che non riusciamo a vederla. Chissà che cosa s’inventerà stavolta Luca Medici, in arte Checco Zalone, che a cinque anni da Tolo Tolo in cui si era auto diretto, torna al cinema con la regia del fedele Gennaro Nunziante (cinque film su sei in coppia)? Invece, a volte non serve lambiccarsi il cervello, basta guardarsi attorno per vedere chi sono gli adulti, o presunti tali, di oggi. E chi sono i ragazzi e che cosa cercano davvero.
Realizzato da Indiana production con Medusa, in collaborazione con Mzl e Netflix e con il contributo degli investimenti del ministero della Cultura, Buen camino esce il 25 dicembre in mille copie, destinate ad aumentare dopo la prima settimana di programmazione. Rispetto a Tolo Tolo che s’infilava nella difficile tematica dell’immigrazione stentando a trovare una chiave originale (pur sempre 48 milioni al botteghino), Buen camino è incentrato sul rapporto tra un padre e una figlia che, d’istinto, potrebbe risultare «una cosa un po’ ruffiana», ammette Checco. In realtà, è una storia semplice che tocca temi complessi con leggerezza, facendo ridere tra scorrettezze e le iperboli classiche della coppia Zalone-Nunziante. L’attesa è notevole, anche dopo le accuse di Pietro Valsecchi, ex produttore del comico pugliese, intervistato qualche giorno fa dal Corriere della Sera: «Luca era diventato ossessivo… voleva essere accettato dall’intellighenzia di sinistra, che non l’aveva mai capito». Che cosa replica? «Gli voglio bene», è la lapidaria risposta.
Mentre nella megavilla in Sardegna, tra piramidi faraoniche e piscine hollywoodiane fervono i preparativi per la festa dei 50 anni di Eugenio Zalone, ignorante produttore brianzolo di divani, si scopre che l’unica figlia Cristal (Letizia Arnò), così in omaggio alle bollicine francesi, è scomparsa, ribelle alla ricchezza e alla vacuità strabordanti. È l’ex moglie (una Martina Colombari con lunghi capelli grigi) a strappare il padre dallo yacht e dalle sinuosità della nuova fiamma venticinquenne, costringendolo alla ricerca dell’adolescente. Niente di più improbabile. Il papà, tutto tatuaggi e carte di credito, non sa nulla della ragazzina ma, per vincere la sfida con il compagno dell’ex moglie, un regista palestinese («l’unico che occupa territori fuori dal Medio Oriente, gaza mia»), si attrezza all’impresa impossibile. La dritta giusta arriva dall’amica del cuore di Cristal e così eccolo pedinarla su una delle sue tante Ferrari nel Cammino di Santiago de Compostela. Determinata a proseguire la sua ricerca di autenticità, l’adolescente trascina il padre recalcitrante su sentieri assolati e dentro spartani ostelli. Ottocento chilometri a piedi, tra scomodità e imprevisti. In realtà, l’imprevisto più grande è il cambiamento delle persone. Buen camino è una storia leggera e profonda, disseminata di battute che strappano risate improvvise e che potrà piacere anche a sinistra per la critica alla ricchezza più ostentata e kitsch.
Un film «famigliare», lo definisce Zalone. E con qualche cenno biografico, ammette, citando le sue figlie adolescenti «che passano la vita sul cellulare e sui social». «Siamo partiti dalla definizione del personaggio di Checco», racconta Nunziante. «È un ricco, è dio ma non alla ricerca di Dio, perché la ricchezza si sostituisce a Dio. Così, il luogo più stridente per lui è il Cammino di Santiago. Un posto religioso, ma non solo, e non di moda perché dopo la pandemia il Cammino è calato molto».
La storia scaturisce dal contrasto fra il personaggio di Checco e la ricerca della figlia. «Cristal si ribella alla ricchezza. Quello che manda in tilt noi adulti è quando i nostri ragazzi rifiutano quello che siamo. Allora ci accorgiamo che quello che possediamo non serve a nulla», ragiona il regista. La questione della paternità è centrale. «Da tempo riflettiamo sulla società senza padri. Il primo motivo è che non sappiamo più chi è l’uomo, di conseguenza non possiamo sapere chi è il padre. Il personaggio di Checco è partito che era già padre ma non lo sapeva e torna che lo è. Diventa quello che è ma non sapeva di essere. Questo è il nostro cinema. Se l’uomo rimane lo stesso fino alla fine, siamo nel cinema americano. I finali del cinema europeo cercano di andare incontro all’uomo e di aiutarlo a crescere».
Zalone è curioso della reazione del pubblico giovane: «Un po’ mi spaventa. Mia figlia non l’ho mai vista attenta a un contenuto che dura più di 40 secondi e questo è un film tradizionale, di 90 minuti». Qualcuno lo stuzzica sulle battute scorrette come quella su Gaza. «Credo che anziché lamentarsi del politicamente corretto, la risposta migliore sia essere scorretti con intelligenza». Interessante anche sapere che rapporto hanno Zalone e Nunziante con la spiritualità. «A 17 anni non vivevo questa ricerca. Volevo fare il pianista, ma poi è emerso il comico. Ho sentito tanti racconti, chissà, un giorno non escludo di farlo sul serio questo Cammino, negli ostelli», ipotizza il comico. «Non so se spiritualità sia la parola giusta, ma sì, avevo la percezione che la vita non finisse nella vita», argomenta Nunziante. «Se perde la dimensione metafisica l’uomo impoverisce. Si finisce a parlare del sociale e il sociale ha rotto le scatole. Veniamo da decenni di derisione della condizione cristiana in una società in cui l’elemento prevalente è stato il marxismo. Mi piace misurarmi con l’ignoto, il comico fa questo e la commedia non dà risposte. Nel dubbio si cresce e davanti a un dubbio la commedia ne crea un altro. Chi fornisce risposte rasenta la volgarità».
Boom delle gemme sintetiche, miniere in crisi e nuovi gusti dei consumatori: preziosi sotto quota 4.000 dollari al carato.
I valori ritoccano i massimi storici, spinti dal taglio dei tassi e dal nuovo presidente Fed.
Lo speciale contiene due articoli
C’erano una volta i diamanti: eterni, costosi, luccicanti, rassicuranti come una promessa sussurrata al momento giusto. La favola, però, ultimamente ha perso il fascino e la luce. E così, mentre l’oro corre sui massimi storici come bene rifugio in piena paranoia globale, la pietra più preziosa del mondo è scivolata ai minimi del secolo.
Le gemme più ricercate viaggiano sotto i 4.000 dollari al carato, contro i 6.811 del 2022. In tre anni un tonfo del 40%. Altro che taglio brillante: qui a essere tagliato è il portafoglio di chi ha comprato scommettendo sull’eternità del brillante e del suo valore. E così si spengono anche le certezze.
La discesa è talmente verticale che persino i grafici di Bloomberg sembrano una pista nera appena battuta. Il «re delle gemme» è sceso dal trono e ora guarda con sospetto i cugini sintetici fino a poco tempo fa considerati pura paccottiglia. Ora, invece, si scopre che sono più economici, più etici, più giovani e soprattutto più in sintonia con lo spirito dei tempi. D’altronde, se i regali di Natale 2025 devono obbedire ai canoni della spesa intelligente, che cosa c’è di più furbo di una pietra nata in laboratorio, che brilla uguale - se non di più - inquina di meno e non si porta dietro il racconto, sempre meno romantico, di miniere, fatica e sfruttamento di tanti lavoratori dalla pelle nera?
I diamanti, insomma, possono anche essere i migliori amici di una donna, ma si stanno rivelando il peggior incubo per i listini. Che cosa è successo nel regno luccicante del lusso extralarge? Presto detto: i mercati chiave si sono raffreddati. La Cina, soprattutto, è passata dall’euforia alla glaciazione, come un anello dimenticato nel secchiello dello champagne. I consumi rallentano, la fiducia pure, e il lusso - che vive di desiderio prima ancora che di reddito - ne paga il conto.
Nel frattempo, i diamanti nati in laboratorio e non nel ventre della Terra hanno invaso il mercato con la ferocia di una tempesta di glitter: identici agli originali, ma con prezzi capaci di far impallidire le miniere. Risultato? Le pietre naturali arrancano, e le miniere sudafricane guardano le centrifughe chimiche con la stessa simpatia con cui un vecchio libraio osserva Amazon.
Il comportamento del consumatore è cambiato: oggi si compra «sostenibile», «etico», possibilmente «carbon neutral». Un diamante scavato nel ventre di una miniera ha smesso di sembrare una storia d’amore e ha iniziato ad assomigliare a un problema di coscienza.
Come se non bastasse, anche la catena produttiva ha avuto la sua dose di guai. In India, cuore pulsante del taglio e della lucidatura, le fabbriche faticano. La domanda rallenta, la produzione pure, e i magazzini si riempiono di pietre che aspettano tempi migliori. De Beers, la storica regina dei diamanti, naviga in acque agitate: Anglo American, la casa madre, ha deciso di venderla, scatenando un’asta che ha più il sapore degli equilibri di potenza che del mercato. L’Angola punta alla maggioranza, il Botswana non ci sta, gli equilibri della geopolitica del Continente Nero si intrecciano con quelli finanziari.
Nel frattempo il mercato resta freddino. De Beers ha tenuto i prezzi fermi nelle ultime vendite e ha persino concesso agli acquirenti la libertà di dire «no, grazie». In un settore dove rifiutare un lotto era considerato quasi un sacrilegio, oggi è diventata prassi. Segno che l’aria è cambiata davvero.
Eppure, non tutto è grigio nel firmamento del lusso. Lvmh continua a mostrare i muscoli grazie a Tiffany & Co., che brilla di luce propria nel portafoglio del gruppo francese. Anche Kering, con Boucheron e Qeelin, rivendica vendite in crescita. Ma la sensazione diffusa è che il diamante, pur restando il simbolo universale dell’amore eterno, stia pensando seriamente di divorziare dal mercato.
In Europa e in Italia lo scenario non è molto diverso. I prezzi sono espressi in dollari, ma al dettaglio entrano in gioco margini, Iva e costi di finitura che rendono tutto apparentemente più caro. In realtà, il valore intrinseco si è assottigliato: se un tempo il diamante era sinonimo di investimento sicuro, oggi rischia di diventare un gioiello da indossare con ironia più che da custodire in cassaforte.
Il paradosso è servito: il diamante, eterno per definizione, ha scoperto di non esserlo affatto. Almeno quando si parla di prezzi.
Il mondo indebitato punta sui metalli. Oro, argento e platino da record
Il 2025 si sta delineando come l’anno della consacrazione per i metalli, sia preziosi che industriali. Oro, argento, platino e rame hanno infranto quest’anno una serie di record storici, spinti da una convergenza di fattori macroeconomici, domanda industriale, restrizioni dell’offerta, tensioni geopolitiche e una crescente sfiducia nelle valute fiat.
L’oro ha superato per la prima volta nella storia la soglia dei 4.400 dollari l’oncia, segnando un incremento del 67% dall’inizio dell’anno, la migliore performance annuale dal 1979. L’oro gestito dalla Banca d’Italia ha visto il suo valore aumentare di 96 miliardi di euro in un solo anno.
Non è da meno l’argento, che ha registrato un rally vertiginoso del 128%, sostenuto da forte domanda industriale e limitazioni strutturali dell’offerta. Il rame si sta dirigendo verso i 12.000 dollari a tonnellata, trainato dalla corsa ai data center e dai possibili dazi americani in arrivo. Il platino fa segnare un +110% nell’anno, anch’esso sostenuto da domanda reale.
Il decollo dei prezzi non è un fenomeno isolato, ma il risultato di un mondo che è cambiato profondamente rispetto a solo un anno fa.
Mentre su argento, rame e platino a guidare il rialzo dei prezzi è un equilibrio precario tra offerta e domanda reale, in un momento in cui il ciclo delle commodity può innescare una rampa di rialzi vertiginosi, per poi cadere a fine ciclo. L’incognita, qui, è la durata del ciclo.
Sull’oro, invece, influisce soprattutto l’incertezza legata all’economia mondiale. Vi è il tema delle relazioni tra Stati Uniti e Cina, ad esempio, oltre che l’incertezza sull’economia negli Usa, tra inflazione, tassi di interesse e occupazione. Infine, la guerra in Ucraina e i timori di una sua prosecuzione o, peggio, allargamento.
A monte di tutto questo, però, c’è forse un aspetto più rilevante. Un fattore cruciale che alimenta la corsa all’oro è la percezione del rischio legata alle valute. Molti investitori sono preoccupati per l’erosione del valore dei titoli di Stato e delle valute fiat e si rivolgono quindi a valori tangibili. È un fenomeno noto come debasement trade. In questo contesto, l’aumento del debito, non solo di quello pubblico, ma anche di quello privato, spinge i capitali verso beni che preservano il valore nel tempo. Non è importante che ciò accada realmente, si tratta sempre di aspettative.
Ma sono soprattutto il congelamento delle riserve valutarie russe dal 2022 e le discussioni su un loro eventuale esproprio ad aver accelerato e rafforzato questa tendenza in maniera macroscopica, poiché il ruolo dell’oro come attivo di riserva, che può resistere alle sanzioni, ha acquisito importanza. Questo fattore, che possiamo ascrivere alla politica, si somma alle crescenti preoccupazioni sulla svalutazione della moneta e ha rafforzato l’incentivo anche per le banche centrali a mantenere una certa domanda di oro. Tutto ciò ha provocato un aumento delle riserve in oro delle banche centrali, infatti. Complessivamente, nel solo 2025 le banche centrali dei diversi paesi hanno comprato 850 tonnellate di oro da destinare a riserva.
Vi è poi in ballo il futuro della Federal Reserve. Regna una profonda incertezza sulla direzione futura della banca centrale americana. Non si tratta solo di capire chi sarà il prossimo presidente dell’istituto, ma di valutare quanto la FED sarà conciliante rispetto alle richieste del governo americano.
Il rally dei metalli nel 2025, insomma, non è una bolla speculativa, ma il riflesso di un riassetto globale. La combinazione di una domanda tecnologica forte e di una offerta limitata, delle tensioni belliche e di un debito in crescita ha creato un terreno fertile per i metalli. Per l’oro, mentre le banche centrali competono con gli investitori privati per l’offerta fisica limitata, lo sguardo rimane fisso sulla FED. Goldman Sachs recentemente ha ipotizzato che l’oro possa arrivare a 4.900 dollari nel 2026. Certo, ora siamo in quel territorio di confine in cui le profezie si autoavverano, ma i metalli oggi stanno agendo come un barometro della instabilità globale.
Confrontarsi con il capolavoro di Miloš Forman era una sfida quasi impossibile. La serie Amadeus di Sky, pur priva della stessa potenza narrativa, si distingue per cura visiva, cast convincente e fedeltà al mito della rivalità tra Mozart e Salieri.
Reggere il confronto con un film come quello di Miloš Forman, vincitore di ben otto premi Oscar, è pressoché impossibile. Amadeus, l'Amadeus del 1984, adattamento a sua volta dell'opera teatrale di Peter Shaffer, è stato un capolavoro, fuori dal suo tempo e dalle logiche che lo governavano. Era eclettico, rock nell'accezione più pura del termine. Era avanguardia. E stare al passo, quarant'anni più tardi, sarebbe stato difficile. Non c'è da sorprendersi, dunque, se la serie omonima, l'Amadeus di Sky, al debutto nella prima serata di martedì 23 dicembre, non sia dotato di una stessa potenza narrativa. E non c'è da sorprendersi nemmeno nel constatare la mancanza di una colpa e di un colpevole. Amadeus, quello di Sky, è bello, un prodotto ben fatto e ben pensato, fedelissimo - per giunta - agli originali che lo hanno preceduto.
La storia è quella del film, la stessa della pièce teatrale: cronaca di una rivalità solo presunta. Wolfgang Amadeus Mozart e Antonio Salieri, che Shaffer e Forman hanno raccontato con clamore ed enfasi, non sono mai stati rivali. Eppure, ci si è abituati ad assorbirli come tali: due compositori tanto celebri quanto fumantini, animatori entrambi della Vienna di metà Settecento. Era in fermento, quando Mozart vi ha fatto la propria comparsa. Era giovane, bello: una rockstar ante litteram, maledetto quel tanto che basta da portare scompenso all'interno della corte viennese, fra parrucconi imbalsamati e ragazze suscettibili. La sua musica non aveva niente a che vedere con quel che finora era stato composto. Spazzava via ogni tradizione, ogni abitudine, ivi compresa quella di applaudire il genio di Salieri, allora compositore di corte. Perciò, l'opera di Shaffer e gli adattamenti successivi. Perciò, la leggenda di una rivalità che, agli atti storici, non è mai finita.Shaffer, a suo tempo, ha ricamato sulla propria fantasia, immaginando come Salieri possa aver vissuto l'ingresso di Mozart alla corte di Vienna. Quanto deve aver sofferto, quanta rabbia deve aver provato di fronte a quel ragazzo senza fede e senza Dio, geniale e talentuoso.
La serie televisiva, cinque episodi creati dal Joe Barton di Black Doves, ripercorre questa biografia stralunata, addentrandosi, lei pure, fra se e ma cui nessuno mai potrà dare risposta. Bravo il cast, bella la resa visiva, la potenza musicale. Peccato solo per il confronto, a perdere per chiunque ambisca, di qui a per sempre, a ricreare la rivalità fittizia tra i due compositori.