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2019-10-16
Pd e M5s non sanno che tasse alzare. E all’Ue spediscono carta straccia
Ansa
Il vertice di maggioranza non è stato decisivo, così non potendo rinviare oltre la mezzanotte appena trascorsa, il governo ha pensato bene di mandare una lettera all'Ue priva dei veri numeri della manovra. Quelli che conterranno tutte le voci delle nuove tasse. Infatti, il cdm terminato a tarda notte si è limitato a redigere il Dpb, documento programmatico di bilancio, una sorta di Nadef con più dettagli. Nulla a che vedere con il testo effettivo della manovra, visto che ieri non è stato partorito il decreto fiscale collegato. Prima della riunione, il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri ha tenuto a far presente che: «Stiamo ancora lavorando agli ultimi dettagli ma il quadro di fondo è definito. È stato difficile ma ci siamo riusciti, l'Iva non aumenterà, ci saranno più soldi in busta paga, più investimenti e un robusto pacchetto famiglia», ha spiegato senza però svelare le reali coperture.
Infatti pur prendendo per buono l'inganno che mette nero su bianco la stima di recupero dall'evasione di 7,2 miliardi di euro, sono comunque necessari circa 5 miliardi per chiudere il cerchio e consentire che le entrare, il ricorso al deficit e le uscite valgano da un lato e dall'altro 32 miliardi di euro. Il conto delle uscite è presto fatto: 23 miliardi per eliminare le clausole di salvaguardia. Altri 3 miliardi per il taglio del cuneo fiscale, 3,2 miliardi per consentire il rinnovo dei contratti della Pa, più di 2 miliardi per le spese indifferibili. E il miliardo scarso che manca sarà da ripartire tra il bonus famiglia e i costi per la rivalutazione delle pensioni (come si spiega nella pagina a fianco) che non supereranno i 100 milioni di euro. Le altre voci come gli incentivi per l'industria 4.0 e la nuova Sabatini erano giù previsti dallo scorso anno. Dall'altra parte il ricorso al deficit porterà una cifra intorno ai 14 miliardi di euro, il cosiddetto ricorso alla lotta all'evasione ne dovrebbe valere più di 7 (promessa irrealizzabile) e in totale siamo a 21 miliardi.
L'allungamento dei tempi di accesso a quota 100 consentirà minori spese per 1,5 miliardi, mentre da quanto risulta alla Verità saranno confermati i tagli alle detrazioni fiscali per i redditi superiori a 100.000 euro: un intervento che da solo dovrebbe valere più di 5 miliardi. Per far quadrare le necessità e le coperture complessive a 32 miliardi, il governo avrebbe deciso di puntare su un po' di tagli lineari (non più di 2 miliardi) e interventi fiscali per sostenere il Green new deal. Si tratterà di imposte come la plastic tax e l'abolizione degli incentivi dannosi all'ambiente. Serve in ogni caso inserire una clausola di garanzia che, in caso di non raggiungimento della soglia di 7,2 miliardi di gettito anti evasione, farà scattare le rimodulazioni delle aliquote Iva. Tradotto in modo più semplice, alzerà l'imposta sui consumi già nel 2020. Il documento programmatico si limita a mostrare il perimetro di massima delle spese e delle coperture. E nulla di più.
«Non vedo rischi per la stabilità del governo. Ma al contempo non permetterò che questa manovra sia terreno di scontro tra le forze politiche, questa manovra non è un campo dove piazzare la bandierina del proprio partito. Chi pensa di mettere le mani su questa manovra per farne la propria campagna elettorale, si sbaglia», ha aggiunto Gualtieri. Consapevole del fatto che la vera battaglia non si è tenuta ieri, ma avverrà al prossimo cdm quando Pd, 5 stelle, il premier e Italia viva dovranno fare la lista delle tasse e degli elettori da colpire. Ciascuno vorrà salvare i propri. Esattamente il motivo per cui il decreto fiscale è rimasto una bozza. Della quale si sa che prevede il prelievo del 3% sui ricavi per le attività di e-commerce e che resterà in vigore fino alle future disposizioni legate ad accordi internazionali. Il gettito atteso rimane quello stimato lo scorso anno, pari a circa 600 milioni di euro su base annua. Domenica scorsa dal palco di Napoli, il leader 5 stelle Luigi Di Maio aveva parlato di «correzioni sulle tasse per un Paese più verde, ecologico e pulito» spiegando che «se una multinazionale deve imbottigliare una bibita, dobbiamo fare in modo che paghi più tasse su una bottiglia di plastica e meno per una bottiglia di vetro».
La bozza del decreto di conseguenza indica un'aliquota d'imposta sulla plastica che potrebbe superare gli 0,2 euro al chilogrammo. Il Pd dal canto suo spinge per porre un limite al contante a 1.000 euro di spesa (uno sfregio all'innalzamento a 3.000 di Renzi, che infatti annuncia battaglia) e al tempo stesso vorrebbe unificare l'Imu con la Tasi. Una scelta che porterà per tutti proprietari l'applicazione da parte dei Comuni delle aliquote massime consentite. Tradotto in un innalzamento della pressione fiscale. D'altronde per reperire risorse il Conte bis è disposto a bloccare oltre 560 milioni di trasferimenti agli Enti locali che dovranno in ogni caso attingere dai maggiori gettiti sulla casa per stare in piedi.
Confermata anche la volontà di eliminare il superticket. Il che significa che per molti italiani le cure mediche aumenteranno. La proposta del ministro, Roberto Speranza, è quella di tagliare il costo fisso di 10 euro e poi far pagare in base al reddito. Dulcis in fundo, imposte sui giochi ( 200 milioni), e sul fumo (da definire). Con queste premesse Conte rischia di scontentare tutti i suoi azionisti, di portare il deficit al 2,2% (ciò che per la sinistra lo scorso anno era sfasciare i conti) e di regalare agli italiani solo tasse. Come fare zero alla schedina del totocalcio.
Pensionati presi per i fondelli: 6 euro l’anno
La pietra tombale l'ha posta circa un anno e mezzo fa la Corte costituzionale, sentenziando che il blocco delle rivalutazioni delle pensioni è legittimo. Il riferimento è per quelle che garantiscono un assegno di importo sei volte il minimo. Il principio sdogana una volta per tutte una nuova filosofia.
Poco importa che cittadini e Stato abbiano un contratto basato (ora) sul metodo contributivo: quando a un governo servono soldi, può fare cassa con le pensioni. D'altronde i giudici si erano già espressi in precedenza, visto che il blocco degli adeguamenti al corso dell'inflazione è stato in vigore per in quinquennio, salvo poi essere reintrodotto solo in parte dal cosiddetto bonus Poletti. Con la sentenza del 2018 e quella della Cedu, la corte dei diritti dell'uomo europea (che si è allineata) non ci sono più speranze di ricorsi.
Così, nonostante Conte in versione gialloblù abbia reintrodotto una parziale rivalutazione, il Conte bis ha fatto scattare la presa in giro. Gli assegni compresi tra i 1.500 euro e i 2.000 incasseranno soltanto 6 euro lordi in più nel 2020. Non al mese: all'anno. Che tra l'altro, al valore netto, non supererà i 4,8 euro annui. Un aumento che se venisse confermato dalla prossima manovra creerà più arrabbiature che altro. Innegabile il senso della presa in giro.
Tutto nasce dall'incontro tra le principali sigle sindacali e il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, avvenuto lunedì pomeriggio a Palazzo Chigi. Il capo del Mef illustra la volontà di avviare un taglio del cuneo fiscale sulle buste paga a partire da luglio 2020 con un costo di circa 3 miliardi, portando la misura a regime nel 2021 a fronte, ovviamente, di un impegno di 6 miliardi annui. Le sigle a quel punto hanno messo sul tavolo la richiesta di garantire almeno ai pensionati che incassano fino a 2.000 euro lordi al mese l'adeguamento pensionistico se non nell'interezza dei 12 mesi almeno a partire da luglio, come nel caso del cuneo fiscale. Il costo complessivo dell'operazione sarebbe di 650/700 milioni per l'intero 2020, la metà - inutile dirlo - nel caso di una copertura semestrale. A quel punto Gualtieri, stando a quando risulta alla Verità, dopo essersi consultato con i tecnici ha proposto una rivalutazione con un calcolo al 97%, che applicata alla fascia tra i 1.500 e i 2.000 euro fa appunto 40 centesimi netti al mese. Terminata la riunione le sigle non hanno potuto fare altro che confermare lo sciopero generale indetto per l'ultimo venerdì del mese.
Certo, una battaglia in più forse sarebbe stata gradita dal momento che la base sembra non aver accettato di buon cuore il recentissimo provvedimento targato Pasquale Tridico e firmato dal ministro Nunzia Catalfo che permette a tutti i sindacati di valorizzare maggiormente i contributi figurativi. Spiegare agli iscritti che la categoria è tutelata in tutte le sfumature, mentre che i semplici pensionati potranno ricevere solo una mancetta e vedersi anche nel 2020 ridurre il potere d'acquisto non sarà facile. Non sarà facile, nonostante la colpa sia del governo. C'è dunque da scommettere che fra pochi gironi lo screzio finirà nel dimenticatoio, sommerso da altre polemiche.
A nessuno farà comodo scoperchiare una delle vicende più complesse che vede il rispetto degli accordi tra cittadini e Stato soppresso in nome della ragion di Stato. D'altronde se, come sembra, quota 100 non verrà abolita ma solo dilazionata di ulteriori tre mesi in modo da portare almeno per il pubblico il dispositivo a quota 101, lo si deve a un mero calcolo elettorale.
«Avevamo detto nei giorni passati che l'idea di rivedere o addirittura eliminare quota 100 dopo un solo anno dalla sua entrata in vigore era folle e nei tavoli governativi abbiamo ribadito con successo la nostra posizione. Il Movimento 5 stelle non avrebbe mai votato una manovra che va contro i cittadini e togliere quota 100», si legge sul blog dei 5 stelle, «sarebbe stato uno sfregio non solo a decine di migliaia di lavoratori di lungo corso che vogliono aderirvi ma anche ai giovani che a causa della legge Fornero si sono trovati forzatamente disoccupati in questi anni di crisi e austerità». Il riferimento a Elsa Fornero è più che mai legittimo. Infatti, il solo motivo per cui sembra sopravvivere la novità introdotta dalla Lega è per evitare migliaia di esodati. Basti solo prendere in considerazione il comparto bancario dove tutti gli esodi sono stati calcolati in base alle finestre di quota 100. Molti si troverebbero senza più stipendio e privi di assegno. I giallorossi sanno che gli elettori non hanno mai perdonato al governo Monti l'aver lasciato per strada e senza sostentamento 130.000 persone (dati Inps).
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Troppo impegnato a litigare, l' esecutivo invia la bozza di bilancio priva dei numeri veri. Quelli sulle imposte Sul piatto resta l'aumento dell'Iva se la lotta all'evasione sarà un flop. In più plastic tax e stangata sulla casa.La cifra, che al netto diventa di 4,8 euro, è la rivalutazione degli assegni che spetterà a chi incassa tra i 1.500 e i 2.000 euro lordi Alle forbici dell'esecutivo resiste quota 100, con allungamento di tre mesi sull'uscita. Troppo forte la paura di un caso esodati bis.Lo speciale contiene due articoli.Il vertice di maggioranza non è stato decisivo, così non potendo rinviare oltre la mezzanotte appena trascorsa, il governo ha pensato bene di mandare una lettera all'Ue priva dei veri numeri della manovra. Quelli che conterranno tutte le voci delle nuove tasse. Infatti, il cdm terminato a tarda notte si è limitato a redigere il Dpb, documento programmatico di bilancio, una sorta di Nadef con più dettagli. Nulla a che vedere con il testo effettivo della manovra, visto che ieri non è stato partorito il decreto fiscale collegato. Prima della riunione, il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri ha tenuto a far presente che: «Stiamo ancora lavorando agli ultimi dettagli ma il quadro di fondo è definito. È stato difficile ma ci siamo riusciti, l'Iva non aumenterà, ci saranno più soldi in busta paga, più investimenti e un robusto pacchetto famiglia», ha spiegato senza però svelare le reali coperture. Infatti pur prendendo per buono l'inganno che mette nero su bianco la stima di recupero dall'evasione di 7,2 miliardi di euro, sono comunque necessari circa 5 miliardi per chiudere il cerchio e consentire che le entrare, il ricorso al deficit e le uscite valgano da un lato e dall'altro 32 miliardi di euro. Il conto delle uscite è presto fatto: 23 miliardi per eliminare le clausole di salvaguardia. Altri 3 miliardi per il taglio del cuneo fiscale, 3,2 miliardi per consentire il rinnovo dei contratti della Pa, più di 2 miliardi per le spese indifferibili. E il miliardo scarso che manca sarà da ripartire tra il bonus famiglia e i costi per la rivalutazione delle pensioni (come si spiega nella pagina a fianco) che non supereranno i 100 milioni di euro. Le altre voci come gli incentivi per l'industria 4.0 e la nuova Sabatini erano giù previsti dallo scorso anno. Dall'altra parte il ricorso al deficit porterà una cifra intorno ai 14 miliardi di euro, il cosiddetto ricorso alla lotta all'evasione ne dovrebbe valere più di 7 (promessa irrealizzabile) e in totale siamo a 21 miliardi. L'allungamento dei tempi di accesso a quota 100 consentirà minori spese per 1,5 miliardi, mentre da quanto risulta alla Verità saranno confermati i tagli alle detrazioni fiscali per i redditi superiori a 100.000 euro: un intervento che da solo dovrebbe valere più di 5 miliardi. Per far quadrare le necessità e le coperture complessive a 32 miliardi, il governo avrebbe deciso di puntare su un po' di tagli lineari (non più di 2 miliardi) e interventi fiscali per sostenere il Green new deal. Si tratterà di imposte come la plastic tax e l'abolizione degli incentivi dannosi all'ambiente. Serve in ogni caso inserire una clausola di garanzia che, in caso di non raggiungimento della soglia di 7,2 miliardi di gettito anti evasione, farà scattare le rimodulazioni delle aliquote Iva. Tradotto in modo più semplice, alzerà l'imposta sui consumi già nel 2020. Il documento programmatico si limita a mostrare il perimetro di massima delle spese e delle coperture. E nulla di più. «Non vedo rischi per la stabilità del governo. Ma al contempo non permetterò che questa manovra sia terreno di scontro tra le forze politiche, questa manovra non è un campo dove piazzare la bandierina del proprio partito. Chi pensa di mettere le mani su questa manovra per farne la propria campagna elettorale, si sbaglia», ha aggiunto Gualtieri. Consapevole del fatto che la vera battaglia non si è tenuta ieri, ma avverrà al prossimo cdm quando Pd, 5 stelle, il premier e Italia viva dovranno fare la lista delle tasse e degli elettori da colpire. Ciascuno vorrà salvare i propri. Esattamente il motivo per cui il decreto fiscale è rimasto una bozza. Della quale si sa che prevede il prelievo del 3% sui ricavi per le attività di e-commerce e che resterà in vigore fino alle future disposizioni legate ad accordi internazionali. Il gettito atteso rimane quello stimato lo scorso anno, pari a circa 600 milioni di euro su base annua. Domenica scorsa dal palco di Napoli, il leader 5 stelle Luigi Di Maio aveva parlato di «correzioni sulle tasse per un Paese più verde, ecologico e pulito» spiegando che «se una multinazionale deve imbottigliare una bibita, dobbiamo fare in modo che paghi più tasse su una bottiglia di plastica e meno per una bottiglia di vetro». La bozza del decreto di conseguenza indica un'aliquota d'imposta sulla plastica che potrebbe superare gli 0,2 euro al chilogrammo. Il Pd dal canto suo spinge per porre un limite al contante a 1.000 euro di spesa (uno sfregio all'innalzamento a 3.000 di Renzi, che infatti annuncia battaglia) e al tempo stesso vorrebbe unificare l'Imu con la Tasi. Una scelta che porterà per tutti proprietari l'applicazione da parte dei Comuni delle aliquote massime consentite. Tradotto in un innalzamento della pressione fiscale. D'altronde per reperire risorse il Conte bis è disposto a bloccare oltre 560 milioni di trasferimenti agli Enti locali che dovranno in ogni caso attingere dai maggiori gettiti sulla casa per stare in piedi. Confermata anche la volontà di eliminare il superticket. Il che significa che per molti italiani le cure mediche aumenteranno. La proposta del ministro, Roberto Speranza, è quella di tagliare il costo fisso di 10 euro e poi far pagare in base al reddito. Dulcis in fundo, imposte sui giochi ( 200 milioni), e sul fumo (da definire). Con queste premesse Conte rischia di scontentare tutti i suoi azionisti, di portare il deficit al 2,2% (ciò che per la sinistra lo scorso anno era sfasciare i conti) e di regalare agli italiani solo tasse. Come fare zero alla schedina del totocalcio. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/pd-e-m5s-non-sanno-che-tasse-alzare-e-allue-spediscono-carta-straccia-2640981115.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="pensionati-presi-per-i-fondelli-6-euro-lanno" data-post-id="2640981115" data-published-at="1765395253" data-use-pagination="False"> Pensionati presi per i fondelli: 6 euro l’anno La pietra tombale l'ha posta circa un anno e mezzo fa la Corte costituzionale, sentenziando che il blocco delle rivalutazioni delle pensioni è legittimo. Il riferimento è per quelle che garantiscono un assegno di importo sei volte il minimo. Il principio sdogana una volta per tutte una nuova filosofia. Poco importa che cittadini e Stato abbiano un contratto basato (ora) sul metodo contributivo: quando a un governo servono soldi, può fare cassa con le pensioni. D'altronde i giudici si erano già espressi in precedenza, visto che il blocco degli adeguamenti al corso dell'inflazione è stato in vigore per in quinquennio, salvo poi essere reintrodotto solo in parte dal cosiddetto bonus Poletti. Con la sentenza del 2018 e quella della Cedu, la corte dei diritti dell'uomo europea (che si è allineata) non ci sono più speranze di ricorsi. Così, nonostante Conte in versione gialloblù abbia reintrodotto una parziale rivalutazione, il Conte bis ha fatto scattare la presa in giro. Gli assegni compresi tra i 1.500 euro e i 2.000 incasseranno soltanto 6 euro lordi in più nel 2020. Non al mese: all'anno. Che tra l'altro, al valore netto, non supererà i 4,8 euro annui. Un aumento che se venisse confermato dalla prossima manovra creerà più arrabbiature che altro. Innegabile il senso della presa in giro. Tutto nasce dall'incontro tra le principali sigle sindacali e il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, avvenuto lunedì pomeriggio a Palazzo Chigi. Il capo del Mef illustra la volontà di avviare un taglio del cuneo fiscale sulle buste paga a partire da luglio 2020 con un costo di circa 3 miliardi, portando la misura a regime nel 2021 a fronte, ovviamente, di un impegno di 6 miliardi annui. Le sigle a quel punto hanno messo sul tavolo la richiesta di garantire almeno ai pensionati che incassano fino a 2.000 euro lordi al mese l'adeguamento pensionistico se non nell'interezza dei 12 mesi almeno a partire da luglio, come nel caso del cuneo fiscale. Il costo complessivo dell'operazione sarebbe di 650/700 milioni per l'intero 2020, la metà - inutile dirlo - nel caso di una copertura semestrale. A quel punto Gualtieri, stando a quando risulta alla Verità, dopo essersi consultato con i tecnici ha proposto una rivalutazione con un calcolo al 97%, che applicata alla fascia tra i 1.500 e i 2.000 euro fa appunto 40 centesimi netti al mese. Terminata la riunione le sigle non hanno potuto fare altro che confermare lo sciopero generale indetto per l'ultimo venerdì del mese. Certo, una battaglia in più forse sarebbe stata gradita dal momento che la base sembra non aver accettato di buon cuore il recentissimo provvedimento targato Pasquale Tridico e firmato dal ministro Nunzia Catalfo che permette a tutti i sindacati di valorizzare maggiormente i contributi figurativi. Spiegare agli iscritti che la categoria è tutelata in tutte le sfumature, mentre che i semplici pensionati potranno ricevere solo una mancetta e vedersi anche nel 2020 ridurre il potere d'acquisto non sarà facile. Non sarà facile, nonostante la colpa sia del governo. C'è dunque da scommettere che fra pochi gironi lo screzio finirà nel dimenticatoio, sommerso da altre polemiche. A nessuno farà comodo scoperchiare una delle vicende più complesse che vede il rispetto degli accordi tra cittadini e Stato soppresso in nome della ragion di Stato. D'altronde se, come sembra, quota 100 non verrà abolita ma solo dilazionata di ulteriori tre mesi in modo da portare almeno per il pubblico il dispositivo a quota 101, lo si deve a un mero calcolo elettorale. «Avevamo detto nei giorni passati che l'idea di rivedere o addirittura eliminare quota 100 dopo un solo anno dalla sua entrata in vigore era folle e nei tavoli governativi abbiamo ribadito con successo la nostra posizione. Il Movimento 5 stelle non avrebbe mai votato una manovra che va contro i cittadini e togliere quota 100», si legge sul blog dei 5 stelle, «sarebbe stato uno sfregio non solo a decine di migliaia di lavoratori di lungo corso che vogliono aderirvi ma anche ai giovani che a causa della legge Fornero si sono trovati forzatamente disoccupati in questi anni di crisi e austerità». Il riferimento a Elsa Fornero è più che mai legittimo. Infatti, il solo motivo per cui sembra sopravvivere la novità introdotta dalla Lega è per evitare migliaia di esodati. Basti solo prendere in considerazione il comparto bancario dove tutti gli esodi sono stati calcolati in base alle finestre di quota 100. Molti si troverebbero senza più stipendio e privi di assegno. I giallorossi sanno che gli elettori non hanno mai perdonato al governo Monti l'aver lasciato per strada e senza sostentamento 130.000 persone (dati Inps).
Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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