2023-01-28
Il pentito Amara non convince più. Doppia picconata da Roma e Potenza
Assolto in appello, nella Capitale, il giudice Nicola Russo: era stato arrestato e condannato a 11 anni sulla base delle accuse dell’ex legale. E in Basilicata il tribunale boccia la quarta richiesta di patteggiamento del lobbista.L’ennesima mina sulla credibilità dell’avvocato-faccendiere siracusano Piero Amara è deflagrata con l’assoluzione in appello, «perché i fatti non sussistono», quindi con formula piena, del giudice del Consiglio di Stato Nicola Russo dal reato di corruzione in atti giudiziari per il quale, dopo una detenzione domiciliare, aveva subito in primo grado una condanna a 11 anni nel 2020. Il procedimento era nato con le dichiarazioni di Amara supportate, come spesso è accaduto nel percorso giudiziario intrapreso dal propalatore che nel corso degli anni ha tirato per la giacchetta le toghe di mezza Italia, da quelle del suo ex collega di studio, l’avvocato Giuseppe Calafiore. I due (rinviati a giudizio a Milano, dove Amara ha tirato fuori il verminaio della presunta loggia Ungheria, per associazione a delinquere finalizzata a commettere vari reati, tra i quali la calunnia) riferivano di vendite di provvedimenti cautelari del Consiglio di Stato da parte del giudice Russo per esigue somme di denaro e per un incarico da presidente di un collegio arbitrale conferito da Amara e dall’avvocato Stefano Vinti al padre del giudice Russo, Giuseppe Orazio Russo, avvocato pure lui.Amara, che aveva difeso il giudice Russo in due procedimenti penali, si era quindi trasformato nel suo accanito accusatore pur di guadagnarsi la patente di collaborante con i pubblici ministeri. L’avvocato Russo il 10 giugno 2019 aveva pure presentato alla Procura della Repubblica di Perugia una denuncia per falsa testimonianza, calunnia e autocalunnia, segnalando le anomalie nella collaborazione collega Amara e ipotizzando anche un conflitto di interessi dell’ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e dell’aggiunto Paolo Ielo (che invece attribuiva credibilità e affidabilità ad Amara) nella gestione del testimone che si proponeva come l’uomo delle verità. Nella querela viene anche ipotizzata la strategia di Amara: «L’unica possibilità di uscire dal meritato carcere per Amara», si legge nell’atto, «e di ottenere, come ha ottenuto, addirittura un elevatissimo sconto di pena attraverso la procedura del patteggiamento, era quella di dare finalmente agli inquirenti quella prova che andavano ricercando al tempo su di una responsabilità penale del magistrato Russo e che non riuscivano a trovare, semplicemente, perché i fatti, di continuo addebitati, non esistevano e non esistono».Proprio a Roma tra le toghe il vento sembra essere ormai cambiato. Come a Potenza, dove continua il braccio di ferro tra la Procura della Repubblica e Amara da un lato e i giudici del Tribunale dall’altro, i quali continuano a rigettare la raffica di richieste di patteggiamento proposte dai legali dell’avvocato siracusano e dal capo della Procura Francesco Curcio, che non demorde. E pare intenzionato a battere il record di rigetti. Gli avvocati del foro lucano riferiscono infatti che si tratterebbe del quarto rigetto di fila collezionato. A dicembre 2022 infatti la terza richiesta era stata bocciata dal giudice dell’udienza preliminare Annachiara Di Paolo, in linea con l’indirizzo inaugurato dal gip Teresa Reggio che aveva sottolineato come «per Amara il crimine rappresenti un valido e alternativo sistema di vita» e che «l’omessa allegazione degli atti» non consentiva di comprendere quale sia il suo «contributo collaborativo (che in passato gli ha permesso di ottenere anche misure alternative alla detenzione, ndr)». La Procura di Potenza, però, deve essersi convinta a pieno della bontà dell’avvocato che ha pure arrestato nel giugno 2021 in un’inchiesta su presunti favori nei procedimenti giudiziari dell’ex Ilva di Taranto, e ha nuovamente espresso il proprio consenso al patteggiamento. L’ultima istanza, bocciata di recente (e per questo non se ne conoscono ancora le motivazioni), è stata presentata l’1 settembre 2022 e riguarda sempre fatti rispetto ai quali Amara è reo confesso delle deflagranti accuse formulate nei famosi esposti presentati alla Procura di Trani nel 2015 contro Emma Marcegaglia, Paola Severino, Roberto De Sanctis e altri, accusati addirittura di traffico illecito internazionale di rifiuti.Si tratta quindi della quarta richiesta di patteggiamento, anche questo a prezzi di saldo: un anno come pena finale. Dopo quelli di Catania (vecchio questo di oltre 20 anni), a 11 mesi di reclusione per rivelazione di segreti d’ufficio e accesso abusivo a sistema informatico in concorso, di Roma (sentenza del 15 febbraio 2019) a 2 anni, 6 mesi e 10 giorni per la bellezza di 20 accuse di corruzione in atti giudiziari ed emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti per fatti commessi a Roma fino al 15 aprile 2016, e Messina (sentenza del 4 febbraio 2020) a 1 anno e 2 mesi, in continuazione con i reati patteggiati a Roma, per 19 reati di corruzione in atti giudiziari, associazione a delinquere, falso ideologico, minaccia a pubblico ufficiale, induzione indebita a dare utilità e altro. E infine, tornando a Roma, dalla Corte d’Assise (sentenza del 16 novembre 2020) a un mese di reclusione per favoreggiamento personale commesso nel novembre 2016.Amara quindi ha finora patteggiato ben 42 reati, ai quali sono corrisposti neppure 5 anni di reclusione. E siccome sia a Roma che a Messina, nella fase di applicazione della pena, sono state pienamente riconosciute sia le attenuanti generiche che quelle per la collaborazione, proprio con questi argomenti è arrivato l’ultimo tentativo di patteggiare, che comprende, oltre alla calunnia, anche la corruzione in atti giudiziari e una ipotesi di rivelazione di segreto d’ufficio.