2020-11-15
Partita a scacchi tra Russia e nuova Nato
Vladimir Putin ha stretto un accordo con il Sudan per una base navale logistica, la prima attiva in Africa dal crollo dell'Urss. Come risposta, Joe Biden potrebbe accettare di far entrare la Georgia nel Patto atlantico. Decisione che suonerebbe come una provocazione per Mosca.Pandemia o meno, l'assetto geopolitico del pianeta sta cambiando e con questo, inevitabilmente, gli equilibri militari. È notizia di questa settimana che la Russia ha stretto un accordo con il Sudan per istituire una base navale logistica dotata di un cantiere per la manutenzione. La firma sul trattato è del primo ministro russo Mikhail Mishustin e porta la data del 6 novembre, ma considerando quanto accadeva in occidente per le elezioni Usa, Vladimir Putin ha preferito far uscire la notizia dopo qualche giorno. Detta così come l'hanno raccontata parrebbe una sorta di officina remota per la Marina russa, invece si scopre che questo centro logistico navale ospiterà fino a 300 persone tra militari e civili, sarà dotato di attracchi per quattro unità e avrà anche impianti per l'assistenza a quelle equipaggiate con propulsione e armamenti nucleari. Il governo sudanese fornirà gratuitamente le infrastrutture portuali e un appezzamento di terreno sul quale saranno costruiti gli edifici di servizio.I colloqui per l'apertura della base in Sudan erano cominciati dall'indomani della visita a Mosca dell'ex presidente sudanese, Omar Hassan Ahmad al-Bashir, avvenuta nel 2017, e nonostante il colpo di Stato del 2019 che ha rimosso al-Bashir, la diplomazia russa è riuscita a perseguire i suoi scopi trattando con il generale Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, capo militare del Paese. Non a caso, nel 2019, il Cremlino aveva organizzato e ospitato un vertice Russia-Africa a cui parteciparono oltre quaranta leader africani e ovviamente Putin in persona. Il proposito è chiaro, la Russia sarà autorizzata a trasferire qualsiasi tipo di personale ed equipaggiamento militare, comprese munizioni e componenti, attraverso i porti sudanesi fino al centro navale che funzionerà sotto l'esclusiva giurisdizione del Kremlino per 25 anni, con la possibilità di rinnovarlo per altri dieci.Sarà, questa, la prima base militare russa attiva in Africa dal crollo dell'Urss, poiché prima del dicembre 1990 i sovietici avevano soltanto una base navale attiva in Somalia. Il desiderio russo di avere basi remote è antico, questa operazione è il risultato del tentativo di Putin di avere un presidio a Gibuti nel 2013, dove sono presenti basi cinesi e americane, ma le trattative diplomatiche erano naufragate innanzi alle paventate ritorsioni da parte dei due Paesi già ospitati, che pagano parecchi soldi al piccolo Stato, costringendo i russi a concentrare gli investimenti (l'equivalente di circa 40 milioni di dollari), presso la base di Tartus, sulle coste siriane del Mediterraneo, ma a soli 18 km dal confine libanese. Qui la base avrebbe dovuto essere temporanea, ma l'escalation del conflitto siriano, degenerato in guerra civile, l'ha resa ormai permanente.Intanto la Nato, quasi da un anno a questa parte, quando avvenne l'incontro tra capi di Stato a Londra, cerca di ridefinire il proprio ruolo con l'iniziativa «Nato 2030» che vorrebbe delineare il settimo programma strategico della storia dell'Alleanza. Le nazioni europee, come sempre, sono divise tra l'asse franco tedesco, scettico sulle politiche finora applicate da Donald Trump sulla Nato, che sostanzialmente dicevano «o spendete almeno il 2% del Pil in armamenti, oppure arrivederci», e quelli che per la Difesa dipendono completamente da Washington. L'Italia, come spesso avviene sta a metà, strizza l'occhio ai capi europei ma non può permettersi di rinunciare alla fabbrica degli F-35 di Cameri né a quella di Boeing a Brindisi.Tradizionalmente ad ogni elezione americana è sempre seguito l'inizio di un nuovo corso all'interno del Patto atlantico, e tutto porta a pensare che l'amministrazione Joe Biden-Kamala Harris, una volta insediata ed operativa, avvocherà a sé le principali direttive per rendere la Nato più efficace e meno dipendente da presenze scomode come la Turchia.Il problema più urgente è che dal punto di vista dei conflitti sta avvenendo un mutamento: se fino a qualche anno fa l'alleanza gestiva perlopiù le crisi locali della difesa collettiva in stile guerra fredda,con le forze armate che operavano al di fuori dei territori dei Paesi membri per stabilizzare le situazioni, eventi come l'aggressione russa dell'Ucraina hanno dimostrato che contro i «grandi» nessuno chiede di intervenire, preferendo agire sul piano delle sanzioni e degli embarghi, finendo per mostrare che l'attenzione della Nato deve essere concentrata in tre aree fondamentali: nella parte orientale dell'Europa, dove l'influenza politica e militare russa è intensa, dove in caso di scontri servirebbero arsenali differenti da quelli finora predisposti; e sul fronte sud-orientale per affrontare efficacemente la lotta contro il terrorismo. In breve, siamo troppo concentrati sulla «difesa» per avere un effetto deterrente nei confronti di Russia e Cina. Ma sarà proprio il confronto con queste due potenze a determinare le scelte del prossimo ventennio. Nei confronti della Russia, dopo la decisione di aprire la base in Sudan, Biden potrebbe accettare di far entrare nella Nato la Georgia, promettendo quindi di intervenire a sua difesa in caso di conflitto, e questo per Mosca suonerebbe come una provocazione. Altrettanto, nei confronti della Cina, sarebbe un'estensione del coinvolgimento nella Nato di nazioni dell'area Pacifica, come Giappone, Australia fino alla Corea del Sud. E lo spettro di un ritorno ai due blocchi comincerebbe a delinearsi.
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