2019-04-18
Dopo mesi di silenzio si torna a parlare di Franco Bernabè. Per l'Eni
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Il Cane a sei zampe ha deciso un ricambio ai vertici nelle ultime settimane per dare maggiore stabilità all'azienda in una fase anche complessa per la politica internazionale. Come dopo Tangentopoli potrebbe essere lo storico dirigente di San Donato, poi in Telecom, a ridare respiro alla società toccata dalle inchieste della magistratura su Nigeria e Congo. Ci ragionano i 5 stelle. Tra i corridoi del ministero dell'Economia azionista quasi al 30% (tramite Cdp) del colosso petrolifero Eni, circola voce che sulla recente riorganizzazione di manager voluta dall'amministratore delegato Claudio Descalzi abbia detto la sua anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Non ci sono conferme ufficiali, ma è certo che la stabilità interna dell'azienda di San Donato in questa delicata fase di politica internazionale - vedi situazione in Libia- sia più che mai fondamentale per la tenuta del Paese, da sempre una priorità per il Quirinale. Per questo motivo la decisione di allontanare alcuni top manager o spostarli in uffici esteri, viene letta dagli addetti ai lavori come un modo per dare tregua, anche per non indebolire l'immagine dell'azienda sui giornali, almeno fino al 2020, quando ci sarà il rinnovo dei vertici.A quanto pare tra i possibili sostituti di Descalzi ci sarebbe Franco Bernabè, l'ex numero uno di Tim che prese in mano il Cane a sei zampe negli anni novanta dopo Tangentopoli e la morte del presidente Gabriele Cagliari. Insomma potrebbe essere proprio Bernabè, allievo di Franco Reviglio storico dirigente di San Donato. da tempo in ottimi rapporti con il governo gialloblu di Giuseppe Conte, a rimettere le cose a posto, specializzandosi così in risanamenti aziendali dopo inchieste della magistratura. Gli appoggi politici non mancano. Si parla già di un possibile ruolo di presidente esecutivo, con deleghe pesanti. Come amministratore delegato al suo fianco ci potrebbe essere di Massimo Mondazzi, attuale Chief financial officer. In ogni caso bisognerà tenere conto anche dell'attuale presidente del Milan Paolo Scaroni è in grande rilancio in questo periodo, sia per gli ottimi rapporti con la Lega di Matteo Salvini sia per l'aiuto che sta dando a Cassa depositi e prestiti nella difficile situazione di Tim. «Si farà sentire», assicurano i ben informati. Ma dovrà vedersela a questo con quello che è considerato uno dei suoi avversari di sempre, ovvero Bernabè. Del resto già da dicembre il «Reviglio boy» per eccellenza parla più che bene sia dei 5 Stelle sia della Lega. Lo rivelò in un paio di interviste, spiegando di non temere il governo dei barbari. Per di più due settimane fa è stato anche a Ivrea all'evento della Casaleggio Associati. In ogni caso Bernabè o chi arriverà al suo posto - sempre che non resti Descalzi in attese delle sentenze sui processi - si ritroverà un'azienda ferita al suo interno, sia per le inchieste sia per il redde rationem di questi giorni, un repulisti che non si è ancora fermato. Al momento, a «uscire» dalla sede principale dell'Eni, come anticipato dalla Verità, sono stati l'ex top legal Massimo Mantovani e Vincenzo Maria Larocca di Syndal, coinvolti nelle indagini parallele intorno al processo principale per la presunta corruzione sul giacimento Opl-245 in Nigeria. Ma la lista di «uscite" potrebbe presto allungarsi. Di sicuro non ha aiutato la puntata di Report di lunedì scorso, dove l'ex avvocato Eni Piero Amara ha rivelato dei suoi rapporti e degli incontri segreti con Claudio Granata, capo delle risorse del personale, molto vicino a Descalzi. Granata è più che mai sulla graticola in questo periodo, anche perché ritenuto uno degli ingranaggi del tentativo di depistaggio, soprannominato «Operazione Odessa», organizzato con Amara contro i consiglieri Luigi Zingales e Karina Litvack. Oltre a Roberto Casula - già «Chief development, operations & technology officer» auto sospeso perché coinvolto nei processi Nigeria e Congo-, c'è poi chi sostiene che a rischiare sia anche Antonio Vella, capo esplorazione e produzione, uscito indenne dal "caso" Algeria ma accusato di insider trading sempre per i suoi rapporti con l'avvocato Amara. A rischio anche Alberto Chiarini, amministratore delegato di Eni gas e luce, ex Saipem, multato da Consob. Di sicuro c' è che quella del prossimo anno sarà una vera e propria tornata di cambiamenti interni per il nostro colosso petrolifero. Il consiglio di amministrazione sarà rinnovato e a perdere il posto saranno i rappresentanti della vecchia politica di centrosinistra: difficilmente saranno riconfermati Andrea Gemme, avvocato vicino all'ex ministro dell'Interno Angelino Alfano o Fabrizio Pagani, da sempre molto vicino all'ex premier Enrico Letta.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)