
Una caregiver romana accende i riflettori su un dramma nascosto: «Dai test alla scuola, è tutto più difficile. E nessuno ci ascolta».«Per me e Simone, come per tutte quelle persone che hanno una disabilità grave in famiglia, il lockdown non è mai finito. A farci morire non è solo il Covid ma l'abbandono istituzionale». Sara Bonanno ha 55 anni e vive a Roma con suo figlio Simone, un ragazzo di 24 anni cui serve assistenza continua. Non vedente, è alimentato attraverso la Peg (una sonda alimentare) e ha bisogno di aiuto anche per respirare. Sara, rimasta vedova, è la sua unica caregiver familiare. Non può lasciare Simone nemmeno per un secondo. Quando va in bagno ha una telecamera fissa puntata sul figlio, passa la notte a massaggiarlo quando ha dolori e prurito. Sara soffre di privazione del sonno, il suo record è di 56 ore senza chiudere occhio. «Ho iniziato a tremare, a non ragionare, a dimenticare di dare le medicine a Simone e l'ho quasi ammazzato».Colpa del lockdown?«Il lockdown per noi è stato tragico perché mi sono ritrovata con un quinto dell'assistenza che avevo prima. Le persone come mio figlio sono immunodepresse. Eppure il sierologico per gli infermieri a domicilio è facoltativo e non obbligatorio. Ed essendo quasi tutti operatori a partita Iva, molti non lo vogliono fare per paura di dover smettere di lavorare. Alla fine ho pagato io il sierologico alle persone che venivano a casa per aiutarmi con Simone. A febbraio avevo tre notti la settimana di assistenza, ora se va bene riesco a dormire un paio di notti al mese». I ragazzi come Simone hanno interrotto anche qualsiasi attività educativa? «La scuola è stata interrotta, anche quella di Simone che aveva insegnanti domiciliari, prima ancora del lockdown. Anche farla online è un problema, serve una relazione, un contatto diretto. Mio figlio ascolta alcune lezione ma è estremamente faticoso. È stata sospesa anche l'alternanza scuola-lavoro che consentiva ad alcuni suoi compagni del corso superiore per operatori socio-sanitari di venire a casa nostra e fare insieme tutta una serie di attività»E le istituzioni?«Abbiamo chiesto alla Regione Lazio di rendere obbligatori i test sierologici per infermieri e operatori che vengono a fare assistenza a domicilio ma nessuno ci ha risposto. La mascherina e i guanti, per chi deve avere contatti con disabili gravi, assistendoli in tutto, perfino nel respiro, ne lungo orario sono dei palliativi. Andrebbero testati almeno una volta al mese. Poi c'è il Comune che passa l'assistenza domiciliare. C'è quella diretta fornita attraverso delle cooperative, e quella indiretta - come nel mio caso - dove si autogestisce l'assunzione degli operatori anticipando la spesa che dovrebbe essere regolarmente rimborsata al municipio di riferimento. Rimborso che spesso arriva con mesi di ritardo. Il problema è che io ho lasciato il lavoro per stare con Simone, ero assistente sociale alla Asl. Ora vivo con la pensione di mio figlio che ne ha due come non vedente e come invalido civile per poco più di 500 euro. Poi c'è la cosiddetta indennità di accompagnamento dell'Inps di circa 1.500 euro. Non bastano mai tra assistenza e farmaci che il servizio sanitario non passa come quelli necessari alla terapia del dolore. E sull'indennità dell'Inps c'è un'altra assurdità burocratica: viene sospesa ai minori con disabilità che superano i 40 giorni di degenza in ospedale per gravi patologie. Può immaginare la rabbia nel vedere erogati dei bonus a chi non ha alcuna necessità di percepirli».Ci sono leggi che vi tutelano?«L'Italia è l'unico Paese a non avere una legislazione per i caregiver cui va riconosciuto il diritto alla salute. Chi assiste un disabile grave ha problemi di salute, crolliamo fisicamente. È logorante. Soprattutto per la privazione del sonno. Basterebbe che i medici curanti ci facessero dei controlli ematici una volta l'anno, imposti dalla Regione. Se un caregiver si ammala è un costo in più per il sistema sanitario. Non serve un nuovo lockdown per capirlo».
Leonardo
Il fondo è pronto a entrare nella divisione aerostrutture della società della difesa. Possibile accordo già dopo l’incontro di settimana prossima tra Meloni e Bin Salman.
La data da segnare con il circoletto rosso nell’agenda finanziaria è quella del 3 dicembre. Quando il presidente del consiglio, Giorgia Meloni, parteciperà al quarantaseiesimo vertice del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), su espressa richiesta del re del Bahrein, Hamad bin Isa Al Khalifa. Una presenza assolutamente non scontata, perché nella Penisola araba sono solitamente parchi con gli inviti. Negli anni hanno fatto qualche eccezione per l’ex premier britannica Theresa May, l’ex presidente francese François Hollande e l’attuale leader cinese Xi Jinping e poco altro.
Emmanuel Macron (Ansa)
Bruxelles apre una procedura sull’Italia per le banche e tace sull’acciaio transalpino.
L’Europa continua a strizzare l’occhio alla Francia, o meglio, a chiuderlo. Questa volta si tratta della nazionalizzazione di ArcelorMittal France, la controllata transalpina del colosso dell’acciaio indiano. La Camera dei deputati francese ha votato la proposta del partito di estrema sinistra La France Insoumise guidato da Jean-Luc Mélenchon. Il provvedimento è stato approvato con il supporto degli altri partiti di sinistra, mentre Rassemblement National ha ritenuto di astenersi. Manca il voto in Senato dove l’approvazione si preannuncia più difficile, visto che destra e centro sono contrari alla nazionalizzazione e possono contare su un numero maggiore di senatori. All’Assemblée Nationale hanno votato a favore 127 deputati contro 41. Il governo è contrario alla proposta di legge, mentre il leader di La France Insoumise, Mélenchon, su X ha commentato: «Una pagina di storia all’Assemblea nazionale».
Maria Rita Parsi (Imagoeconomica)
La celebre psicologa e psicoterapeuta Maria Rita Parsi: «È mancata la gradualità nell’allontanamento, invece è necessaria Il loro stile di vita non era così contestabile da determinare quanto accaduto. E c’era tanto amore per i figli».
Maria Rita Parsi, celebre psicologa e psicoterapeuta, è stata tra le prime esperte a prendere la parola sulla vicenda della famiglia del bosco.
La sede di Bankitalia. Nel riquadro, Claudio Borghi (Imagoeconomica)
Il senatore leghista torna sulle riserve auree custodite presso Bankitalia: «L’istituto detiene e gestisce il metallo prezioso in nome dei cittadini, ma non ne è il proprietario. Se Fdi riformula l’emendamento...»
«Mentre nessuno solleva il problema che le riserve auree della Bundesbank siano di proprietà dei cittadini tedeschi, e quindi dello Stato, come quelle della Banca di Francia siano di proprietà dei cittadini d’Oltralpe, non si capisce perché la Banca d’Italia rivendichi il possesso del nostro oro. L’obiettivo dell’emendamento presentato in Senato da Fratelli d’Italia, e che si ricollega a una mia proposta di legge del 2018, punta esclusivamente a stabilire il principio che anche Bankitalia, al pari delle altre Banche centrali, detiene e gestisce le riserve in oro ma non ne è la proprietaria». Continua il dibattito su misure ed emendamenti della legge di Bilancio e in particolare su quello che riguarda le riserve in oro.






