Guida alla personalizzazione di maglie, jeans e capi di abbigliamento
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Un tempo sinonimo di lusso, oggi i capi d'abbigliamento su misura e personalizzati sono sempre più diffusi. Una ricerca di Deloitte spiega come con l'avvento dei social network i consumatori siano divenuti sempre più esigenti, critici, creativi e soprattutto alla costante ricerca di un prodotto unico che li differenzi dalla massa.
Valentina Nuzzi di Fedorami crea tshirt bianche ricamate a mano con scritte simpatiche. Il suo business, partito da Milano, ha già conquistato la Cina. «È come plasmare una tela, è divertente leggere le frasi - spesso incomprensibili - che mi vengono inviate perché tutte raccontano una storia diversa».
Collane, anelli, bracciali, orecchini: tutto può diventare tailor-made. Il marchio Parure propone i choker con le lettere del proprio nome, Apm Monaco crea bracciali rigidi con lettere in swarovski.
Anche il ready to wear cede alla moda del personalizzato. A lanciare la tendenza Atelier Notify che crea personalizzazioni con ricami, patch, e borchie amatissimi dalle star di tutto il mondo, da Gisele Bundchen a Linda Evangelista e Nicole Kidman.
Il lettering, ovvero l'arte di personalizzare con le proprie iniziali o il proprio nome degli oggetti, colpisce anche i bagagli. My Style Bag stampa e ricama la propria cifra su borse da viaggio di ogni tessuto e dimensione.
Perché non pensare di rendere unica anche la biancheria intima? Chité crea slip in taffetà di ogni colore con frasi cucite con fili coloratissimi.
Lo speciale contiene sei articoli.
Un tempo sinonimo di lusso e raffinatezza estrema, i capi di abbigliamento su misura sono oggi sempre più diffusi, specie grazie all'ecommerce. In Italia questo mercato è in forte crescita: secondo uno studio realizzato lo scorso anno dall'istituto Piepoli per il Fashion Tech Insights di Lanieri, piattaforma che vende online abiti maschili su misura, tra il 2016 e il 2017 quattro italiani su 10 hanno scelto di comprare abbigliamento e accessori personalizzati o creati su misura online, in molti casi facendosi guidare dai chatbot, algoritmi in grado di gestire in tempo reale le conversazioni tra cliente e azienda. Tra gli amanti del made to measure si registra una lieve prevalenza dei maschi (40%) sulle femmine (37%); il 54% degli acquirenti sono millennial, il 49% sono persone tra i 35-54 anni e il restante 19% sono over 54. Secondo lo studio, il 4% degli Italiani spende fino a 1000 euro all'anno per la moda online personalizzata, per un giro d'affari che si aggira attorno ai 2,4 miliardi di euro. La moda online su misura piace soprattutto ai consumatori più giovani: quasi la metà dei millennial è infatti disposto a pagare fino al 40% in più per acquistare online articoli su misura e 1 su tre dichiara di spendere fino a 500 euro all'anno per questi prodotti. Che non sono sempre più costosi della media: il 23% dei millennial, infatti – contro il 6% degli over 54 – preferisce i servizi di personalizzazione online perché permettono di risparmiare rispetto all'acquisto in un negozio fisico. Tra questi, il 24% è anche disposto ad aspettare di più per avere il proprio capo su misura ordinato online, preferenza indicata invece solo dal 3% del cluster più anziano. Chiaramente, però, il prezzo non è la variabile principale che guida la ricerca di capi su misura: per gli acquirenti conta soprattutto l'unicità del prodotto, indicata da un terzo del campione preso in esame dalla rilevazione, seguita dalla soddisfazione di poter personalizzare il proprio capo in ogni dettaglio (29%) e dal desiderio di esprimere la propria personalità (25%). Per comprare questi prodotti il 47% degli intervistati preferisce affidarsi a negozi online specializzati, invece che ai grandi operatori della moda online. Un altro fattore determinante è la qualità: il fatto che i capi siano made in Italy è una garanzia che aiuta il consumatore a superare la diffidenza su un capo che non si può toccare con mano prima dell'acquisto. Tra gli aspetti più controversi per gli italiani c'è la questione della sicurezza e della privacy: il 55% del campione si è detto infatti preoccupato della quantità di informazioni usate dalle aziende a scopi di marketing, mentre il 42% ha dichiarato di non avere problemi rispetto all'utilizzo delle proprie informazioni personali, se vengono usate per promozioni di capi personalizzati sui propri gusti, e il 34% si è detto disponibile a condividere i propri dati personali sulle piattaforme per avere l'assistenza di un chatbot. Per quanto riguarda il budget, i più restii a spendere per acquisti personalizzati sono le donne e gli over 54: il 76% delle intervistate e l'81% del cluster più anziano del campione non spendono più di 200 euro all'anno, mentre gli uomini scelgono spesso queste soluzioni anche per gli acquisti di capi destinati al lavoro e ad altre occasioni formali. Nonostante gli italiani siano storicamente molto attenti alla qualità degli abiti e alla moda, la crescita del made to measure è un fenomeno conclamato anche in altri mercati. Come il Regno Unito, dove a quanto rivela una ricerca condotta da Deloitte (Made-to-order: the rise of mass personalisation), «i consumatori, spinti dalla diffusione dei social network e dei device digitali, vogliono sempre più indicare con precisione cosa vogliono, quando e come lo vogliono. Sono diventati al tempo stesso critici e creatori: chiedono un servizio sempre più personalizzato e si attendono di avere l'opportunità di plasmare i prodotti e i servizi che acquistano». Una tendenza alla personalizzazione che, secondo lo studio, per alcune categorie arriva a riguardare oltre il 50% dei consumatori. Si tratta di persone che non solo non guardano al prezzo - un acquirente su cinque tra quelli interessati a questi prodotti è disposto a pagare un extra del 20% - ma vogliono essere coinvolti attivamente nel processo di acquisto. In media il 36% dei consumatori si dichiara interessato a comprare prodotti o servizi personalizzati, e di questi il 48% si dice disposto ad aspettare più tempo per la consegna di questi articoli. Anche per i britannici la privacy è in testa alla lista delle preoccupazioni legate agli acquisti made to order: se il 22% dei consumatori è disposto a fornire dati personali in cambio di un prodotto o di un servizio maggiormente personalizzato, solo uno su 5 è felice che le aziende usino i dati personali per customizzare l'offerta, quota che sale a un quarto per i giovani tra 16 e 24 anni. Ciò posto, nota Deloitte, «offrire prodotti ed esperienze personalizzate può apportare benefici sia alle aziende sia ai consumatori. La personalizzazione di massa dà la possibilità alle imprese di dimostrare ai clienti in che modo sia possibile estrarre valore dalla mole di dati che essi forniscono. Dall'altra parte, le aziende hanno ovviamente uno sguardo più completo e profondo sulle preferenze e i comportamenti di consumo degli acquirenti, e questo può consentire loro di ottimizzare il business, riducendo i costi di marketing e creando un'offerta più compatibile con i desideri della clientela».
«Ricami a mano e frasi divertenti: così ho conquistato la Cina»
Instagram Fedorami
Può sembrare una follia, ma trovare la maglietta bianca perfetta è una missione quasi impossibile. Si dice che, per ovviare al problema, Victoria Beckham, ex Spice Girl e oggi stimatissima stilista, ne abbia addirittura un armadio pieno. A salvare le tante fashion victim in crisi da tshirt ci pensa invece Valentina Nuzzi, milanese e mente creativa del brand Fedorami, che realizza magliette semplicissime, manica corta e girocollo, impreziosite da scritte ricamate a mano. Semplici ma efficaci, le magliette di Fedorami sono riuscite a conquistare tutti, e ora spopolano in Cina.
Come nasce Fedorami?
«Il mio marchio è iniziato con la produzione di borse, sono sempre stata alla ricerca del bello. Ho preso spunto da una borsa di mia nonna, una donna tedesca elegantissima».
I tuoi prodotti sono semplici, ma hanno conquistato pubblico in tutto il mondo, come mai?
«La mia missione era creare accessori riconoscibili e unici. Credo che in Fedorami si trovi proprio questo, semplicità ma al tempo stesso qualcosa di unico nel suo genere».
Da dove trai ispirazione per i capi che proponi?
«Traggo inspirazione da tutti i miei viaggi, dai miei stati d'animo e dalle esperienze. Tutto influisce sulla mia creatività».
Perché scegliere di lavorare su magliette bianche?
«La tshirt per me rappresenta il capo per eccellenza. Si sposa con tutto, puoi metterla in ogni contesto, e con l'aggiunta di un ricamo diventa unica».
Cosa rende speciale un capo personalizzato?
«Non tutti conoscono la storia del capo che indossano, basti pensare che per realizzare una semplice scritta una ricamatrice impiega un'ora e mezza. Per questo ho deciso di lavorare a magliette bianche personalizzate: perché è come lasciarsi ispirare e lavorare su una tela bianca».
Ogni maglietta così diventa unica.
«Esattamente. E poi mi diverto a leggere le frasi che mi mandano i clienti, alcune sono dolci altri incomprensibili ma il bello è che tutte hanno una loro storia».
Collier, orecchini e anelli: l'oro è bello purché sia personalizzato
Instagram Parure collection
Carrie Bradshaw, la protagonista di Sex and the City interpretata da Sarah Jessica Parker è stata una delle prime a indossare un gioiello personalizzato. La sua «collanina Carrie» è stata uno dei feticci di tutte le fashion victim, pronte a spendere centinaia di euro per avere una replica del collier dorato con il proprio nome. Oggi, o gioielli personalizzati, continuano a essere uno dei regali più apprezzati. Oltre alle più classiche fedine incise all'interno con date importanti o frasi significative, la moda di creare qualcosa di unico, con il nome della persona amata o con una frase importante, passa anche per collane, bracciali e orecchini che vengono plasmati in base ai desideri di chi acquista.
Parure collection, un brand di gioielli nato a Caserta, propone un must have della stagione: l'ID necklace, una collana in oro personalizzabile con piccole lettere che vengono disposte a creare nomi o frasi, in base alle esigenze degli acquirenti. Un accessorio da avere, come spiega la creatrice del brand Marica Abate: «Ci sono dei basic credo irrinunciabili. Delle creazioni senza tempo capaci di superare trend e mode senza mai risultare "passati"».
Anche Apm Monaco punta sulle personalizzazioni. I suoi noti bangle (bracciali rigidi semi aperti) con le scritte ora sono completamente personalizzabili. Basta andare sul sito, cliccare sulle lettere, i numeri o i simboli che si preferiscono e il gioco è fatto. Le scritte, impreziosite da cristalli swarovski, rendono il gioiello unico nel suo genere.
Anche Maman et Sophie porta al polso bracciali personalizzabili. Il lettering, in questo caso, è applicato come se fossero molteplici ciondolini che penzolando da una sottile catenelle dorata. Semplice ed elegante, adatto a grandi e piccine, nella personalizzazione è possibile inserire anche stelle e cuori smaltati, tipici del brand.
Nove25 porta la personalizzazione sulle dita. Gli anelli, in argento, sono completamente customizzabili con testi di canzoni o frasi importanti. Il limite è di 45 caratteri per riga, per un massimo di 7 righe.
Caratteri in stile gotico per le collane di The M Jewelers, brand americano che offre personalizzazioni in oro e diamanti. Al collo delle star di tutto il mondo, il brand è in grado di creare la collana prescelta in meno di 72 ore.
Se tutto questo non bastasse, perché non personalizzare anche i propri orecchini? Soufeel ha creato due bottoncini placcati d'oro su cui è possibile incidere, nel giro di 24 ore, fino a tre lettere.
Da ready to wear a capo di lusso: il jeans ricamato fa tendenza
Se su Google si cerca la frase «trovare jeans perfetti» compaiono circa 454.000 risultati. Basta cliccare i primi articoli per capire che trovare il paio perfetto è quasi un'arte. I problemi sono sempre i soliti, quando fanno un sedere perfetto, hanno il cavallo troppo largo mentre quando stanno bene di gamba, in vita sono decisamente abbondanti. A risolvere questo annoso problema ci pensa però Atelier Notify che nella sua boutique milanese offre un servizio «made to measure» dove ogni dettaglio viene scelto dal cliente. Il ready to wear si trasforma così in un capo di lusso che risponde a tutte le vostre esigenze.
Si inizia con la scelta del modello, forse quella più difficile per definire il vostro stile. Dal taglio «boyfriend» che si appoggia morbidamente sui fianchi al più classico «skinny» a vita alta fino al taglio a zampa, le combinazioni sono molteplici. Una volta presa la vostra decisione tocca al lavaggio. Molto amati dalle star sono quei colori dall'apparenza un po' vintage dove il colore acquista sfumature uniche e irripetibili. Poco sorprende infatti che Spotify sia scelto da numerosi personaggi del mondo dello spettacolo, da Gisele Bundchen, Jessica Alba e Natalie Portman a Carla Bruni, Linda Evangelista e Nicole Kidman. Ma le vostre decisioni non finiscono certo qui.
Il filo con cui verrà cucito il vostro denim (rigorosamente Made in Italy), i bottoni e dettagli aggiuntivi che possano rendere il vostro paio di jeans ancora più unico sono a portata di mano. Ricami, borchie, pietre e patch sono a disposizione dei clienti per offrire un servizio di personalizzazione a 360 gradi.
Non solo i vostri pantaloni saranno tarati sulle vostre misure, come nella tradizione sartoriale di un tempo, ma saranno unici nel loro genere e rifletteranno al meglio la vostra personalità.
Per essere sempre chic scegliete la borsa con le vostre iniziali
Istagram My Style Bag
Dimenticate borsoni anonimi gettati nel bagagliaio a ogni viaggio e abbandonati fino alla prossima partenza, anche le vostre valige devono essere un'espressione del vostro stile. My Style Bag, azienda milanese nata dalla collaborazione di Lorena a Giuseppe Bellora con Stefano Donadel Campbell offre accessori dal design raffinato personalizzabili. I loro borsoni in canvas, camoscio, lino, lana o tessuto impermeabile possono infatti essere arricchiti con le vostre iniziali o con il vostro nome per esprimere la vostra creatività e il vostro stile.
Secondo la filosofia di My Style Bag la personalità è assoluta protagonista di ogni prodotto. Ogni oggetto ha il nome di una città o di un quartiere, come il borsone in pelle Milano o lo zaino in canvas Brera (i costi vanno dai 150 ai 400 euro circa, ricami esclusi, ndr). Nella collezione sono anche presenti porta abiti, porta computer, beauty case e borse per il bebè. Nella lista di prodotti compare anche una morbida cuccia per il vostro amico a quattro zampe.
My Style Bag conta una serie di clienti molto famosi. Tra di loro la principessa Caroline di Monaco che ha scelto il modello Harvard in canvas beige, personalizzandolo con il nome della sua barca Pacha III. Anche Jude Law ha scelto un borsone con le sue iniziali per gli spostamenti dal set della serie di successo The Young Pope. Tra i primi clienti, quando i fratelli Lorena e Giuseppe avevano appena aperto il loro punto vendita milanese, Silvio Berlusconi che ha deciso di acquistare un borsone con le sue iniziali. Insomma scegliendo My Style Bag sarete decisamente in ottima compagnia.
Frasi segrete nascoste sugli slip di taffetà: la seduzione passa da ago e filo
Un messaggio segreto, da svelare solo a chi si ama. Il brand italiano Chité crea indumenti intimi personalizzati per offrire alla sua clientela un capo unico ed esclusivo che supporta l'artigianato italiano. L'azienda nasce in una calda serata parigina dall'idea di due amiche Federica Tiranti e Chiara Marconi. Immaginando la donna di oggi, indipendente, libera e ambiziosa, ma altresì legata alla sua femminilità e dolcezza, le due giovani hanno deciso di dare vita a Chité, «una storia scritta da donne per le donne».
Il servizio di personalizzazione da loro offerto prende il nome di Lover e ha un costo base di 30 euro. Si può scegliere uno slip arricciato in raso (in tre varianti colore, verde, avorio e rosa), in tulle (in due varianti colore, blu e nero) o in taffettà verde. A questo si può aggiungere, al costo di 5 euro, una piccola frase o perché no il proprio nome. Il numero massimo di caratteri è 40 con 10 varianti di colori. «Intimo couture significa anche questo» si legge sullo shop online Chité. «Dai un'anima alla tua esperienza, scegliendo il messaggio da ricamare sullo slip». La tua frase rimarrà un segreto tra te e chi lo vorrai.
Oltre alle opzioni di personalizzazione, Federica e Chiara offrono alle sue clienti un servizio esclusivo chiamato «home try». Chi visita il sito Chité può scegliere fino a 6 capi e riceverli comodamente a casa per provarli, avendo sei giorni per sceglierete acquistarli o meno. Le due fondatrici sanno infatti che l'acquisto del giusto capo intimo è importante e non sempre noi donne siamo sicure di aver scelto lo stile o la taglia giusta. Lo «slow couture» è anche questo, il lusso di poter scegliere ed essere uniche.
Un tempo sinonimo di lusso, oggi i capi d'abbigliamento su misura e personalizzati sono sempre più diffusi. Una ricerca di Deloitte spiega come con l'avvento dei social network i consumatori siano divenuti sempre più esigenti, critici, creativi e soprattutto alla costante ricerca di un prodotto unico che li differenzi dalla massa. Valentina Nuzzi di Fedorami crea tshirt bianche ricamate a mano con scritte simpatiche. Il suo business, partito da Milano, ha già conquistato la Cina. «È come plasmare una tela, è divertente leggere le frasi - spesso incomprensibili - che mi vengono inviate perché tutte raccontano una storia diversa».Collane, anelli, bracciali, orecchini: tutto può diventare tailor-made. Il marchio Parure propone i choker con le lettere del proprio nome, Apm Monaco crea bracciali rigidi con lettere in swarovski. Anche il ready to wear cede alla moda del personalizzato. A lanciare la tendenza Atelier Notify che crea personalizzazioni con ricami, patch, e borchie amatissimi dalle star di tutto il mondo, da Gisele Bundchen a Linda Evangelista e Nicole Kidman. Il lettering, ovvero l'arte di personalizzare con le proprie iniziali o il proprio nome degli oggetti, colpisce anche i bagagli. My Style Bag stampa e ricama la propria cifra su borse da viaggio di ogni tessuto e dimensione.Perché non pensare di rendere unica anche la biancheria intima? Chité crea slip in taffetà di ogni colore con frasi cucite con fili coloratissimi. Lo speciale contiene sei articoli.Un tempo sinonimo di lusso e raffinatezza estrema, i capi di abbigliamento su misura sono oggi sempre più diffusi, specie grazie all'ecommerce. In Italia questo mercato è in forte crescita: secondo uno studio realizzato lo scorso anno dall'istituto Piepoli per il Fashion Tech Insights di Lanieri, piattaforma che vende online abiti maschili su misura, tra il 2016 e il 2017 quattro italiani su 10 hanno scelto di comprare abbigliamento e accessori personalizzati o creati su misura online, in molti casi facendosi guidare dai chatbot, algoritmi in grado di gestire in tempo reale le conversazioni tra cliente e azienda. Tra gli amanti del made to measure si registra una lieve prevalenza dei maschi (40%) sulle femmine (37%); il 54% degli acquirenti sono millennial, il 49% sono persone tra i 35-54 anni e il restante 19% sono over 54. Secondo lo studio, il 4% degli Italiani spende fino a 1000 euro all'anno per la moda online personalizzata, per un giro d'affari che si aggira attorno ai 2,4 miliardi di euro. La moda online su misura piace soprattutto ai consumatori più giovani: quasi la metà dei millennial è infatti disposto a pagare fino al 40% in più per acquistare online articoli su misura e 1 su tre dichiara di spendere fino a 500 euro all'anno per questi prodotti. Che non sono sempre più costosi della media: il 23% dei millennial, infatti – contro il 6% degli over 54 – preferisce i servizi di personalizzazione online perché permettono di risparmiare rispetto all'acquisto in un negozio fisico. Tra questi, il 24% è anche disposto ad aspettare di più per avere il proprio capo su misura ordinato online, preferenza indicata invece solo dal 3% del cluster più anziano. Chiaramente, però, il prezzo non è la variabile principale che guida la ricerca di capi su misura: per gli acquirenti conta soprattutto l'unicità del prodotto, indicata da un terzo del campione preso in esame dalla rilevazione, seguita dalla soddisfazione di poter personalizzare il proprio capo in ogni dettaglio (29%) e dal desiderio di esprimere la propria personalità (25%). Per comprare questi prodotti il 47% degli intervistati preferisce affidarsi a negozi online specializzati, invece che ai grandi operatori della moda online. Un altro fattore determinante è la qualità: il fatto che i capi siano made in Italy è una garanzia che aiuta il consumatore a superare la diffidenza su un capo che non si può toccare con mano prima dell'acquisto. Tra gli aspetti più controversi per gli italiani c'è la questione della sicurezza e della privacy: il 55% del campione si è detto infatti preoccupato della quantità di informazioni usate dalle aziende a scopi di marketing, mentre il 42% ha dichiarato di non avere problemi rispetto all'utilizzo delle proprie informazioni personali, se vengono usate per promozioni di capi personalizzati sui propri gusti, e il 34% si è detto disponibile a condividere i propri dati personali sulle piattaforme per avere l'assistenza di un chatbot. Per quanto riguarda il budget, i più restii a spendere per acquisti personalizzati sono le donne e gli over 54: il 76% delle intervistate e l'81% del cluster più anziano del campione non spendono più di 200 euro all'anno, mentre gli uomini scelgono spesso queste soluzioni anche per gli acquisti di capi destinati al lavoro e ad altre occasioni formali. Nonostante gli italiani siano storicamente molto attenti alla qualità degli abiti e alla moda, la crescita del made to measure è un fenomeno conclamato anche in altri mercati. Come il Regno Unito, dove a quanto rivela una ricerca condotta da Deloitte (Made-to-order: the rise of mass personalisation), «i consumatori, spinti dalla diffusione dei social network e dei device digitali, vogliono sempre più indicare con precisione cosa vogliono, quando e come lo vogliono. Sono diventati al tempo stesso critici e creatori: chiedono un servizio sempre più personalizzato e si attendono di avere l'opportunità di plasmare i prodotti e i servizi che acquistano». Una tendenza alla personalizzazione che, secondo lo studio, per alcune categorie arriva a riguardare oltre il 50% dei consumatori. Si tratta di persone che non solo non guardano al prezzo - un acquirente su cinque tra quelli interessati a questi prodotti è disposto a pagare un extra del 20% - ma vogliono essere coinvolti attivamente nel processo di acquisto. In media il 36% dei consumatori si dichiara interessato a comprare prodotti o servizi personalizzati, e di questi il 48% si dice disposto ad aspettare più tempo per la consegna di questi articoli. Anche per i britannici la privacy è in testa alla lista delle preoccupazioni legate agli acquisti made to order: se il 22% dei consumatori è disposto a fornire dati personali in cambio di un prodotto o di un servizio maggiormente personalizzato, solo uno su 5 è felice che le aziende usino i dati personali per customizzare l'offerta, quota che sale a un quarto per i giovani tra 16 e 24 anni. Ciò posto, nota Deloitte, «offrire prodotti ed esperienze personalizzate può apportare benefici sia alle aziende sia ai consumatori. La personalizzazione di massa dà la possibilità alle imprese di dimostrare ai clienti in che modo sia possibile estrarre valore dalla mole di dati che essi forniscono. Dall'altra parte, le aziende hanno ovviamente uno sguardo più completo e profondo sulle preferenze e i comportamenti di consumo degli acquirenti, e questo può consentire loro di ottimizzare il business, riducendo i costi di marketing e creando un'offerta più compatibile con i desideri della clientela».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/personalizzazioni-2622943036.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ricami-a-mano-e-frasi-divertenti-cosi-ho-conquistato-la-cina" data-post-id="2622943036" data-published-at="1764954888" data-use-pagination="False"> «Ricami a mano e frasi divertenti: così ho conquistato la Cina» Instagram Fedorami Può sembrare una follia, ma trovare la maglietta bianca perfetta è una missione quasi impossibile. Si dice che, per ovviare al problema, Victoria Beckham, ex Spice Girl e oggi stimatissima stilista, ne abbia addirittura un armadio pieno. A salvare le tante fashion victim in crisi da tshirt ci pensa invece Valentina Nuzzi, milanese e mente creativa del brand Fedorami, che realizza magliette semplicissime, manica corta e girocollo, impreziosite da scritte ricamate a mano. Semplici ma efficaci, le magliette di Fedorami sono riuscite a conquistare tutti, e ora spopolano in Cina. Come nasce Fedorami?«Il mio marchio è iniziato con la produzione di borse, sono sempre stata alla ricerca del bello. Ho preso spunto da una borsa di mia nonna, una donna tedesca elegantissima».I tuoi prodotti sono semplici, ma hanno conquistato pubblico in tutto il mondo, come mai?«La mia missione era creare accessori riconoscibili e unici. Credo che in Fedorami si trovi proprio questo, semplicità ma al tempo stesso qualcosa di unico nel suo genere».Da dove trai ispirazione per i capi che proponi? «Traggo inspirazione da tutti i miei viaggi, dai miei stati d'animo e dalle esperienze. Tutto influisce sulla mia creatività».Perché scegliere di lavorare su magliette bianche? «La tshirt per me rappresenta il capo per eccellenza. Si sposa con tutto, puoi metterla in ogni contesto, e con l'aggiunta di un ricamo diventa unica». Cosa rende speciale un capo personalizzato?«Non tutti conoscono la storia del capo che indossano, basti pensare che per realizzare una semplice scritta una ricamatrice impiega un'ora e mezza. Per questo ho deciso di lavorare a magliette bianche personalizzate: perché è come lasciarsi ispirare e lavorare su una tela bianca».Ogni maglietta così diventa unica. «Esattamente. E poi mi diverto a leggere le frasi che mi mandano i clienti, alcune sono dolci altri incomprensibili ma il bello è che tutte hanno una loro storia». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/personalizzazioni-2622943036.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="collier-orecchini-e-anelli-l-oro-e-bello-purche-sia-personalizzato" data-post-id="2622943036" data-published-at="1764954888" data-use-pagination="False"> Collier, orecchini e anelli: l'oro è bello purché sia personalizzato Instagram Parure collection Carrie Bradshaw, la protagonista di Sex and the City interpretata da Sarah Jessica Parker è stata una delle prime a indossare un gioiello personalizzato. La sua «collanina Carrie» è stata uno dei feticci di tutte le fashion victim, pronte a spendere centinaia di euro per avere una replica del collier dorato con il proprio nome. Oggi, o gioielli personalizzati, continuano a essere uno dei regali più apprezzati. Oltre alle più classiche fedine incise all'interno con date importanti o frasi significative, la moda di creare qualcosa di unico, con il nome della persona amata o con una frase importante, passa anche per collane, bracciali e orecchini che vengono plasmati in base ai desideri di chi acquista. Parure collection, un brand di gioielli nato a Caserta, propone un must have della stagione: l'ID necklace, una collana in oro personalizzabile con piccole lettere che vengono disposte a creare nomi o frasi, in base alle esigenze degli acquirenti. Un accessorio da avere, come spiega la creatrice del brand Marica Abate: «Ci sono dei basic credo irrinunciabili. Delle creazioni senza tempo capaci di superare trend e mode senza mai risultare "passati"».Anche Apm Monaco punta sulle personalizzazioni. I suoi noti bangle (bracciali rigidi semi aperti) con le scritte ora sono completamente personalizzabili. Basta andare sul sito, cliccare sulle lettere, i numeri o i simboli che si preferiscono e il gioco è fatto. Le scritte, impreziosite da cristalli swarovski, rendono il gioiello unico nel suo genere.Anche Maman et Sophie porta al polso bracciali personalizzabili. Il lettering, in questo caso, è applicato come se fossero molteplici ciondolini che penzolando da una sottile catenelle dorata. Semplice ed elegante, adatto a grandi e piccine, nella personalizzazione è possibile inserire anche stelle e cuori smaltati, tipici del brand. Nove25 porta la personalizzazione sulle dita. Gli anelli, in argento, sono completamente customizzabili con testi di canzoni o frasi importanti. Il limite è di 45 caratteri per riga, per un massimo di 7 righe. Caratteri in stile gotico per le collane di The M Jewelers, brand americano che offre personalizzazioni in oro e diamanti. Al collo delle star di tutto il mondo, il brand è in grado di creare la collana prescelta in meno di 72 ore. Se tutto questo non bastasse, perché non personalizzare anche i propri orecchini? Soufeel ha creato due bottoncini placcati d'oro su cui è possibile incidere, nel giro di 24 ore, fino a tre lettere. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/personalizzazioni-2622943036.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="da-ready-to-wear-a-capo-di-lusso-il-jeans-ricamato-fa-tendenza" data-post-id="2622943036" data-published-at="1764954888" data-use-pagination="False"> Da ready to wear a capo di lusso: il jeans ricamato fa tendenza Your browser does not support the video tag. Se su Google si cerca la frase «trovare jeans perfetti» compaiono circa 454.000 risultati. Basta cliccare i primi articoli per capire che trovare il paio perfetto è quasi un'arte. I problemi sono sempre i soliti, quando fanno un sedere perfetto, hanno il cavallo troppo largo mentre quando stanno bene di gamba, in vita sono decisamente abbondanti. A risolvere questo annoso problema ci pensa però Atelier Notify che nella sua boutique milanese offre un servizio «made to measure» dove ogni dettaglio viene scelto dal cliente. Il ready to wear si trasforma così in un capo di lusso che risponde a tutte le vostre esigenze. Si inizia con la scelta del modello, forse quella più difficile per definire il vostro stile. Dal taglio «boyfriend» che si appoggia morbidamente sui fianchi al più classico «skinny» a vita alta fino al taglio a zampa, le combinazioni sono molteplici. Una volta presa la vostra decisione tocca al lavaggio. Molto amati dalle star sono quei colori dall'apparenza un po' vintage dove il colore acquista sfumature uniche e irripetibili. Poco sorprende infatti che Spotify sia scelto da numerosi personaggi del mondo dello spettacolo, da Gisele Bundchen, Jessica Alba e Natalie Portman a Carla Bruni, Linda Evangelista e Nicole Kidman. Ma le vostre decisioni non finiscono certo qui. Il filo con cui verrà cucito il vostro denim (rigorosamente Made in Italy), i bottoni e dettagli aggiuntivi che possano rendere il vostro paio di jeans ancora più unico sono a portata di mano. Ricami, borchie, pietre e patch sono a disposizione dei clienti per offrire un servizio di personalizzazione a 360 gradi. Non solo i vostri pantaloni saranno tarati sulle vostre misure, come nella tradizione sartoriale di un tempo, ma saranno unici nel loro genere e rifletteranno al meglio la vostra personalità. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem4" data-id="4" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/personalizzazioni-2622943036.html?rebelltitem=4#rebelltitem4" data-basename="per-essere-sempre-chic-scegliete-la-borsa-con-le-vostre-iniziali" data-post-id="2622943036" data-published-at="1764954888" data-use-pagination="False"> Per essere sempre chic scegliete la borsa con le vostre iniziali Istagram My Style Bag Dimenticate borsoni anonimi gettati nel bagagliaio a ogni viaggio e abbandonati fino alla prossima partenza, anche le vostre valige devono essere un'espressione del vostro stile. My Style Bag, azienda milanese nata dalla collaborazione di Lorena a Giuseppe Bellora con Stefano Donadel Campbell offre accessori dal design raffinato personalizzabili. I loro borsoni in canvas, camoscio, lino, lana o tessuto impermeabile possono infatti essere arricchiti con le vostre iniziali o con il vostro nome per esprimere la vostra creatività e il vostro stile. Secondo la filosofia di My Style Bag la personalità è assoluta protagonista di ogni prodotto. Ogni oggetto ha il nome di una città o di un quartiere, come il borsone in pelle Milano o lo zaino in canvas Brera (i costi vanno dai 150 ai 400 euro circa, ricami esclusi, ndr). Nella collezione sono anche presenti porta abiti, porta computer, beauty case e borse per il bebè. Nella lista di prodotti compare anche una morbida cuccia per il vostro amico a quattro zampe. My Style Bag conta una serie di clienti molto famosi. Tra di loro la principessa Caroline di Monaco che ha scelto il modello Harvard in canvas beige, personalizzandolo con il nome della sua barca Pacha III. Anche Jude Law ha scelto un borsone con le sue iniziali per gli spostamenti dal set della serie di successo The Young Pope. Tra i primi clienti, quando i fratelli Lorena e Giuseppe avevano appena aperto il loro punto vendita milanese, Silvio Berlusconi che ha deciso di acquistare un borsone con le sue iniziali. Insomma scegliendo My Style Bag sarete decisamente in ottima compagnia. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem5" data-id="5" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/personalizzazioni-2622943036.html?rebelltitem=5#rebelltitem5" data-basename="frasi-segrete-nascoste-sugli-slip-di-taffeta-la-seduzione-passa-da-ago-e-filo" data-post-id="2622943036" data-published-at="1764954888" data-use-pagination="False"> Frasi segrete nascoste sugli slip di taffetà: la seduzione passa da ago e filo Un messaggio segreto, da svelare solo a chi si ama. Il brand italiano Chité crea indumenti intimi personalizzati per offrire alla sua clientela un capo unico ed esclusivo che supporta l'artigianato italiano. L'azienda nasce in una calda serata parigina dall'idea di due amiche Federica Tiranti e Chiara Marconi. Immaginando la donna di oggi, indipendente, libera e ambiziosa, ma altresì legata alla sua femminilità e dolcezza, le due giovani hanno deciso di dare vita a Chité, «una storia scritta da donne per le donne». Il servizio di personalizzazione da loro offerto prende il nome di Lover e ha un costo base di 30 euro. Si può scegliere uno slip arricciato in raso (in tre varianti colore, verde, avorio e rosa), in tulle (in due varianti colore, blu e nero) o in taffettà verde. A questo si può aggiungere, al costo di 5 euro, una piccola frase o perché no il proprio nome. Il numero massimo di caratteri è 40 con 10 varianti di colori. «Intimo couture significa anche questo» si legge sullo shop online Chité. «Dai un'anima alla tua esperienza, scegliendo il messaggio da ricamare sullo slip». La tua frase rimarrà un segreto tra te e chi lo vorrai. Oltre alle opzioni di personalizzazione, Federica e Chiara offrono alle sue clienti un servizio esclusivo chiamato «home try». Chi visita il sito Chité può scegliere fino a 6 capi e riceverli comodamente a casa per provarli, avendo sei giorni per sceglierete acquistarli o meno. Le due fondatrici sanno infatti che l'acquisto del giusto capo intimo è importante e non sempre noi donne siamo sicure di aver scelto lo stile o la taglia giusta. Lo «slow couture» è anche questo, il lusso di poter scegliere ed essere uniche.
Nelle linee guida l’organizzazione sponsorizza la fecondazione in vitro, non menzionando sistemi più efficaci (ma che fanno girare meno denaro). E precisa: gli aiuti vanno estesi ai gay che non riescono ad avere bambini.
Che l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) possa mettere fra parentesi la scienza e l’etica in favore di altri interessi, ideologici ma non solo, non è certo una novità. Tuttavia, le nuove linee guida globali sull’infertilità da poco - e per la prima volta - pubblicate appunto dall’Oms contengono passaggi che non possono non colpire, per quanto accompagnati anche da considerazioni di buon senso. Anzitutto, va detto che non si può che salutare positivamente il fatto che l’Oms si occupi dell’infertilità - ossia il mancato raggiungimento di una gravidanza clinica dopo 12 mesi o più di rapporti sessuali regolari non protetti -, dato che essa costituisce a tutti gli effetti una questione sanitaria mondiale.
Una quantificazione del fenomeno è infatti ardua, ma solo dal 1990 al 2010 - secondo un’analisi pubblicata su PLoS Medicine -, si stima che il numero assoluto globale di coppie affette da infertilità sia passato da 42 a 49 milioni, facendo segnare una crescita senza dubbio continuata, e continua, anche ai giorni nostri. Allo stesso modo, nessuno può trovare alcunché da ridire sul fatto che «l’assistenza alla fertilità, che include prevenzione, diagnosi e trattamento dell’infertilità, dovrebbe essere accessibile a tutti», come scrive nell’introduzione al documento Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms. Analogamente, che «una dieta sana, l’attività fisica e la cessazione del fumo» possano prevenire o arginare problemi di infertilità è qualcosa di pacifico.
Assai più problematico, viceversa, risulta il fatto che in «Guideline for the prevention, diagnosis and treatment of infertility» – questo il nome ufficiale delle linee guida – si parli spessissimo della fecondazione in vitro come rimedio all’infertilità, dimenticandosi che esistono non solo altre possibilità di cura dell’infertilità ma pure possibilità prive delle problematiche di ordine etico correlate alle tecniche di procreazione medicalmente assistita; problematiche alle quali, va da sé, l’Oms pare non dare particolare peso. Al punto da arrivare perfino a raccomandare a livello internazionale l’accesso alla fecondazione in vitro per le coppie omosessuali e non solo. Per la verità, non si tratta d’una richiesta formulata a caratteri cubitali ma, a ben vedere, neppure così nascosta, anzi. Si trova infatti, a pagina 4, in una nota a piè di pagina che presenta più di una criticità.
Tanto per cominciare perché specifica che le linee guida utilizzano «termini come maschio e femmina (nelle sue raccomandazioni) e uomini e donne (nel testo che sintetizza la ricerca) per indicare il sesso biologico assegnato alla nascita». Dunque, secondo l’Oms, il sesso biologico è qualcosa di «assegnato alla nascita», dunque non di naturale bensì di convenzionale. Iniziamo bene. Ma questo è niente, perché nella stessa nota del documento si precisa che si precisa le linee guida si riferiscono, con il termine «coppie», alle «relazioni eterosessuali»; ma questo non significa che l’infertilità sia un problema solo di queste coppie. «Tuttavia», prosegue infatti il testo, «un’ampia varietà di persone, inclusi individui single o che vivono relazioni omosessuali o di genere diverso, potrebbe aver bisogno di servizi per soddisfare le proprie preferenze in materia di fertilità».
Che le «relazioni omosessuali» siano non accidentalmente bensì costitutivamente sterili, come osservava anni or sono il bioeticista Francesco D’Agostino, e quindi l’accostamento tra le due situazioni sia quanto meno opinabile, per l’Oms non rileva. Allo stesso modo, resta un piccolo alone di mistero su quali sarebbero le relazioni «di genere diverso» - forse quelle poligamiche o i cosiddetti poliamori? – cui bisognerebbe prestare attenzione. Sì, perché secondo l’Oms «chi si occupa di assistenza per la fertilità dovrebbe considerare le esigenze di tutti gli individui e fornire loro pari assistenza». Guai, insomma, a ricordare che una coppia di persone dello stesso sesso ha il rischio ma la certezza di trovarsi preclusa l’opzione procreativa.
In egual misura, tutto questo discorso trascura un punto di vista fondamentale: quello del figlio. A tal proposito, contattata dal portale LifeSiteNews, Samantha DeLoach del gruppo Them Before Us, ha fatto notare che «le linee guida dell’Oms trattano l’assistenza all’infertilità principalmente come una questione di accesso ed equità, ma non affrontano mai l’esperienza del bambino nell’ambito della fecondazione in vitro e delle tecnologie correlate». Che i figli della provetta possano scontare più rischi di salute, rispetto agli altri, è infatti un dato noto in letteratura: eppure l’Oms su questo sorvola. Proprio come sorvola sulle alternative alla provetta nella cura dell’infertilità.
Per esempio, una recente ricerca su oltre 1.000 coppie seguite in tre centri specialistici italiani – a cura del professor Giuseppe Grande e pubblicata sulla rivista Andrology – ha dimostrato che, a seguito di trattamenti mirati – antibiotici, integratori, terapia ormonale con Fsh – con l’obiettivo di ristabilire la fertilità naturale, il 41% delle coppie sono riuscite ad avere una gravidanza spontanea: una quota che supera in modo netto quelle medie delle tecniche di fecondazione assistita, soprattutto nelle donne sotto i 40 anni. Naturalmente, di questa ricerca non c’è traccia nelle 260 pagine delle linee guida dell’Oms. Forse perché attorno alla provetta c’è un giro d’affari infinitamente più vasto rispetto a quello di altre cure dell’infertilità? A pensar male si fa peccato, ma spesso s’indovina.
Lei e Stefano Sannino fanno un passo indietro, però la frittata è fatta I russi parlano di doppia morale. Gli Usa: «Era amica di Cuba».
Si chiama patteggiamento, ma in Italia perché ha un significato procedurale preciso: accetto una pena senza dichiararmi colpevole. Si ratifica questa intesa davanti al giudice. A Bruges le cose sono andate più o meno così, ma è solo- per dirlo nel linguaggio diplomatico tanto caro ai protagonisti di questa storia che in comune hanno d’essere dei fedelissimi di Romano Prodi e del Pd - un gentlemen agreement tra accusa e accusati: noi ci dimettiamo e voi non ci ammanettate.
Più rilevanti sono le conseguenze sul piano internazionale: l’amministrazione Trump si ricorda di quando Federica Mogherini flirtava con Cuba, i russi fanno la morale all’Europa e molti governi dell’Ue prendono le distanze. Così ieri con uno scarno comunicato la «Fede» tanto cara a Uolter Veltroni, portata ai massimi onori dal «Bomba» al secolo Matteo Renzi che la elevò prima a ministro degli Esteri e poi ad Alto (mai aggettivo fu più iperbolico) rappresentante per la politica estera europea, ha dato le dimissioni. In uno scarno comunicato fa sapere: «In linea con il massimo rigore e correttezza con cui ho sempre svolto i miei compiti, ho deciso di dimettermi dalla carica di Rettore del Collegio d’Europa e Direttore dell’Accademia diplomatica dell’Unione europea». «Sono certa che la comunità del Collegio - aggiunge l’esponente del Pd indagata per una serie di reati dalla procura belga e da quella europea in relazione ad appalti dell’istituzione da lei presieduta: si parla di almeno 600.000 euro - continuerà il percorso di innovazione ed eccellenza. Sono orgogliosa di ciò che abbiamo realizzato insieme e sono profondamente grata per la fiducia, la stima e il sostegno che gli studenti, i docenti, il personale e gli ex allievi del Collegio e dell’Accademia mi hanno dimostrato e continuano a dimostrarmi».
E poi la sagra dell’ovvio: «Ho piena fiducia nel sistema giudiziario e confido che la correttezza delle azioni del Collegio verrà accertata. Continuerò a offrire la mia piena collaborazione alle autorità». E ci mancherebbe altro. A dare le dimissioni non è solo nostra signora delle feluche, ma anche il suo sodale di partito, di carriera e d’inchiesta l’ambasciatore Stefano Sannino - noto più per avere perorato la causa del mondo gay e transgender che per aver fronteggiato crisi internazionali - che ha lasciato l’incarico di direttore generale per il Medio Oriente, il Nord Africa e il Golfo del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae). La Procura europea ha chiesto e ottenuto dalla Commissione la revoca dell’immunità diplomatica a Sannino. La carriera diplomatica di Sannino è stata fatta tutta all’ombra di Romano Prodi come del resto quella del terzo italiano incappato nell’inchiesta della procura belga: Cesare Zegretti, amministratore del Collegio d’Europa, che la Mogherini si è portata dietro. Zagretti è custode dei conti. Deve aver messo le maini avanti dicendo: vi racconto tutto. Così già mercoledì sera la Procura, intascate dimissioni e informazioni, ha deciso di mandare liberi i tre accusati.
Assai pesanti sono però i contraccolpi. Se già mercoledì dal Cremlino erano partite bordate - la portavoce del ministero degli esteri russo Maria Zakharova aveva attaccato: l’Ue fa la morale agli altri, ma preferisce ignorare i propri problemi di corruzione - ieri a rincarare la dose (e la brutta figura dell’Ue) ci ha pensato un alleato di ferro. Il vice segretario di Stato americano Christopher Landau che era a Bruxelles per la riunione dei ministri degli Esteri della Nato in supplenza di Marco Rubio a proposito della Mogherini ha scritto su X: «Si tratta, per inciso, della stessa persona che ha definito la Cuba comunista una “democrazia monopartitica” e ha favorito gli investimenti, il turismo e il commercio europei che hanno sostenuto il regime repressivo e fortemente antiamericano dell’isola».
La «Fede» è sempre stata inseguita da «sospetti». I francesi non la volevano al Collegio d’Europa perché la ritenevano, forse a ragione, inadeguata; tutti i paesi dell’Est non l’hanno votata come Alto Rappresentante perché giudicata amica di Vladimir Putin e tutte le diplomazie occidentali non si sono mai dimenticate dei suoi entusiasmi per Yasser Arafat a cominciare dagli americani che - ascoltando Landau - se ne sono ricordati. Matteo Renzi la impose, a spese degli interessi dell’Italia, per sbarrare la strada a Massimo D’Alema. Sulla Mogherini sono piovuti anche gli strali di Viktor Orban mentre Ursula von der Leyen per ora tace. Una difesa d’ufficio ha provato a farla Andrea Orlando in vece di Elly Schlein che comme d’habitude è non pervenuta. Uno dei cacicchi del Pd se l’è presa con la Russia e i giornali di destra: «sarebbe questo il loro garantismo?» chiede sarcastico. Peccato che nulla abbia detto sull’altro caso strano: la revoca dell’immunità parlamentare ad Alessandra Moretti, eurodeputata Pd, coinvolta nel Qatargate. Mentre Elisabetta Gualmini, anche lei eurodeputata Pd, ma bolognese, e pure lei accusata per il Qatargate, l’ha fatta franca in Commissione - sarà l’aula ad avere l’ultima parola- la Moretti accusa il Ppe e FdI: «Sono vittima di un complotto politico, con me oggi è morta l’immunità parlamentare». Le fa notare Carlo Fidanza di FdI-Ecr: «Il Pd l’immunità l’ha uccisa con Ilaria Salis: ci hanno insegnato che ognuno vita per i suoi». E Elly Schlein resta in silenzio perché deve tutelare il campo largo e di farsi sorpassare a sinistra da Giuseppe Conte sul terreno del giustizialismo non le va. Soprattutto se a inciampare nelle inchieste sono le reduci renziane.
La nuova perizia sul Delitto di Garlasco: sulle unghie di Chiara c’è un DNA compatibile con la linea paterna di Andrea Sempio, non con quella di Stasi. Non è una prova, ma un indizio pesante che cambia la lettura del caso e alimenta il confronto in vista del 18 dicembre.
Intervistato da «India Today», il leader russo conferma le sue rivendicazioni ma anche la buona volontà di Donald Trump, che sospende alcune sanzioni contro Lukoil. Emmanuel Macron agli europei: «Temo il tradimento del tycoon».
È la prima visita di Vladimir Putin a Nuova Delhi dall’inizio della guerra. Sul tavolo accordi su energia e armamenti. Ma è anche una dimostrazione a Donald Trump e Xi Jinping della propria indipendenza.
Lo speciale contiene due articoli
A distanza di due giorni dall’incontro con la delegazione statunitense, il presidente russo Vladimir Putin, in un’intervista rilasciata a India Today, ha espresso piena fiducia nell’amministrazione americana nel condurre le trattative, ma allo stesso tempo ha confermato le sue rivendicazioni territoriali.
Sulla questione del Donbas ha infatti ribadito: «O liberiamo questi territori con la forza delle armi oppure le truppe ucraine se ne vanno e smettono di combattervi». Una prospettiva di dietrofront non è nemmeno contemplata per quanto riguarda l’adesione dell’Ucraina alla Nato: l’ipotesi resta «inaccettabile» sia perché «la Nato è una minaccia» per la Russia (ma anche per l’Europa), sia perché l’Ucraina «sin dall’indipendenza» ha affermato di essere «uno Stato neutrale». Se da una parte ha riconosciuto che «ogni Paese ha il diritto di scegliere i propri mezzi di difesa», dall’altra ha osservato «che non è accettabile che ciò avvenga alle spese della Russia». Rimane quindi cruciale trovare «un modo per garantire la sicurezza» di Kiev «senza mettere a repentaglio» quella di Mosca.
Putin ha anche fornito qualche dettaglio in più sul colloquio «molto importante» con l’inviato speciale americano, Steve Witkoff, e con Jared Kushner a Mosca, evidenziando quanto fosse necessario «ripassare quasi ogni punto» del piano di pace. Anche perché le proposte «contenevano questioni su cui la Russia non era d’accordo, ma ne abbiamo discusso». Ciò non toglie la fiducia riposta in Washington: lo stesso presidente russo ha ammesso che «raggiungere un consenso tra parti in conflitto non è un compito facile». Dunque, ha dichiarato: «Credo che dovremmo partecipare a questo sforzo piuttosto che ostacolare» le trattative. Ma, a differenza di quanto proposto dagli Stati Uniti, Mosca non ha alcuna intenzione di tornare a far parte del G8. Putin ha svelato di averlo comunicato direttamente allo stesso Witkoff: «Gli ho spiegato perché non sono più andato agli incontri del G8 nel passato». E nell’intervista ha colto l’occasione per lanciare una stoccata ai membri del G7 sottolineando che non comprende «perché continuino a definirsi Grandi» dato che sono «Paesi in declino».
Non ci sarebbero invece dubbi sulla genuinità del presidente americano, Donald Trump, nel volere la fine della guerra: «Sono assolutamente certo che miri sinceramente a una risoluzione pacifica», ha detto Putin. Ha però riconosciuto che dietro la volontà americana «potrebbero esserci anche interessi politici» o anche «motivazioni economiche» che ovviamente andrebbero a beneficio di entrambi. A tal proposito ha rivelato che la Russia ha ricevuto alcune lettere da parte di aziende americane: hanno chiesto «di non dimenticarsi della loro esistenza». Ha proseguito: «Si tratta di nostri ex partner che esprimono un chiaro desiderio di riprendere la cooperazione». Gli Stati Uniti, nel frattempo, hanno annunciato di aver sospeso alcune sanzioni imposte contro il colosso russo energetico Lukoil per permettere alle stazioni di servizio situate oltre i confini russi di continuare a operare, a patto però che i ricavi non siano convogliati verso la Russia.
A differenza di Putin, a non credere alle buone intenzioni del tycoon sono gli alleati europei. A rivelarlo è Der Spiegel. Nella video call che i leader hanno avuto lunedì sarebbe emersa tutta la diffidenza dell’Europa. Addirittura, il presidente francese Emmanuel Macron avrebbe il timore che «gli Stati Uniti tradiscano l’Ucraina sul territorio senza chiarezza sulle garanzie di sicurezza». Una posizione simile sarebbe stata condivisa anche dal cancelliere tedesco, Friedrich Merz, che avrebbe consigliato al presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, di essere «molto prudente in questi giorni», aggiungendo: «Stanno giocando con voi e con noi». E a non avere fiducia nelle capacità negoziali di Witkoff e Kushner sarebbero pure il presidente finlandese, Alexander Stubb, e il segretario generale della Nato, Mark Rutte. Il primo avrebbe detto: «Non possiamo lasciare l’Ucraina e Volodymyr da soli con questi tizi». E il secondo avrebbe: «Dobbiamo proteggere Volodymyr».
E mentre la questione dell’utilizzo degli asset russi continua a tenere occupata Bruxelles, pare che il premier belga, Bart De Wever, abbia avuto un barlume di lucidità nella miopia europea. Ha ammesso al quotidiano belga La Libre Belgique che pensare che la Russia esca sconfitta dalla guerra è «una favola, un’illusione». E intervenendo sui beni russi, ha precisato: «Siamo pronti a fare sacrifici, ma non possiamo chiedere a questo Paese di fare l’impossibile». Ha quindi raccontato che sul dossier in questione esiste «una pressione incredibile». Rispolverando la storia, ha messo in luce che «rubare i beni congelati di un altro Paese, i suoi fondi sovrani, non è mai stato fatto. Si tratta del denaro della Banca centrale russa. Neppure durante la Seconda guerra mondiale si confiscò il denaro della Germania».
Le trattative in ogni caso proseguono: in Florida sono arrivati il negoziatore ucraino Rustem Umerov e il capo di stato maggiore delle forze armate ucraine, Andriy Hnatov, per un altro round di discussioni con gli americani.
Lo Zar in India: segnali a Usa e Cina
La Russia rafforza la sponda con l’India. Ieri sera Vladimir Putin è atterrato a Nuova Delhi, dove è stato calorosamente accolto da Narendra Modi. «Sono lieto di dare il benvenuto in India al mio amico, il presidente Putin», ha dichiarato il premier indiano su X, per poi aggiungere: «L’amicizia tra India e Russia è un’amicizia collaudata che ha portato grandi benefici al nostro popolo». In particolare, il capo del Cremlino guiderà una nutrita delegazione che, secondo Al Jazeera, include il ministro della Difesa russo, Andrei Belousov, oltre ad alti dirigenti di Rosoboronexport, Rosneft e Gazprom. Quella iniziata ieri è la prima visita dello zar in India da quando è scoppiato il conflitto ucraino. Modi, dal canto suo, si era recato in Russia l’anno scorso. Ci si attende che i due leader discuteranno di vari dossier: soprattutto commercio, energia e difesa. In questo quadro, Nuova Delhi sarebbe pronta a noleggiare per due miliardi di dollari un sottomarino a propulsione nucleare russo. Inoltre, secondo il Times of India, Mosca potrebbe garantire all’India la fornitura di missili aria-aria a lungo raggio R-37.
Ma qual è l’obiettivo geopolitico di Putin con questo viaggio? Cominciamo col dire che i rapporti tra Russia e India sono particolarmente saldi. Nuova Delhi non ha mai realmente voltato le spalle al Cremlino, nonostante l’invasione del 2022. Anzi, in occasione della conferenza di pace tenutasi in Svizzera a giugno 2024, l’India fu tra i Paesi che non firmarono il documento finale in cui si auspicava l’integrità territoriale dell’Ucraina. Inoltre, Russia e India intrattengono solidissimi legami nel settore dell’energia e della difesa: legami che, con questo viaggio, lo zar punta a irrobustire. E infatti, in un’intervista a India Today, il capo del Cremlino ha detto che la cooperazione energetica con l’India resta stabile. Non solo. L’arrivo di Putin a Nuova Delhi è avvenuto in una fase particolarmente delicata dei rapporti tra India e Stati Uniti. Non dimentichiamo che, negli scorsi mesi, si sono registrate notevoli tensioni tariffarie tra i due Paesi e che l’amministrazione Trump ha criticato gli indiani per i loro ingenti acquisti di petrolio russo: circostanza di cui lo zar si è lamentato parlando con India Today. Senza trascurare che sia Mosca che Nuova Delhi appartengono ai Brics: un blocco di cui la Casa Bianca teme gli storici propositi di de-dollarizzazione.
Insomma, il primo obiettivo di Putin è quello di lanciare un monito a Washington. Lo zar vuole far capire agli Stati Uniti di non essere isolato dal punto di vista internazionale e di essere pronto a incunearsi nelle relazioni tra India e Usa. Si tratta di un modo con cui il presidente russo punta indirettamente a rafforzare la propria posizione negoziale nel processo diplomatico ucraino. Ma Putin sta cercando di lanciare anche un secondo monito, e il destinatario è la Cina. Senza dubbio, negli ultimi mesi lo stato dei rapporti tra Pechino e Nuova Delhi è migliorato. È tuttavia anche vero che permangono vari punti di attrito tra i due giganti. E Putin punta ad approfittarne. Consolidando la sponda con l’India, lo zar cerca infatti di rendere meno soffocante il suo abbraccio con Xi Jinping. In altre parole, Nuova Delhi, nella strategia dello zar, rappresenta un fattore utile a controbilanciare Pechino.
Si tratta di una logica che, a suo modo, è anche Modi a seguire. Il premier indiano vuole rinsaldare la sponda col Cremlino per lanciare un duplice avvertimento: uno a Washington e l’altro a Pechino. Modi mira a rafforzare la sua posizione nei negoziati commerciali con gli Usa e, al contempo, a incrementare la propria sicurezza energetica e militare nei confronti del Dragone. Chiaramente il premier indiano dovrà essere più cauto dello zar, perché ha comunque necessità di preservare i legami tanto con gli Usa quanto con l’Ue.