
Si è aperto ieri il confronto tra governo e sindacati per studiare le uscite anticipate: si cercano 20 miliardi. I giallorossi vogliono intestarsi la battaglia dei leghisti.È partito ieri il cantiere delle pensioni. Il confronto che si è tenuto ieri tra governo e sindacati, d'altronde, non è questione da poco. Si tratta, di fatto, della prima mossa per mandare in soffitta la legge Fornero, dare stabilità ai lavoratori e a chi vuole andare in pensione, con un orizzonte quantomeno decennale. Un boccone succulento, insomma, che l'esecutivo giallorosso non vuole certo lasciare alla Lega, come avvenuto con quota 100. Il percorso durerà alcuni mesi e l'obiettivo è quello di arrivare a una proposta strutturale di riforma pensionistica per inserirla nella nota di aggiornamento al Def di settembre e poi nella legge di bilancio 2021. Al momento, non è chiaro se la nuova riforma delle pensioni partirà nel 2021 oppure l'anno seguente perché dipende dalle risorse disponibili. In effetti tutto gira attorno al loro reperimento. Secondo le stime, per dire addio alla riforma previdenziale del 2011, servono almeno 20 miliardi di euro per far fronte alle uscite anticipate richieste dalle associazioni di lavoratori. Esattamente di questo si è discusso ieri nel corso del primo incontro tra esecutivo e sindacati al ministero del Lavoro dove erano presenti la titolare del dicastero, Nunzia Catalfo e i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil, Cisal, Confsal, Usb e Ugl. Ma anche di Cida, Confedir, Sosmed, Codirp, Cgs, Cse, Unadis, Usae.Del resto, l'urgenza del negoziato nasce dal fatto che quota 100, il canale di pensionamento anticipato introdotto dal governo Conte 1 su iniziativa della Lega, sia una misura sperimentale che cesserà alla fine del 2021 e il Conte 2 ha già annunciato che non ha alcuna intenzione di prorogarla. L'obiettivo è, insomma, quello di trovare una soluzione che eviti la nascita il primo gennaio 2022 di uno «scalone» previdenziale. Per questo l'idea è quella di introdurre nuove forme di flessibilità in uscita che dovrebbero costare intorno ai 20 miliardi di euro. Quello di ieri, insomma, è stato un incontro fondamentale. Per mettere a punto una nuova riforma delle pensioni, innanzitutto verranno create tre commissioni: una si occuperà della separazione tra assistenza e previdenza; un'altra dei lavori gravosi e una terza di valutare le possibili misure che si possono attuare per garantire una maggiore flessibilità in uscita. Per fare tutto ciò ieri il ministro ha nominato, con un decreto, gli esperti che seguiranno la riforma delle pensioni. Ora gli occhi sono tutti puntati sulle prossime fasi che porteranno alla nascita di un nuovo sistema previdenziale. Ieri governo e sindacati hanno messo a calendario «un fitto calendario di incontri tecnici». Lunedì 3 febbraio si parlerà delle pensioni di garanzia; il 7 pomeriggio dei pensionati; il 10 mattina della flessibilità; il 19 pomeriggio della previdenza complementare mentre è da definire la data per discutere delle norme che interessano le persone non autosufficienti.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.
Maria Rita Parsi critica la gestione del caso “famiglia nel bosco”: nessun pericolo reale per i bambini, scelta brusca e dannosa, sistema dei minori da ripensare profondamente.






