2022-01-10
Antonio Guidi: «Pensare che basti il vaccino è un delirio antiscientifico»
L’ex ministro e medico: «Sono assolutamente a favore del farmaco, ma occorre insistere anche sulle cure terapeutiche. La spettacolarizzazione della scienza fa un po’ schifo»«Posso dirlo chiaramente? Questa strategia pandemica sta facendo più danni del virus stesso». Antonio Guidi, 76 anni, medico chirurgo specializzato in neuropsichiatra infantile, colpito alla nascita da tetraparesi spastica, ha conquistato la notorietà nei mirabolanti anni tra prima e seconda repubblica, ospite negli studi televisivi dei programmi di Gianfranco Funari. È stato ministro della Famiglia ai tempi del primo governo Berlusconi, nel ’94, e successivamente sottosegretario alla Salute. «Sono una specie di Tutankamen, ogni volta che parlo in pubblico la gente vuole accertarsi che sia ancora vivo. E però, se mi capita di strappare un applauso, mi chiedo come sia possibile che un dinosauro come me susciti ancora emozioni». Non accetta l’ultimo decreto del governo sull’obbligo vaccinale?«Premesso, non me la prenderò con questo o quel partito, e nemmeno lancerò attacchi personali. Ognuno del resto è figlio del suo tempo. E ogni stagione politica produce i suoi frutti. Talvolta questi frutti sono splendide arance. Altre volte sono solo broccoli». Dunque? «Andiamo oltre il singolo provvedimento. Io non tollero più l’ossessione quotidiana del Covid, il fatto che non si parli d’altro. Non sopporto la tombola nazionale a reti e giornali unificati, le estrazioni del lotto sui contagi, che non hanno alcun senso. Non sopporto insomma l’ergastolo mentale cui siamo stati condannati». Ergastolo mentale?«Una persona non è fatta solo di polmoni: ci sono le ansie, le debolezze. La gente si ammala al di là del virus, dilaniata dalla paura di contagiare e di essere contagiata. Per esorcizzare la paura occorre imparare a conviverci, onde evitare malanni peggiori. Non sapremo mai quanti psicofarmaci sono stati ingoiati in questi mesi, quanti disturbi mentali si sono generati, quanti delitti domestici si sono perpetrati, quante persone rinunciano alla prevenzione e alle cure, per colpa di una comunicazione politica esasperata, terroristica e contraddittoria». Questa comunicazione maldestra cosa avrebbe provocato?«Primo, l’insicurezza. Per la salute fisica, con la paura di infettarsi, e per la salute mentale, con il terrore di uscire di casa e tentare di godersi la vita. Secondo, l’aggressività verso gli altri, a volte anche verso i propri familiari, perché ormai siamo portati a considerare il prossimo un potenziale untore. Prima al supermercato mi salutavano tutti con affetto, oggi mi guardano con sospetto, dicono: “Quello lì è un disabile, non è che ci attacca qualche virus?”». Qual è la sua paura?«Non sono di quelli che considera a rischio la democrazia, che in fondo è fatta da tantissimi soggetti diversi. Io piuttosto considero a rischio la salute mentale di tutti gli italiani. Ed è davvero pazzesco che il governo abbia deciso di azzerare gli aiuti economici per le cure psicologiche, come se la salute riguardasse solo il corpo e non la mente. È assurdo che nessuno si occupi, tanto per dirne una, del potenziamento delle equipe di psichiatria infantile». Perché?«Le scuole sono nel caos, ma non mi riferisco solo a quelle. Io penso in generale al trauma che ha sconvolto la vita quotidiana di bambini e ragazzi. Giovani che, d’improvviso, sono stati scaraventati in una favola oscura fatta di lockdown e mascherine, senza che nessuno dia loro spiegazioni, a parte i genitori nel privato delle case. Non hanno potuto elaborare il lutto, perché in questa pandemia gli adulti hanno parlato solo agli adulti». Nega forse la drammaticità dell’emergenza? «Niente affatto, parliamoci chiaro. Io ho rispetto per questo virus: è potente, intelligente, cambia velocemente. Mi sono ammalato nei primi mesi della pandemia, quando non c’era vaccino né conoscenze. Momenti terribili, sono stato malissimo. Mi piace pensare che, essendo un disabile che pratica snorkeling in tutto il mondo, io sia riuscito a prendere fiato e dare un calcio al Covid». E quindi? «Quindi sono il primo che dice sì al vaccino. Assolutamente sì. Ma occorreva insistere dal principio anche sulle cure terapeutiche, ed evitare il terrorismo. Pensare invece che il vaccino sia l’unica soluzione infischiandosene di tutto il resto, trattare il vaccino come la forza militare di liberazione durante la guerra: questo è delirio antiscientifico». Antiscientifico? Non dobbiamo forse lasciarci guidare dalla scienza? «Io sono cresciuto con il mito della scienza medica. E ho scelto di fare il medico proprio per non ripetere gli errori che ho visto commettere nel corso della mia vita. Ma quando vedo che la scienza medica diventa spettacolarizzazione di sé stessi, francamente provo un po’ di schifo. Vedo esperti che si contraddicono continuamente: dovrebbero anticipare gli eventi con lungimiranza, invece cercano di mettere una toppa sugli errori precedenti. E soprattutto cadono preda di una libidine quasi erotica per la visibilità. Come sarebbe più bello e più serio rifiutare un’intervista, ogni tanto. Come sarebbe più bello e più serio, almeno una volta, dire semplicemente: scusate, ci siamo sbagliati, ricominciamo insieme». Invece?«Il virus che colpisce i politici (e gli scienziati che fanno politica), è l’incapacità di chiedere scusa. Non lo fanno forse perché si sentono coperti dall’orrore dell’emergenza. Quanta autocelebrazione, nelle dichiarazioni di un Renato Brunetta che dice trionfante: abbiamo preso una decisione unica al mondo…».La politica ha delegato i suoi poteri alla scienza?«No, semmai ha delegato il potere ad alcuni singoli scienziati. Vede, oggi viviamo questo strano bilanciamento: la politica usa gli scienziati per coprirsi il posteriore, mentre gli scienziati usano la politica per saziare la propria fame di comparire. Insomma, come ho detto, il virus va rispettato, ma adesso la malattia è altrove: è psichiatrica, sociale, economica. Ricordiamoci sempre che la prima disabilità oggi in Italia, la prima determinante della salute di una persona è la povertà e la mancanza di lavoro. In questo martellamento mediatico quotidiano rischiamo di dimenticarcelo, confusi come siamo dal quotidiano bollettino dei contagi». In realtà ci sono tanti altri spunti sul tavolo: a cominciare dalla sorte del governo Draghi. «Non voglio dire nulla di negativo su di lui, che pure sta via via assumendo movenze, gestualità, persino le pause di un Papa. È certamente preparato, ma mi rattrista e mi offende in questo tragico periodo l’acquiescenza generale nei suoi confronti. Non mi piace la mitologia di Fausto Coppi, dell’uomo solo al comando, del salvatore della patria. Mi pare un atteggiamento che delegittima tutto il resto». Cioè il parlamento? «L’ho vissuto, e con tutti i suoi difetti il Parlamento resta il teatro dove la storia si è fatta sostanza, nel bene e nel male. Insomma, soffro un po’ questa assoluta negligenza del rispetto della politica. Sono stato a contatto con tanti leader cresciuti nelle sezioni di partito. Ho camminato anche insieme a Silvio Berlusconi, che ho amato e criticato. Tutti avevano la consapevolezza che un minimo di ossequio, almeno formale, nei confronti del cittadino-elettore, bisognasse sempre portarlo». E oggi?«Persone come Mario Draghi, Mario Monti, o Giuliano Amato, hanno la supponenza di sentirsi al di sopra delle parti. Ma in realtà non hanno vinto alcun concorso, hanno fatto una rispettabile carriera burocratica, nominati dai politici, accettando le medesime prebende, e poi d’improvviso si sentono superiori e “terzi”. Intendiamoci: non sto giudicando la competenza della persona. Mi turba il percorso attraverso il quale si giunge al potere. Un percorso che in questo periodo mi pare un po’ taroccato. Non venite a dirmi che oggi il problema del Paese è capire dove mettere Draghi perché è troppo bravo. Se l’uomo forte si comporta come se non dovesse restituire nulla a nessuno, prima o poi toppa. Fa parte del destino delle cose». Si moltiplicano gli appelli per un presidente della Repubblica al femminile. A questo punto, non le resta che pretendere un capo dello Stato diversamente abile. «No, vorrei un presidente competente. Anche perché il Capo dello Stato in Italia, anche se non sembra, ha poteri formidabili, ed è giusto che i partiti lo scelgano dopo attenta riflessione. Certo, per me un presidente con disabilità potrebbe apparire come un valore aggiunto. Ma non può rappresentare un valore assoluto. Mi accontento di avere un presidente minimamente capace. Però mi guardo in giro, e di persone capaci ne vedo poche…».