2025-06-27
Tedeschi perseguitati se dissentono. Ma la «democratica» Ue fischietta
Holger
Münch, vertice dell'ufficio federale di polizia criminale tedesca (Ansa)
Perquisiti all’alba in Germania 170 cittadini che hanno criticato o insultato i politici sui social. L’operazione, dipinta come lotta ai discorsi d’odio, lascia indifferente l’Europa. Preoccupata solo dei gay pride in Ungheria.Da qualche anno in Germania le forze dell’ordine hanno preso l’abitudine di ravvivare una antica tradizione nazionale di perquisizioni e arresti politici. Come nei tempi andati, intorno alle 6 di mattina la polizia bussa alla porta di cittadini che hanno espresso opinioni sgradite (benché talvolta davvero sgradevoli) e procede a ispezione e sequestro di computer, tablet e smartphone. Tutto si svolge sotto l’egida del dipartimento di polizia criminale (Bka) e viene fatto passare come un grande repulisti di odiatori. L’obiettivo ufficiale è infatti quello di individuare e punire coloro che si rendano responsabili di diffondere sulla Rete il cosiddetto hate speech: in pratica è gente che fa commenti e pubblica post volgari od offensivi. Già questo basterebbe per farsi venire qualche dubbio. Intendiamoci: i leoni da tastiera sono una genia abietta, e chiunque vi abbia avuto a che fare non può non detestarli. Ma l’idea di sopprimere l’odio per legge è per lo meno contestabile oltre che delirante. Stabilire quale sia la linea di demarcazione fra contestazione e odio è sostanzialmente impossibile e si finisce di solito per punire - assieme a qualche imbecille - anche gente che ha la sola colpa di pensarla diversamente dalla maggioranza.In Germania tuttavia la situazione è leggermente più complicata e detestabile. Mercoledì mattina c’è stata una nuova ondata di perquisizioni, per lo più svolte sulla base dell’articolo 188 del Codice Penale vigente dal 2017, il quale impone pene particolarmente severe per critiche e insulti nei confronti dei politici. In buona sostanza non si va a colpire i presunti odiatori, ma coloro che sono responsabili di avere preso a male parole o duramente criticato un politico. Cosa che, in una democrazia, non è esattamente il massimo della giustizia. A questo giro sono finite nel mirino subendo visite a domicilio degli agenti 170 persone responsabili di avere scritto commenti online. Il ministro degli Interni del Nord Reno-Vestfalia Herbert Reul (Cdu), il cui Land ha gestito circa 14 dei 130 provvedimenti emessi dalla autorità giudiziaria, ha dichiarato che «gli incendiari digitali non devono potersi nascondere dietro cellulari o computer». Tutto sacrosanto. Resta però vagamente inquietante che si possa subire una perquisizione domestica se si scrive su internet che un politico è idiota o ubriaco. Perché questi sono esattamente i casi che hanno dato il via alle «giornate di azione», come vengono definite in Germania. Come scrive Junge Freiheit, «da diversi anni, l’Ufficio federale di polizia criminale (Bka), in collaborazione con le forze di polizia statali, organizza regolarmente giornate di mobilitazione contro i cosiddetti crimini d’odio e gli insulti contro i politici. L’iniziativa è supportata da numerosi centri di segnalazione, per lo più gestiti da organizzazioni di sinistra, che denunciano penalmente gli autori di post offensivi per conto di politici e dello Stato. Ciò ha portato anche alla registrazione di 10.732 reati di questo tipo lo scorso anno, un nuovo record. Rispetto al 2021, i numeri sono quadruplicati».Insomma, è piuttosto chiaro che cosa stia avvenendo: con la scusa di combattere l’odio online e punire gli insultatori in Rete si perseguono persone colpevoli di aver pubblicato post troppo critici sui politici o di aver espresso opinioni giudicate inappropriate. «Il principale abusatore della legge», scrive The European Conservative, «è l’ex vicecancelliere e leader del Partito Verde, Robert Habeck, che ha denunciato personalmente oltre 800 cittadini per averlo insultato online. Di recente, un pensionato di 64 anni è stato condannato per aver definito Habeck “un completo idiota” a seguito di una perquisizione domiciliare, mentre un altro uomo è stato multato di 6.000 euro per averlo definito “sporco” e aver chiamato l’ex ministro degli Esteri Annalena Baerbock “stupida”».Il fatto che di queste retate e intimidazioni di massa la quasi totalità dei media non parla. E ovviamente non ne parlano mai i politici, a partire dagli alti papaveri europei che pure affettano costantemente preoccupazione per le sorti della libertà e della democrazia. Prendiamo Ursula von der Leyen: ha appena lanciato un appello alle autorità ungheresi affinché consentano lo svolgimento del gay pride a Budapest senza infastidire i manifestanti, e ha dichiarato che sarà sempre una strenua sostenitrice della causa Lgbtq. A notare la contraddizione fra le uscite libertarie di Ursula e il suo silenzio sulle vicende tedesche è stato Rod Dreher, autore de L’opzione Benedetto: «Sono un americano che vive in Europa. Il Primo emendamento significa molto per me. Se fossi a capo del governo ungherese, lascerei che gli Lgbt marciassero. Non mi piacerebbe, ma lo lascerei fare», dice Dreher. «Per essere chiari, sostengo pienamente la legge ungherese del 2021 che vieta la distribuzione di materiale Lgbt ai minori - cosa che ha causato un enorme clamore nei corridoi del potere europeo, portando persone come l’allora primo ministro olandese Mark Rutte a chiedere l’espulsione dell’Ungheria dall’Ue - perché questo riguarda i bambini. Non c’è quasi nulla che la classe dirigente europea ami di più del queerizzare i bambini, tranne forse il queerizzare il Donbass. Ma lasciare che gli adulti marcino per i diritti degli omosessuali, certo, lo permetterei, sulla base del fatto che la libertà di parola per gli adulti è un principio che vale la pena difendere, anche quando si tratta di parole che non mi piacciono». Date queste ragionevoli premesse, l’autore americano conclude (giustamente): «Credo anche che i Paesi dovrebbero avere in generale il diritto di adottare le proprie politiche su tali questioni, secondo i propri valori. Se gli ungheresi, attraverso i loro rappresentanti democraticamente eletti hanno scelto di adottare una linea dura nei confronti degli Lgbt, allora è un loro diritto. Se i tedeschi scelgono di adottare una linea dura nel limitare o punire la libertà di parola in altri modi, beh, questo è ciò che significa democrazia e sovranità. Non dobbiamo apprezzarlo, ma dovremmo rispettarlo. Ciò non significa che un Paese, nell’esercizio di tale diritto, debba essere esente da critiche. Se Madame Von der Leyen desidera fare dispetto all’Ungheria per i suoi valori, si faccia avanti. Ma la burocrazia dell’Ue va oltre. Sebbene non abbia imposto sanzioni all’Ungheria direttamente legate alle sue leggi Lgbt, l’Ue le ha citate come parte del suo rifiuto di erogare i fondi dovuti all’Ungheria, come una preoccupazione relativa allo “stato di diritto”».Cristallino: si possono criticare le scelte politiche delle nazioni, ma si dovrebbe lasciarle libere di regolarsi come vogliono. Invece i vertici europei sono durissimi con Budapest e contemporaneamente - a partire dalla tedesca Ursula - approvano il comportamento intollerante e liberticida delle istituzioni tedesche. A quanto pare, in Europa uno può sfilare per strada in tenuta sadomaso con le trippe a vista senza problemi, ma non può dire che un politico è idiota.
(Totaleu)
«Strumentalizzazione da parte dei giornali». Lo ha dichiarato l'europarlamentare del Carroccio durante un'intervista a margine della sessione plenaria al Parlamento europeo di Strasburgo.