
Il governo dice di essere ambientalista e di puntare sulle rinnovabili, ma non sa gestire le nomine e commissaria il gestore nel tentativo di avviare uno spoils system vietato per legge sugli enti tecnici. Si inventa pure il vice commissario da 100.000 euro. A dispetto di quanto lo storytelling giallorosso voglia trasmettere, l'attenzione all'ambiente e soprattutto alle rinnovabili si concentra su un solo punto: le poltrone. Il Gse ne è purtroppo l'esempio lampante. Con lo scoccare del 2019, il governo inserire nel decreto Milleproroghe un articolo che punta a commissariare il gestore dei servizi energetici. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha avuto qualche dubbio ma poi ha firmato. La norma secondo molti giuristi sarebbe incostituzionale l'opposizione sicuramente farà battaglia. Una volta approvato il commissariamento si scopre che all'incarico del commissario (circa 200.000 euro all'anno di costo) si aggiungerà la poltrona del vice (100.000 euro all'anno di costo). Sulla prima poltrone i 5 stelle stanno manovrando per mettere l'ad Roberto Moneta. Sulla sedia più piccola siederà qualcuno indicato dal Pd. Il paradosso è che dalla scorsa estate il cda del Gse è stato messo in frigorifero per colpa dei 5 stelle e delle nomine che hanno portato avanti. Gran parte del caos si origina dalle decisioni prese dall'ad Moneta che adesso «rischia» ritrovarsi a vigilare sulla macerie lasciate dal suo cda. Bisogna infatti ricordare che lo scorso luglio la Corte dei conti ha chiesto di annullare una serie di nomine. I magistrati, dopo aver preso visione degli approfondimenti richiesti al Gse, ha chiesto alla società di procedere senza indugio adottando i provvedimenti necessari al fine di eliminare la situazione di illegittimità. Il 27 luglio c'è stato un primo consiglio di amministrazione. I rilievi mossi negli esposti alla magistratura contabile del Lazio sono molto circonstanziati. Nel febbraio 2019 a scrivere al presidente era stato anche il collegio sindacale che sollecitava l'internal audit per verificare la correttezza nelle procedure di nomina. Daniele Novelli, capo incentivi della struttura, storico braccio destro del direttore generale Sara Romano del Mise, per esempio, non avrebbe concorso con nessuno per la nomina a dirigente e non ci sarebbe stata alcuna valutazione. Per Flaminia Barachini invece, direttore Promozione sviluppo sostenibile, le criticità sarebbero legate al contratto di lavoro a tempo indeterminato, che avrebbe dovuto affrontare altri passaggi di vigilanza. Al vaglio c'è stata anche la sottoscrizione da parte di Moneta (ancora dirigente di Enea in aspettativa) di un accordo proprio con Enea, con lo scopo di aprire sedi territoriali che avrebbero comportato un aggravio di costi sempre per il Gse. La settimana successiva alla batosta della corte dei conti, la reazione dei 5 stelle è stata immediata. Il sottosegretario, Davide Crippa, con le deleghe sull'energia, si è mosso immediatamente per portare a casa nuove nomine. Il blitz non è riuscito. Fermato dalla Lega e poi dalla caduta del governo. Eppure i 5 stelle hanno deciso di non demordere e tirare dritto. Nel 2018 Crippa si era detto entusiasta dell'accordo sui nuovi vertici del Gse. «Siamo molto soddisfatti della scelta che è arrivata al termine di un lungo percorso di concertazione e valutazione congiunta fra il ministero dello Sviluppo economico e il ministero dell'Economia», spiegava in una nota il 12 ottobre 2018, «a dimostrazione dell'importanza che il gestore dei servizi energetici riveste nella governance dell'energia». Lo stesso Luigi Di Maio aveva puntato molto sugli incentivi del Gse. Lo testimonia la sua campagna del 12 marzo scorso, quando lanciò Incentivi.gov.it, una piattaforma dedicata al mondo delle imprese. L'obiettivo era quello «di aiutare le piccole e medie imprese, i cittadini a orientarsi nel mondo delle principali misure di sostegno alla crescita messe a disposizione dal governo». Nel corposo comunicato, dopo una presentazione anche con l'amministratore delegato di Cassa depositi e prestiti, Fabrizio Palermo, «il punto cardine del progetto» era «infatti la suddivisione organica degli incentivi sulla base delle reali esigenze di cittadini e imprese. Troviamo, infatti, oltre 60 misure organizzate in categorie per consentire agli utenti di identificarsi in un target e informarsi sulle specifiche opportunità a loro dedicate». Con tali premesse i giallorossi si sono incartati, hanno atteso la fine del 2019 sperando di risolvere tutto commissariando il gestore. Solo che la legge vieta lo spoils system sugli enti tecnici. Da qui il tentativo di aggirare i vincoli cambiando nome alle poltrone. Evidentemente serviva l'ok del Pd così è bastato aggiungere un vice ed ecco fatto. Peccato che così si svilisca il lavoro di tutti coloro che sono impegnati a far girare la macchina delle rinnovabili e si riassuma tutto nel creare nuove poltrone.
Alessia Pifferi (Ansa)
Cancellata l’aggravante dei futili motivi e concesse le attenuanti generiche ad Alessia Pifferi: condanna ridotta a soli 24 anni.
L’ergastolo? È passato di moda. Anche se una madre lascia morire di stenti la sua bambina di un anno e mezzo per andare a divertirsi. Lo ha gridato alla lettura della sentenza d’appello Viviana Pifferi, la prima accusatrice della sorella, Alessia Pifferi, che ieri ha schivato il carcere a vita. Di certo l’afflizione più grave, e che non l’abbandonerà finché campa, per Alessia Pifferi è se si è resa conto di quello che ha fatto: ha abbandonato la figlia di 18 mesi - a vederla nelle foto pare una bambola e il pensiero di ciò che le ha fatto la madre diventa insostenibile - lasciandola morire di fame e di sete straziata dalle piaghe del pannolino. Nel corso dei due processi - in quello di primo grado che si è svolto un anno fa la donna era stata condannata al carcere a vita - si è appurato che la bambina ha cercato di mangiare il pannolino prima di spirare.
Roberto Crepaldi
La toga progressista: «Voterò no, ma sono in disaccordo con il Comitato e i suoi slogan. Separare le carriere non mi scandalizza. Il rischio sono i pubblici ministeri fuori controllo. Serviva un Csm diviso in due sezioni».
È un giudice, lo anticipiamo ai lettori, contrario alla riforma della giustizia approvata definitivamente dal Parlamento e voluta dal governo, ma lo è per motivi diametralmente opposti rispetto ai numerosi pm che in questo periodo stanno gridando al golpe. Roberto Crepaldi ritiene, infatti, che l’unico rischio della legge sia quello di dare troppo potere ai pubblici ministeri.
Magistrato dal 2014 (è nato nel 1985), è giudice per le indagini preliminari a Milano dal 2019. Professore a contratto all’Università degli studi di Milano e docente in numerosi master, è stato componente della Giunta di Milano dell’Associazione nazionale magistrati dal 2023 al 2025, dove è stato eletto come indipendente nella lista delle toghe progressiste di Area.
Antonella Sberna (Totaleu)
Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.
Ansa
Mirko Mussetti («Limes»): «Trump ha smosso le acque, ma lo status quo conviene a tutti».
Le parole del presidente statunitense su un possibile intervento militare in Nigeria in difesa dei cristiani perseguitati, convertiti a forza, rapiti e uccisi dai gruppi fondamentalisti islamici che agiscono nel Paese africano hanno riportato l’attenzione del mondo su un problema spesso dimenticato. Le persecuzioni dei cristiani In Nigeria e negli Stati del Sahel vanno avanti ormai da molti anni e, stando ai dati raccolti dall’Associazione Open Doors, tra ottobre 2023 e settembre 2024 sono stati uccisi 3.300 cristiani nelle province settentrionali e centrali nigeriane a causa della loro fede. Tra il 2011 e il 2021 ben 41.152 cristiani hanno perso la vita per motivi legati alla fede, in Africa centrale un cristiano ha una probabilità 6,5 volte maggiore di essere ucciso e 5,1 volte maggiore di essere rapito rispetto a un musulmano.






