2022-06-11
Pasolini sull’aborto rompe le scatole. E i suoi «sacerdoti» lo censurano
L’associazione Pro vita utilizza una sua frase per dei manifesti. I sostenitori che ne «interpretano» il pensiero per farne un paladino dei diritti civili, gridano allo scandalo. Non sapendo che era contro ogni permissivismo.C’era da aspettarselo ed è accaduto. Il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini (1922-2022) sta originando una quantità impressionante di celebrazioni, volumi, mostre, documentari. Una massa di eventi e operazioni editoriali che va ad aggiungersi a quella già esistente e già fuori controllo da anni. Nulla di grave, in sé, se non fosse che una tale alluvione di omaggi sta contribuendo ad alimentare gli equivoci; a trasformare Pasolini - ormai forse irrimediabilmente - in altro rispetto a ciò che, nel bene e nel male, egli è davvero stato; a una sua indebita santificazione che lo depotenzia e, in ultima analisi, lo tradisce. Non solo: nella corsa a essere più «pasoliniani» degli altri, in tanti, utilizzando PPP come elemento legittimante per prese di posizione discutibili, non di rado connotate da una manipolazione più o meno consapevole del suo - talvolta contraddittorio - pensiero.In questi giorni l’associazione Pro vita & famiglia ha affisso dei manifesti sui quali è riportata una frase di Pasolini tratta da un articolo apparso sul Corriere della Sera il 19 gennaio 1975. Questa la frase: «Sono traumatizzato dalla legalizzazione dell’aborto perché la considero, come molti, una legalizzazione dell’omicidio». Nessuna rielaborazione. Il manifesto riproduce testualmente ciò che il poeta e intellettuale scrisse nel suo intervento. Nel quale, è vero, si diffonde poi in argomentazioni cervellotiche, cercando di porre in relazione la legalizzazione dell’aborto con i temi della liberalizzazione del coito eterosessuale e della sovrappopolazione mondiale, ma prendendo le mosse dalla consapevolezza che l’aborto, scientificamente, altro non sia che un omicidio. Tra le reazioni scomposte all’iniziativa di Pro vita & famiglia si segnala quella del sito Città Pasolini, un cui anonimo membro ha scritto: «Mi sono trovata davanti all’ennesimo sfruttamento dell’immagine di Pasolini. (…) Questa gente volgare alla fine è venuta a cercare un sostegno intellettuale nelle parole decontestualizzate di Pasolini». Segue una breve analisi: «L’intento di Pasolini non è quello di incitare alla lotta contro la società che condanna l’aborto, ma di fomentare una sana discussione riguardo a esso non come atto in sé ma come conseguenza di specifiche cause, prima tra tutte il rapporto sessuale». Analisi completamente sballata (la cui autrice voleva inoltre scrivere, immagino, «contro la società che sostiene l’aborto»), visto che quello di Pasolini era proprio un attacco al permissivismo (per lui falso) della società dei consumi, permissiva anche in tema di aborto, e in quanto i fenomeni indicati da Pasolini, tra cui l’incremento del coito eterosessuale, non erano per lui cause dell’aborto bensì, semmai, possibili conseguenze della legalizzazione dell’aborto medesimo. Come si vede, a decontestualizzare (goffamente) Pasolini è chi gli mette in bocca ciò che non ha mai detto. Categoria in cui, per inciso, vanno inclusi coloro che, a destra, si ostinano a leggere in chiave «anticomunista» la formula pasoliniana del «fascismo degli antifascisti».travisamentoSono stato spesso in via Giovanni Tagliere, stradina a un passo dal carcere di Rebibbia. Ci sono stato perché coltivo anch’io, eccome, il culto di PPP, e proprio in un appartamento di questa via, al civico 3, Pasolini ha vissuto con la madre dal 1951 al 1953, subito dopo l’arrivo a Roma. Per sette decenni, la modesta casa in questione è appartenuta a privati, persone umili che vi hanno condotto la propria umile vita, e il suo bello era proprio che essa fosse al contempo anonima e «storica». L’anno scorso quest’appartamentino di 70 metri quadri è finito all’asta e, a quel punto, sono partiti gli appelli a non perpetuare lo «scandalo» dell’ulteriore passaggio dell’abitazione a qualche privato. Vari esponenti dell’intellighenzia progressista hanno espresso la propria indignazione di fronte alla possibilità che quella di via Tagliere seguitasse a essere una semplice casa anziché divenire un centro culturale o comunque una «risorsa per il quartiere». E così il produttore cine-televisivo Pietro Valsecchi ha pensato bene di acquisire l’immobile e di donarlo al Comune di Roma. Cosa ne verrà fatto ancora non si sa (poco, presumiamo, vista anche l’esiguità dello spazio disponibile); quel che è certo è che una scelta meno «pasoliniana» di questa non poteva essere compiuta. Adesso la vecchia casa di PPP sarà istituzionalizzata. Forse ci si potrà accedere, ma magari dovendo pagare un biglietto. Insomma, le sarà tolta realtà. E non c’era nulla che Pasolini detestasse di più. cattive tentazioniSi diceva all’inizio di come Pasolini induca, talora, a voler fare i primi della classe. Nella tentazione è caduto anche uno studioso rispettabile come Gian Carlo Ferretti, lucido intellettuale novantaduenne. Chiedo venia per il riferimento personale, ma questo è il luogo idoneo per puntualizzare una cosa che va puntualizzata. Nel suo ultimo libro, Pasolini personaggio (Edizioni Interlinea), il professor Ferretti mi accusa di «caduta di qualità e di rigore». La mia colpa sarebbe quella di aver scritto, in un pezzo uscito a luglio del 2021 su La lettura del Corriere della Sera: «Fino a oggi si riteneva che la totalità degli interventi di Pasolini sul pittore Giuseppe Zigaina fosse stata radunata da Walter Siti e Silvia De Laude nei due tomi del Meridiano Mondadori che, nel 1999, hanno raccolto i saggi pasoliniani dedicati alla letteratura e all’arte». Nell’affermare ciò, in margine alla riproduzione di un testo di Pasolini su Zigaina scomparso dai radar (anche quelli dei Meridiani Mondadori) dal lontano 1949 e da me recuperato, avrei infatti trascurato una precedente scoperta di Ferretti di cui egli diede conto sul numero del 2008 della pubblicazione Studi pasoliniani. In realtà Ferretti non ha affatto rinvenuto un testo assente dai Meridiani, bensì ha soltanto posto a confronto, da filologo, un testo riguardante Zigaina che nei Meridiani c’è con due sue versioni alternative, le quali presentano fra l’altro differenze di ben poco conto. Dunque quanto da me scritto è assolutamente corretto e la scorrettezza, al contrario, è tutta di Ferretti.falsificazioniAssieme a quello (per lo più rimosso) dell’attrazione per i giovanotti di borgata, l’argomento più scottante riferibile alla figura di Pasolini è il suo assassinio, avvenuto all’idroscalo di Ostia il 2 novembre del 1975. Anche qui, opportunamente, visto che si tratta di un caso dai contorni ancora oscuri, fioccano gli approfondimenti. Il problema è che la maggior parte di essi tende a fondarsi su luoghi comuni consolidatisi nel tempo ma che non trovano riscontro nelle verifiche. Prendiamo il più recente titolo dell’avvocato Stefano Maccioni, Pasolini. Un caso mai chiuso (Edizioni Round Robin). Premesso che chi scrive ritiene che Pino Pelosi non abbia ucciso Pasolini da solo, se si inizia un’indagine perpetuando un dato falso, un certo sconforto è inevitabile. Scrive Maccioni: «Pasolini, un uomo di 53 anni notoriamente sportivo, robusto, atletico, nel pieno delle forze, è stato ucciso la notte tra il primo e il 2 novembre 1975 dal diciassettenne Giuseppe Pelosi (peso 65 kg per un metro e 70 d’altezza), causa un rapporto sessuale mercenario finito male. Lo dice una sentenza. È storia. Ma io non ci credo». Dunque, per escludere il contesto della prostituzione maschile dall’omicidio dell’idroscalo, si insiste a presentare quello tra Pasolini e Pelosi come uno scontro tra Hulk Hogan e Fabio Rovazzi. Peccato che Pasolini fosse sì un uomo dalla forma fisica invidiabile per l’età che aveva, ma era pur sempre reduce da una grave emorragia gastrica occorsagli alcuni anni prima, aveva appunto 53 anni ed era ancor più basso e più leggero di Pelosi (1,67 per 59 kg); il quale, dal canto suo, oltre a essere più grosso di Pasolini, aveva 36 anni di meno ed era un ragazzo di strada avvezzo a menar le mani. Ora, può davvero essere che Pasolini sia stato ammazzato da sicari mandati da qualcuno a cui lui dava fastidio; ma è consigliabile, se si vuol essere credibili, non adagiarsi sulle leggende metropolitane. Per concludere, Pasolini è stato un genio. Un artista e una personalità senza eguali. Un moralista e un immorale. Un pedagogo e un pederasta. Un fustigatore e un fustigato. Un trasgressore e un perseguitato. Comunque un soggetto urticante e difficile da maneggiare, capace (era del resto il suo intento) di creare rovelli e di mettere in discussione chi lo accosti. Il pasolinismo e i suoi tanti sacerdoti lo vorrebbero invece ridurre (e ci stanno riuscendo) a personcina perbene, a padre della Patria, a rassicurante sostenitore dei «diritti civili». Che parole rivolgerebbe PPP a costoro? Sicuramente «Sia anàtema!», citando il suo amato San Paolo.
Leonardo Apache La Russa (Ansa)
Nessuna violenza sessuale, ma un rapporto consenziente». È stata archiviata l’indagine a carico di Leonardo Apache La Russa e l’amico Tommaso Gilardoni, entrambi 24enni, accusati di violenza sessuale da una di ventiduenne (ex compagna di scuola di La Russa jr e che si era risvegliata a casa sua).
Nel riquadro, Howard Thomas Brady (IStock)