
La stylist di fama internazionale ha fondato il brand Alabama Muse, che debutterà nella prossima Fashion week milanese: «Adoro fare patchwork di pelo misti e sistemare un leopardo accanto a un agnellino. Però senza usare animali veri».Sarà uno dei brand di punta della imminente Fashion week, un debutto nel calendario milanese ma soprattutto una conferma. Alabama Muse, creato da Alice Gentilucci nel 2019, ma prima collezione nel 2020 in pieno Covid, nasce da una duplice passione: amore per le pellicce e rispetto per gli animali. A questa passione, Alice aggiunge la sua inclinazione sia per la musica che per il cinema: due elementi che hanno contribuito a definire l’essenza di Alabama Muse. La prima, ha fatto sì che il marchio, nello stile e nel suono, sia stato influenzato da contaminazioni underground, che spaziano da David Bowie a Blondie, da Mick Jagger a Tina Turner fino a Miley Cyrus. La seconda, in particolare per il film cult degli anni ‘90 True Romance e lo spirito ribelle ed eccentrico, libero e fragile della protagonista Alabama Whitman, interpretata da Patricia Arquette, fonte d’ispirazione da cui il marchio prende il nome. Alice si è sempre occupata di moda, lavorando anche come forza creativa per alcuni dei più importanti luxury brands. Stylist di fama internazionale, vanta esperienze con i più importanti fotografi del mondo quali Helmut Newton, Ellen Von Unwerth, Mario Sorrenti, Paolo Roversi e Peter Lindbergh, solo per citarne alcuni. Ha lavorato con celebrità del calibro di Jennifer Lopez, Beyoncé, Gwen Stefani e Julianne Moore, ed è fashion editor di Large, Vogue Italia, fashion contributor per InStyle US e Vanity Fair.In cosa consiste il lavoro di stylist? «Esprimere e coordinare dei look che rappresentano delle tendenze, estrapolare dalle collezioni della stagione quei capi più di tendenza e cercare di mischiarli, trasformandoli per creare un concetto moda che potrebbe essere un nuovo mood da lanciare».Un lavoro importante in un giornale come Vogue «Si dava l’input per una nuova tendenza, questo avveniva molto quando lavoravo con Franca Sozzani perché lei era la donna delle tendenze, preveniva i look, le mode, con la massima libertà d’espressione. Oggi le cose si sono invertite, si lavora su look già fatti, ci sono diktat, è un modo diverso di affrontare questo mestiere».Cosa hai imparato da Franca Sozzani? «Tutto, un mentore pazzesco. Avevo 23 anni e ho imparato cosa vuol dire vivere la redazione, il lavoro di team, di squadra, la possibilità di farmi lavorare con i più grandi talenti, con le donne più belle che c’erano ai tempi». Per uno stilista cosa significa il tuo apporto? «Dare un’anima alla collezione. Si parte prima guardando tessuti e colori. Il designer, che magari lavora a una collezione da sei mesi, ha bisogno di una visione più fresca per montare le uscite di sfilata e poi tutto quello che riguarda l’aspetto più tecnico come capelli e trucco».Arriviamo la tuo marchio, Alabama Muse di cui sei fondatrice e direttore creativo «Avevo questo sogno perché ho sempre trovato molto iconica la pelliccia, mi sono focalizzata su ciò che volevo e non trovavo. Mi chiedevo come mai non ci sono delle pellicce ecologiche o meglio, animal free che siano fatte bene, tagliate come le pellicce vere, in bei materiali che non perdono il pelo, che non appiccicano, magari con la fodera che prende fuoco. Vedendo che certi capi erano solo di grandi stilisti a prezzi esorbitanti, e solo uno o due pezzi in collezione, mi sono buttata. Pur amandole, le pellicce vere non le avevo mai nemmeno fotografate sui giornali».E da lì? «Ho provato a farle io iniziando con una piccola capsule con un amico che poi era piaciuta molto. Successivamente ho trovato un team che mi sostiene anche a livello economico. Mi sono strutturata e ora ho fatto un passo avanti rispetto allo styling e i miei capi vivono molto sull’estetica e il team sa lavorare e capisce cosa io voglio trasmettere». Mercati? «A Parigi ci siamo inseriti nella fashion week maschile di gennaio ed è stato un momento molto internazionale. Sono distribuita in Europa, America, Asia».Materiali? «Ci stiamo evolvendo anche perché alla base dell’eco fur c’è la plastica e la diatriba sulla non sostenibilità è continua. In realtà sono stati fatti dei grandi passi avanti perché dal quasi 100%di poliestere siamo passati al 70% e per la prossima sfilata, certificata Global recycle sustainability, avremo materiali al 100% biodegradabili».Che simil pellicce possiamo trovare di Alabama Muse? «Prediligo i peli lunghi e adoro i colori. La kidassia che è un tipo di scimmia è uno dei miei preferiti e la mongolia. Quest’anno ho fatto disegni jaquard di pelo più corto come castori e un’altra è la volpe, così corposa e si presta nelle tinte. E amo fare i patchwork di pelo. Mischio peli dove c’è l’agnellino che vive con il leopardo altri, tanti gli intarsi». Chi le confeziona? «A partire dal FW 22 abbiamo stilato un deal produttivo di durata pluriennale con un big del settore come Olmar&Mirta, il gruppo di Gianbattista Tirelli il cui impatto sul prodotto si è tradotto in una forte accelerazione in chiave di ricerca e innovazione volta alla sperimentazione di trattamenti ecosostenibili per rafforzare il dna green del brand».
L' Altro Picasso, allestimento della mostra, Aosta. Ph: S. Venturini
Al Museo Archeologico Regionale di Aosta una mostra (sino al 19 ottobre 2025) che ripercorre la vita e le opere di Pablo Picasso svelando le profonde influenze che ebbero sulla sua arte le sue origini e le tradizioni familiari. Un’esposizione affascinante, fra ceramiche, incisioni, design scenografico e le varie tecniche artistiche utilizzate dall’inarrivabile genio spagnolo.
Jose Mourinho (Getty Images)
Con l’esonero dal Fenerbahce, si è chiusa la sua parentesi da «Special One». Ma come in ogni suo divorzio calcistico, ha incassato una ricca buonuscita. In campo era un fiasco, in panchina un asso. Amava avere molti nemici. Anche se uno tentò di accoltellarlo.