2020-02-12
Per paura dei germi ci freghiamo le mani (e lo fa anche chi produce i gel detergenti)
Grande distribuzione e farmacie assaltate in cerca di Amuchina e dispositivi simili: vendite triplicate. Le aziende specializzate in mascherine assumono per stare dietro agli ordini. Nelle grandi città, come Roma, inizia il bagarinaggio fuori dalle stazioni.Fateci caso quando siete in attesa del vostro turno davanti alla cassa del supermercato. Da qualche settimana aumentano le piccole confezioni di antibatterici, quelle bottigliette trasparenti da tenere in borsa per disinfettare rapidamente le mani durante la giornata. È il mercato, la domanda fa l'offerta. E il marketing si adegua piazzando meglio in vista i prodotti che si vendono di più. Se l'incubo del contagio da coronavirus sta mettendo in ginocchio larghi settori dell'economia mondiale, per qualcuno l'emergenza si sta rivelando un volano. Cifre ufficiali che quantificano l'aumento degli affari ancora non esistono, il fenomeno è troppo recente e i dati sulle vendite dei singoli marchi sono definitivi «sensibili», nessuno è disposto a rivelarli. Gli stessi colossi della grande distribuzione come Esselunga non svelano le performance dei singoli prodotti venduti. Ma di certo non si esagera, commentano alcuni analisti del settore, se si dice che le vendite di quelli che in gergo vengono definitivi prodotti di healthcare o clenaning sono triplicate. Un numero arriva dalla Gammadis, un'azienda familiare in provincia di Macerata che produce mascherine: se normalmente ne vendeva 50.000 l'anno, ora la richiesta è di 100.000 a settimana. E la piccola impresa, per correre ai ripari, è costretta ad assumere personale. Le chiamate arrivano da tutta Italia e anche dal Vaticano da dove ne sarebbero state ordinate 300.000 unità. Ed è esplosa anche la domanda di disinfettanti, gel igienizzanti, acqua ossigenata e detergenti. Stessa musica più a nord, a Cormano, dove ha sede la BLS, una eccellenza tutta italiana nata a Milano, nel quartiere Bovisa, nel 1970. Negli ultimi giorni hanno ricevuto ordini per un totale di 10 milioni di pezzi. Considerando che il mercato nazionale vale circa 15-20 milioni di mascherine all'anno, significa che le richieste causate dal coronavirus hanno portato alla BLS ordini pari al 50% dell'intera produzione nazionale del 2019. Nell'azienda, che ha 40 dipendenti in Italia e 20 in Spagna, è stata organizzata una produzione extra organizzata su tre turni, per garantire la produzione di mascherine ventiquattro ore su ventiquattro. Così come i Nutella Biscuits sono stati protagonisti di una sorta di sindrome collettiva da accaparramento, le notizie che arrivano dalla Cina e l'allarme pandemia hanno infatti scatenato la corsa all'acquisto di gel, disinfettanti, salviette ammazza germi e, ovviamente, di mascherine monouso. In alcune farmacie sono già finite le scorte, come a Prato dove sono state acquistate in quantità industriale soprattutto dai cinesi, spesso per inviarle ai parenti in Cina (dove risultano pressoché introvabili). Gli studenti la utilizzano per andare all'università, mentre i più anziani spesso le acquistano per spedirle alle famiglie che risiedono ancora in Asia. A ruba le confezioni con dieci pezzi, senza valvola. Difficile anche l'approvvigionamento, perché un po' tutti i distributori e grossisti sono stati spiazzati da questo fenomeno esploso all'improvviso. E come era successo nel caso dei biscotti della Nutella sono già spuntati i bagarini. A Roma hanno invaso la stazione Termini e i principali monumenti della capitale e cercano di piazzare le mascherine al prezzo di due euro, cinque se il cliente italiano acquista tutto il pacchetto (ma occhio alla qualità). Per gli asiatici e gli stranieri il costo sale però a dieci euro per ogni mascherina. L'ansia da coronavirus ha finito per coinvolgere anche i più grandi siti di e-commerce online, dando il via a speculazioni spesso fuori proporzione: le mascherine, come rivelato qualche giorno fa Fanpage.it hanno subito un aumento del prezzo anche fino al 1.572 per cento. Nella caccia alle protezioni e ai presidi anti contagio nei supermercati vanno a ruba i disinfettanti cutanei anche perché alcuni Comuni hanno fatto scorta per la pulizia delle mani per collocarli nei bagni degli uffici pubblici e delle scuole. Il più diffuso è il gel dell'Amuchina, acquistata nel 2002 dalla Angelini e prodotta nello stabilimento di Casella, in provincia di Genova, dove - riporta il sito della Angelinipahrma - «si producono 6 milioni di litri di Amuchina l'anno pari a circa 8 milioni di confezioni nei vari formati». Nel bilancio 2018 (l'ultimo disponibile) depositato dalla casa farmaceutica nella banca dati della Camera di Commercio si legge che l'Amuchina ha fatto registrare una crescita del fatturato del 4,6% a quasi 42 milioni di euro e che il Gel X-Germ è leader sul mercato con una quota dell'81,3 per cento. Una curiosità: l'Amuchina è nata nel 1939, a seguito dell'epidemia di tubercolosi che colpì l'Italia, quando l'azienda Eridania sviluppò un disinfettante attivo nei confronti del bacillo responsabile della malattia.
Charlie Kirk (Getty Images
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