2024-07-02
Per fermare la destra va bene anche il putiniano antisemita
Cortocircuito fra i progressisti: dopo aver dipinto il Rassemblement national come un pericolo per gli ebrei manovrato da Mosca, sperano nella vittoria di Jean-Luc Mélenchon, che su Gaza e il Cremlino ha idee ben più radicali.Se dovessimo prestare fede alle tesi paranoiche che imperversano dalle nostre parti, tra i tratti più evidenti del ritornante fascismo contemporaneo dovremmo annoverare la simpatia per la Russia di Vladimir Putin e l’antisemitismo. Non per nulla sono due dei temi ricorrenti nel nostro dibattito politico: prima delle Europee si è parlato con agitazione di interferenze russe nel voto; ora invece si discute con una certa ansia del dilagare dell’odio antiebraico, di cui il partito di Giorgia Meloni sarebbe una centrale. Il pericolo fascista, ovviamente, viene potentemente evocato anche in relazione all’ottimo risultato ottenuto dal Rassemblement national in Francia. Pure i nostri progressisti appaiono molto preoccupati, al punto da dedicare ai fatti transalpini articoli allarmati e analisi mozzafiato. Vengono interpellati autorevoli commentatori transalpini come Jean-Marie Colombani, che mette in guardia: «Marine moderata solo per finta, è una filorussa, contro gli stranieri». O come Jacques Attali che si sgola: «La priorità è evitare che l’estrema destra arrivi al governo in Francia». I retroscena dei giornali italiani raccontano di timori e fibrillazioni a Bruxelles fra gli euroburocrati, gli editorialisti sperano negli «argini democratici». I migliori però restano i politici nostrani. Gli stimati democratici partecipano con convinzione alla mobilitazione antifascista. Stefano Bonaccini, tramite Repubblica, spiega che «in Francia nasce l’alternativa democratica. È una lezione anche per noi». Peppe Provenzano, responsabile esteri del Partito democratico, rincara la dose: «L’estrema destra avanza ma non sfonda, non ha la maggioranza assoluta e si può battere. Tutte le forze democratiche e progressiste si uniscano per scongiurare quello che rappresenterebbe un danno per la Francia e anche per l’Europa, e dunque pure per noi perché il nazionalismo è contro l’interesse dell’Italia».La capogruppo dem alla Camera, Chiara Braga, ne è convintissima: «In Francia si gioca il futuro dell’Europa e delle democrazie liberali come le abbiamo conosciute. Libertà di stampa, stato di diritto, magistratura indipendente. Un argine in Francia è un argine in Europa, ieri contro Putin domani contro Trump, la destra va fermata».Come vedete, gli spauracchi ritornano con frequenza: Putin, il razzismo... Se non si fermeranno i fascisti, dicono i progressisti di mezza Europa, verremo precipitati in una nuova era oscura. Dunque è fondamentale che liberali, democratici e progressisti si alleino per fermare l’orrore che avanza. Ed è esattamente qui che emerge un gustoso paradosso. Per combattere i fasci putiniani e razzisti si sdogana pure una sinistra che fino a ieri era presentata come... putiniana e antisemita. È stata la socialista Anne Hidalgo a definire Jean-Luc Mélenchon «complice dei dittatori» e amico del Cremlino, dipingendolo come un tribuno in preda a una «ossessione anti americana». Non che Mélenchon le abbia mandate a dire. Sono anni che ribadisce gli stessi concetti. Ebbe a sostenere, ad esempio, che «il rifiuto ostinato di mettere in discussione la presenza della Nato alle porte della Russia è all’origine dell’idea che si è fatto Putin di una nostra imminente aggressione». Per molto meno in Italia si viene trattati da spie di Putin. Non va meglio sul versante antisemitismo. Come ha ricordato Carlo Panella, il celebre ebreo cacciatore di nazisti Serge Klarsfeld ha fatto dichiarazione di voto a favore della Le Pen: «L’asse della mia vita è la difesa della memoria ebraica, la difesa degli ebrei perseguitati, la difesa di Israele», ha detto. «Valori incompatibili con un’estrema sinistra che è sotto l’influenza di La France Insoumise, con accenni di antisemitismo e violento antisionismo».Non è un mistero che i sostenitori di Israele non amino Mélenchon e il suo partito. Giusto ieri, a La7, Giovanna Botteri ci teneva a sottolineare che Raphaël Glucksmann è stato attaccato duramente e insultato «perché ebreo» da militanti de La France Insoumise. La rivista Le Grand Continent diretta da Gilles Gressani, analista adorato dalle Tv italiane, non ha mancato di mettere in risalto figure scomode del partito come Rima Hassan, europarlamentare «nota per il suo sostegno alla causa palestinese (indossava una kefiah sulle spalle)» definita «divisiva» e «polemica».Il cortocircuito è servito. Per combattere il fascismo dei «razzisti» e dei «putiniani» ci si affida ai «putiniani» e agli «antisemiti» antifascisti. E lo si fa tra gli applausi della sinistra italiana. Non per nulla pure qui si vive di analoghe contraddizioni: da sinistra soffiano sul fuoco della polemica antiputiniana e accusano la Meloni di covare giovani odiatori di ebrei, ma Fratelli d’Italia è tra i partiti più filo israeliani e filo ucraini che ci siano, se non il più schierato. Tutto questo caos ideologico fa sorridere ma non stupisce. Perché in fondo la questione è sempre la stessa: a prescindere dalle idee che esprime, la destra non deve vincere. Perché non si tratta - e forse non si è mai trattato - di posizioni politiche, bensì di posizioni di potere. E per mantenere i propri feudi i sinceri democratici sarebbero pronti ad allearsi anche con Satana. Il quale, per altro, ideologicamente sarebbe pure piuttosto affine.
il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi (Ansa)
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Donald Trump (Getty Images)
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