
Contro la legge protezionista Usa, l’Ue punta su regole più snelle sugli aiuti di Stato e un fondo ad hoc. Noi rischiamo di rimetterci.L’Inflaction reduction act (Ira), ovvero la legge americana contro l’inflazione che prevede sussidi green, continua a far discutere l’Europa. Che ora vuole rilanciare con un fondo Ue anti Ira. «Sostenere la transizione verde è la cosa giusta da fare se lo si fa bene, in maniera trasparente e in modo da garantire una vera par condicio. C’è il rischio che la legge sull’inflazione Usa porti a una concorrenza sleale», ha detto ieri la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, durante la sessione plenaria del Parlamento europeo. Sottolineando che c’è bisogno di «una risposta Ue, un Inflaction reduction act europeo», perché «dobbiamo adattare le nostre norme per agevolare gli investimenti pubblici nella transizione e riconsiderare la possibilità di investimenti aggiuntivi». Per la presidente della Commissione sono tre gli aspetti particolarmente preoccupanti: in primo luogo, la logica del Buy American, che è alla base di gran parte dell’Ira. In secondo luogo, le agevolazioni fiscali, che potrebbero portare a discriminazioni. E terzo, i sussidi alla produzione, che potrebbero svantaggiare le imprese europee. Per rispondere, «dobbiamo adeguare le nostre regole per facilitare gli investimenti pubblici nazionali nella transizione» ha poi precisato annunciando un nuovo quadro di norme per gennaio. Nel frattempo, la von der Leyen ha scritto una lettera ai 27 capi di Stato e di governo in vista del Consiglio europeo. «Stiamo lavorando a stretto contatto con l’amministrazione Biden sugli aspetti più preoccupanti dell’Inflaction reduction act (Ira). Stiamo discutendo su come rafforzare congiuntamente le nostre basi industriali per l’energia pulita e su come assicurarci che i nostri rispettivi programmi di incentivi si rafforzino a vicenda. In ottobre, abbiamo lanciato la task force Usa-Ue, in particolare per discutere di sfide comuni come la nostra eccessiva dipendenza dalle materie prime cinesi, fondamentali per la nostra transizione verde». Nella missiva, la presidente della Commissione Ue aggiunge che «una possibile soluzione potrebbe essere la creazione di un club delle materie prime per superare il monopolio cinese in questo settore» e poi lancia la proposta di «adeguare le nostre norme sugli aiuti di Stato per alcuni anni», perché «dobbiamo rendere più facile per gli investimenti pubblici alimentare questa trasformazione senza precedenti. Le nostre norme sugli aiuti di Stato servono per garantire che le imprese di tutti gli Stati membri competano su un piano di parità all’interno del mercato unico». Ai capi di Stato viene, infine, comunicato che Bruxelles sta effettuando «un nuovo esame per garantire un quadro degli aiuti di Stato più semplice, più rapido e più prevedibile. Dobbiamo consentire il sostegno lungo l’intera catena del valore catena del valore, fino alla produzione delle soluzioni green tech più strategiche e dei prodotti finali puliti», ha chiosato von der Leyen.Durante il briefing quotidiano con la stampa, la portavoce della Commissione, Dana Spinant, ha poi precisato che nelle reazioni alla mossa della Casa Bianca «non c’è alcun riferimento né a una gara di sussidi né a una guerra commerciale. Al contrario», Bruxelles preme «per un approccio molto aperto sulla base di sette pilastri», che vanno «dal lavoro con gli Stati Uniti sugli aspetti dell’Ira che potrebbero causare danni alle nostre aziende o industrie», al «finanziamento delle tecnologie pulite» dal punto di vista ambientale. L’obiettivo è ricompattare le diverse posizioni su come reagire al protezionismo di Biden. Questo, per altro, mentre la Ue ha anche annunciato un accordo sul carbon border adjustment, il meccanismo di compensazione della CO2 alle frontiere esterne il cui principale effetto collaterale sarà però anche quello di alimentare l’inflazione strutturale. Lanciare un fondo anti Ira può essere una risposta efficace? Bilanciare la forza degli Usa affinché la legge americana non porti a una concorrenza commerciale sleale può servire a contrastare il monopolio di Pechino sul fronte delle materie prime. Ma ci sono comunque alcuni svantaggi che non vanno sottovalutati. Per esempio, in Italia c’è il rischio che, una volta versato l’obolo per il nuovo fondo europeo, poi a gestire i progetti siano altri fuori dal Paese. Prendiamo l’esempio delle infrastrutture o dei rigassificatori. Noi mettiamo gran parte dei fondi ma poi a gestire le cordate sono soggetti che parlano altre lingue, come il francese. Facciamo qualche esempio. Ad agosto il colosso transalpino Edf, ha smentito le indiscrezioni su una possibile cessione dell’italiana Edison (di cui possiede il 98%) per raccogliere ulteriori risorse e perseguire la propria campagna nucleare, ma potrebbe comunque decidere di cedere delle quote per dirottare l’investimento verso altre società tricolori. Nei giorni scorsi La Verità ha inoltre raccontato come sul porto di Taranto siano tornati in manovra i cinesi, interessati anche al business dell’eolico, su cui ha messo gli occhi pure un po’ di Francia, con investitori già pronti a realizzare altri progetti in Puglia.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.