2019-10-16
Pd e M5s non sanno che tasse alzare. E all’Ue spediscono carta straccia
Troppo impegnato a litigare, l' esecutivo invia la bozza di bilancio priva dei numeri veri. Quelli sulle imposte Sul piatto resta l'aumento dell'Iva se la lotta all'evasione sarà un flop. In più plastic tax e stangata sulla casa.La cifra, che al netto diventa di 4,8 euro, è la rivalutazione degli assegni che spetterà a chi incassa tra i 1.500 e i 2.000 euro lordi Alle forbici dell'esecutivo resiste quota 100, con allungamento di tre mesi sull'uscita. Troppo forte la paura di un caso esodati bis.Lo speciale contiene due articoli.Il vertice di maggioranza non è stato decisivo, così non potendo rinviare oltre la mezzanotte appena trascorsa, il governo ha pensato bene di mandare una lettera all'Ue priva dei veri numeri della manovra. Quelli che conterranno tutte le voci delle nuove tasse. Infatti, il cdm terminato a tarda notte si è limitato a redigere il Dpb, documento programmatico di bilancio, una sorta di Nadef con più dettagli. Nulla a che vedere con il testo effettivo della manovra, visto che ieri non è stato partorito il decreto fiscale collegato. Prima della riunione, il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri ha tenuto a far presente che: «Stiamo ancora lavorando agli ultimi dettagli ma il quadro di fondo è definito. È stato difficile ma ci siamo riusciti, l'Iva non aumenterà, ci saranno più soldi in busta paga, più investimenti e un robusto pacchetto famiglia», ha spiegato senza però svelare le reali coperture. Infatti pur prendendo per buono l'inganno che mette nero su bianco la stima di recupero dall'evasione di 7,2 miliardi di euro, sono comunque necessari circa 5 miliardi per chiudere il cerchio e consentire che le entrare, il ricorso al deficit e le uscite valgano da un lato e dall'altro 32 miliardi di euro. Il conto delle uscite è presto fatto: 23 miliardi per eliminare le clausole di salvaguardia. Altri 3 miliardi per il taglio del cuneo fiscale, 3,2 miliardi per consentire il rinnovo dei contratti della Pa, più di 2 miliardi per le spese indifferibili. E il miliardo scarso che manca sarà da ripartire tra il bonus famiglia e i costi per la rivalutazione delle pensioni (come si spiega nella pagina a fianco) che non supereranno i 100 milioni di euro. Le altre voci come gli incentivi per l'industria 4.0 e la nuova Sabatini erano giù previsti dallo scorso anno. Dall'altra parte il ricorso al deficit porterà una cifra intorno ai 14 miliardi di euro, il cosiddetto ricorso alla lotta all'evasione ne dovrebbe valere più di 7 (promessa irrealizzabile) e in totale siamo a 21 miliardi. L'allungamento dei tempi di accesso a quota 100 consentirà minori spese per 1,5 miliardi, mentre da quanto risulta alla Verità saranno confermati i tagli alle detrazioni fiscali per i redditi superiori a 100.000 euro: un intervento che da solo dovrebbe valere più di 5 miliardi. Per far quadrare le necessità e le coperture complessive a 32 miliardi, il governo avrebbe deciso di puntare su un po' di tagli lineari (non più di 2 miliardi) e interventi fiscali per sostenere il Green new deal. Si tratterà di imposte come la plastic tax e l'abolizione degli incentivi dannosi all'ambiente. Serve in ogni caso inserire una clausola di garanzia che, in caso di non raggiungimento della soglia di 7,2 miliardi di gettito anti evasione, farà scattare le rimodulazioni delle aliquote Iva. Tradotto in modo più semplice, alzerà l'imposta sui consumi già nel 2020. Il documento programmatico si limita a mostrare il perimetro di massima delle spese e delle coperture. E nulla di più. «Non vedo rischi per la stabilità del governo. Ma al contempo non permetterò che questa manovra sia terreno di scontro tra le forze politiche, questa manovra non è un campo dove piazzare la bandierina del proprio partito. Chi pensa di mettere le mani su questa manovra per farne la propria campagna elettorale, si sbaglia», ha aggiunto Gualtieri. Consapevole del fatto che la vera battaglia non si è tenuta ieri, ma avverrà al prossimo cdm quando Pd, 5 stelle, il premier e Italia viva dovranno fare la lista delle tasse e degli elettori da colpire. Ciascuno vorrà salvare i propri. Esattamente il motivo per cui il decreto fiscale è rimasto una bozza. Della quale si sa che prevede il prelievo del 3% sui ricavi per le attività di e-commerce e che resterà in vigore fino alle future disposizioni legate ad accordi internazionali. Il gettito atteso rimane quello stimato lo scorso anno, pari a circa 600 milioni di euro su base annua. Domenica scorsa dal palco di Napoli, il leader 5 stelle Luigi Di Maio aveva parlato di «correzioni sulle tasse per un Paese più verde, ecologico e pulito» spiegando che «se una multinazionale deve imbottigliare una bibita, dobbiamo fare in modo che paghi più tasse su una bottiglia di plastica e meno per una bottiglia di vetro». La bozza del decreto di conseguenza indica un'aliquota d'imposta sulla plastica che potrebbe superare gli 0,2 euro al chilogrammo. Il Pd dal canto suo spinge per porre un limite al contante a 1.000 euro di spesa (uno sfregio all'innalzamento a 3.000 di Renzi, che infatti annuncia battaglia) e al tempo stesso vorrebbe unificare l'Imu con la Tasi. Una scelta che porterà per tutti proprietari l'applicazione da parte dei Comuni delle aliquote massime consentite. Tradotto in un innalzamento della pressione fiscale. D'altronde per reperire risorse il Conte bis è disposto a bloccare oltre 560 milioni di trasferimenti agli Enti locali che dovranno in ogni caso attingere dai maggiori gettiti sulla casa per stare in piedi. Confermata anche la volontà di eliminare il superticket. Il che significa che per molti italiani le cure mediche aumenteranno. La proposta del ministro, Roberto Speranza, è quella di tagliare il costo fisso di 10 euro e poi far pagare in base al reddito. Dulcis in fundo, imposte sui giochi ( 200 milioni), e sul fumo (da definire). Con queste premesse Conte rischia di scontentare tutti i suoi azionisti, di portare il deficit al 2,2% (ciò che per la sinistra lo scorso anno era sfasciare i conti) e di regalare agli italiani solo tasse. Come fare zero alla schedina del totocalcio. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/pd-e-m5s-non-sanno-che-tasse-alzare-e-allue-spediscono-carta-straccia-2640981115.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="pensionati-presi-per-i-fondelli-6-euro-lanno" data-post-id="2640981115" data-published-at="1758174378" data-use-pagination="False"> Pensionati presi per i fondelli: 6 euro l’anno La pietra tombale l'ha posta circa un anno e mezzo fa la Corte costituzionale, sentenziando che il blocco delle rivalutazioni delle pensioni è legittimo. Il riferimento è per quelle che garantiscono un assegno di importo sei volte il minimo. Il principio sdogana una volta per tutte una nuova filosofia. Poco importa che cittadini e Stato abbiano un contratto basato (ora) sul metodo contributivo: quando a un governo servono soldi, può fare cassa con le pensioni. D'altronde i giudici si erano già espressi in precedenza, visto che il blocco degli adeguamenti al corso dell'inflazione è stato in vigore per in quinquennio, salvo poi essere reintrodotto solo in parte dal cosiddetto bonus Poletti. Con la sentenza del 2018 e quella della Cedu, la corte dei diritti dell'uomo europea (che si è allineata) non ci sono più speranze di ricorsi. Così, nonostante Conte in versione gialloblù abbia reintrodotto una parziale rivalutazione, il Conte bis ha fatto scattare la presa in giro. Gli assegni compresi tra i 1.500 euro e i 2.000 incasseranno soltanto 6 euro lordi in più nel 2020. Non al mese: all'anno. Che tra l'altro, al valore netto, non supererà i 4,8 euro annui. Un aumento che se venisse confermato dalla prossima manovra creerà più arrabbiature che altro. Innegabile il senso della presa in giro. Tutto nasce dall'incontro tra le principali sigle sindacali e il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, avvenuto lunedì pomeriggio a Palazzo Chigi. Il capo del Mef illustra la volontà di avviare un taglio del cuneo fiscale sulle buste paga a partire da luglio 2020 con un costo di circa 3 miliardi, portando la misura a regime nel 2021 a fronte, ovviamente, di un impegno di 6 miliardi annui. Le sigle a quel punto hanno messo sul tavolo la richiesta di garantire almeno ai pensionati che incassano fino a 2.000 euro lordi al mese l'adeguamento pensionistico se non nell'interezza dei 12 mesi almeno a partire da luglio, come nel caso del cuneo fiscale. Il costo complessivo dell'operazione sarebbe di 650/700 milioni per l'intero 2020, la metà - inutile dirlo - nel caso di una copertura semestrale. A quel punto Gualtieri, stando a quando risulta alla Verità, dopo essersi consultato con i tecnici ha proposto una rivalutazione con un calcolo al 97%, che applicata alla fascia tra i 1.500 e i 2.000 euro fa appunto 40 centesimi netti al mese. Terminata la riunione le sigle non hanno potuto fare altro che confermare lo sciopero generale indetto per l'ultimo venerdì del mese. Certo, una battaglia in più forse sarebbe stata gradita dal momento che la base sembra non aver accettato di buon cuore il recentissimo provvedimento targato Pasquale Tridico e firmato dal ministro Nunzia Catalfo che permette a tutti i sindacati di valorizzare maggiormente i contributi figurativi. Spiegare agli iscritti che la categoria è tutelata in tutte le sfumature, mentre che i semplici pensionati potranno ricevere solo una mancetta e vedersi anche nel 2020 ridurre il potere d'acquisto non sarà facile. Non sarà facile, nonostante la colpa sia del governo. C'è dunque da scommettere che fra pochi gironi lo screzio finirà nel dimenticatoio, sommerso da altre polemiche. A nessuno farà comodo scoperchiare una delle vicende più complesse che vede il rispetto degli accordi tra cittadini e Stato soppresso in nome della ragion di Stato. D'altronde se, come sembra, quota 100 non verrà abolita ma solo dilazionata di ulteriori tre mesi in modo da portare almeno per il pubblico il dispositivo a quota 101, lo si deve a un mero calcolo elettorale. «Avevamo detto nei giorni passati che l'idea di rivedere o addirittura eliminare quota 100 dopo un solo anno dalla sua entrata in vigore era folle e nei tavoli governativi abbiamo ribadito con successo la nostra posizione. Il Movimento 5 stelle non avrebbe mai votato una manovra che va contro i cittadini e togliere quota 100», si legge sul blog dei 5 stelle, «sarebbe stato uno sfregio non solo a decine di migliaia di lavoratori di lungo corso che vogliono aderirvi ma anche ai giovani che a causa della legge Fornero si sono trovati forzatamente disoccupati in questi anni di crisi e austerità». Il riferimento a Elsa Fornero è più che mai legittimo. Infatti, il solo motivo per cui sembra sopravvivere la novità introdotta dalla Lega è per evitare migliaia di esodati. Basti solo prendere in considerazione il comparto bancario dove tutti gli esodi sono stati calcolati in base alle finestre di quota 100. Molti si troverebbero senza più stipendio e privi di assegno. I giallorossi sanno che gli elettori non hanno mai perdonato al governo Monti l'aver lasciato per strada e senza sostentamento 130.000 persone (dati Inps).
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