2022-08-19
Caos Pd: i delusi fanno retromarcia ma non trovano più il posto buono
Alessia Morani (Imagoeconomica)
La questione liste sfugge di mano a Letta. La Morani, che aveva sbattuto la porta, ci ripensa come la Cirinnà, ma adesso il suo collegio è stato occupato. Caso diverso per Nannicini: per farlo tornare sfrattano la Bini.Rimane un mistero: con tutti i guai che già aveva, e sapendo bene che il rito dell’assegnazione delle candidature sarebbe stato un bagno di sangue, perché mai Enrico Letta, avendo tempo fino alle ore 20 di lunedì 22, ha voluto fare tutto a Ferragosto, con una settimana di anticipo? Il risultato è stato uno sfacelo: territori e federazioni in rivolta, casi irrisolti (al punto che, fino al tardissimo pomeriggio di ieri, il quadro finale delle liste non era stato neppure formalizzato), un pandemonio mediatico, e un doppio clamoroso autogol, nel senso che per un verso si parla solo dei problemi interni al Pd (e non di quelli - minori ma pur sempre esistenti - degli altri partiti), e per altro verso il Nazareno ha concesso agli avversari pure il vantaggio di sapere, rispetto alle sfide uninominali, chi sarà schierato nei vari collegi, consentendo al centrodestra di decidere ogni opportuno spostamento in extremis. Un incendio non facile da spegnere pare quello divampato in Puglia, dove tutte le manovre sulle liste dem sono state orchestrate dal patto di ferro tra il governatore-ras Michele Emiliano e il sindaco di Bari Antonio Decaro (che aspira a succedergli tra qualche anno). Morale: in un tripudio di candidati schiacciati a sinistra, filogrillini, anti-Tap e anti-tutto, è scoppiata la rivolta (con relativo ricorso) di due consiglieri regionali dem, Fabiano Amati e Ruggiero Mennea. Ecco il loro grido d’accusa: «Le liste del Pd in Puglia sono state composte in violazione delle seguenti regole: parità di genere perché composte con soli capilista uomini; mancanza di elezioni primarie o sistema di ampia consultazione (contendibilità); uguaglianza di tutti gli iscritti; designazioni collegiali; rappresentatività politica e territoriale; pubblicità della procedura di selezione; modalità democratica di approvazione delle candidature attraverso organi rappresentativi; rinunce e sostituzioni senza riconvocare la direzione nazionale». Secondo i due consiglieri, si sarebbe in presenza «di violazioni in grado di determinare l’annullamento delle liste». Realisticamente, al Nazareno faranno orecchie da mercante, però è significativo che il dissenso nei territori sia arrivato a questi livelli. Veniamo ai ritorni in campo. Dopo aver detto inizialmente no, è tornata sui suoi passi (sostiene lei, dopo aver ricevuto «una marea di telefonate e messaggi») Alessia Morani, che fa sapere di «non poter rimanere indifferente all’appello» che le è stato rivolto: «Tutti», comunica al mondo, «mi hanno detto che non posso rimanere in panchina nella partita più importante che dobbiamo giocare». Il problema è che nel frattempo il «suo» collegio è andato in altre mani, e a questo punto delle due l’una: o si trova il modo di far spostare tale Giordano Masini di Più Europa, oppure per la Morani resterà solo un’altra candidatura impossibile (terzo posto nella lista proporzionale). In quest’ultimo caso, la non elezione sarà certa. Ritorna in campo (sfrattando dal collegio uninominale Prato-Pistoia-Mugello Caterina Bini) Tommaso Nannicini: «Grazie al segretario Letta e al mio partito per avermi proposto questa sfida, che ho accettato con entusiasmo, pur sentendo tutto il peso della responsabilità di riconquistare un collegio non semplice. Grazie a Caterina Bini, che stimo non da oggi, per aver reso possibile questa scelta con generosità». Conclude in modo un po’ bizzarro Nannicini: «Ora andiamo a vincere», non precisando il trofeo che pensa di conquistare. Quanto a Monica Cirinnà, anche lei tornata nell’arena («come gladiatore»), pur destinata a territori che ha bollato come «inidonei ai miei temi», l’ultima mossa della senatrice uscente - ai confini del surreale - è stata quella di chiudere la possibilità di commentare i propri tweet relativi alla sua stessa candidatura. Il mondo alla rovescia: per un verso, una candidata che giudica preventivamente l’idoneità o meno degli elettori di un certo territorio alle sue battaglie; per altro verso, la stessa candidata che apre la campagna elettorale limitando il dialogo su Twitter. Non si hanno notizie sulla scelta definitiva (dentro o fuori) del costituzionalista Stefano Ceccanti, che ancora ieri, tramite social, ha continuato a ringraziare quanti si sono espressi a suo favore: «Spero che oggi sia il giorno in cui tutto si possa chiarire, e, quindi, io possa spiegare». Ma, fino a sera, non si sono registrate novità. Ha invece accettato Enzo Amendola, che però parla solo di una «candidatura di servizio». Con ipocrisia pretesca, dopo averlo messo in posizione più che pericolante, Letta ha dichiarato: «La compilazione delle liste è sempre complicata. Sono personalmente e politicamente dispiaciuto. Voglio fargli un appello affinché, nonostante questo, sia con noi in questa competizione». Intanto, clamoroso a Bologna: dopo la puntuale denuncia di Galeazzo Bignami (Fdi), la Festa dell’Unità sarà costretta ad ammainare bandiere e simboli, limitandosi al logo tradizionale. Bignami ha infatti presentato un esposto in prefettura chiedendo che l’evento rispetti le regole: «Il Parco Nord non fa parte delle aree individuate dal Comune per la campagna elettorale». Il prefetto ha dovuto prendere atto delle norme («Gli organizzatori della Festa possono fare quello che vogliono, tranne campagna elettorale»), e alla fine si è piegato anche il Pd: «Sarà una festa con qualche doverosa modifica dettata dalla normativa», ha ammesso il responsabile Lele Roveri.
Ecco #DimmiLaVerità del 22 ottobre 2025. Ospite la presidente di Sud Chiama Nord Laura Castelli. L'argomento del giorno è: "Le strategie del mio partito e le difficoltà dei miei ex colleghi del M5s".