2022-06-16
Parigi e Pechino spingono per la diplomazia
Vladimir Putin e Xi Jinping (Ansa)
Da più parti, sulla scena internazionale, si invoca una ripresa delle trattative. Il leader transalpino: «A un certo punto Kiev dovrà negoziare». Xi Jinping telefona a Vladimir Putin e spinge per una «soluzione responsabile», pur ribadendo l’alleanza con Mosca.Mario Draghi, Olaf Scholz ed Emmanuel Macron da Volodymyr Zelensky: la visita potrebbe aver luogo già oggi. Poco gradite le aperture alla Russia del francese.Lo speciale contiene due articoli.Arrivati al centotredicesimo giorno di guerra si moltiplicano gli sforzi diplomatici affinché russi e ucraini accettino di sedersi a un tavolo negoziale. Un lavoro non semplice perché i russi proseguono nella loro «operazione militare speciale», specie nel Donbass, dove la guerra per gli ucraini è ormai persa. Chi da settimane in ambito Nato prova sottotraccia a riannodare i fili di un possibile negoziato si è scontrato più volte con il netto rifiuto del presidente ucraino Volodymyr Zelensky a sedersi al tavolo con chi ha invaso il suo Paese e ha commesso i crimini dei quali abbiamo parlato molte volte. Altro tema sul quale non si riesce a trovare un’intesa è quello del cessate il fuoco; Zelensky accetta di iniziare a discutere solo ed esclusivamente con le armi che tacciono mentre per Vladimir Putin questa opzione, almeno fino alla conquista del Donbass, non è contemplata perché a suo avviso «sarebbe un segnale di debolezza». Fatta questa premessa, ora c’è la fila di coloro che dopo aver detto che «l’Ucraina può e deve vincere la guerra» vogliono recarsi a Kiev per chiedere a Zelensky di sedersi al tavolo. La Casa Bianca da almeno due settimane, oltre a inviare armi, ha fatto presente a Zelensky di avere seri dubbi sulla tenuta in prospettiva dell’esercito ucraino, inoltre, ci sarebbero state frizioni sul flusso delle informazioni che Washington ritiene «non sempre precise e puntuali». In ogni caso non è in dubbio il sostegno degli Usa all’Ucraina, come ha precisato ieri al canale televisivo Pbs il segretario di Stato statunitense, Antony Blinken secondo il quale: «Il futuro dell’Ucraina dipende dagli ucraini. Sta a loro, alla fine le decisioni saranno prese dal governo democraticamente eletto, tra cui Zelensky. Noi li sosterremo. Putin sta cercando di togliere loro il diritto di determinare il proprio futuro, noi sosteniamo fermamente questo diritto». Sul tema delle armi ieri ha parlato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, alla vigilia della riunione dei ministri della Difesa: «L’Ucraina ha bisogno di armi pesanti e di equipaggiamenti di ricognizione. Mi aspetto che al summit gli alleati accorderanno un pacchetto completo di assistenza all’Ucraina per passare dall’equipaggiamento dell’era sovietica all’era atlantica». Le armi gli ucraini le attendono senza se e senza ma, come ha scritto su Twitter Mikhail Podolyak, consigliere del capo dell’Ufficio del presidente ucraino: «Il rapporto tra artiglieria in alcune aree è di 10 a 1. La linea del fronte è di oltre 1.000 km. Ogni giorno ricevo messaggi dai difensori che chiedono quanto ancora dovranno aspettare per le armi. Rivolgo questa domanda ai membri del Ramstein. Bruxelles, stiamo aspettando una decisione». Per tornare alla diplomazia il presidente francese Emmanuel Macron (non certo amato a Kiev), parlando alle truppe francesi nella base di Mihail Kogalniceanu (Romania), è tornato a chiedere di una soluzione negoziale per il conflitto: «A un certo punto dovremo negoziare e il presidente ucraino dovrà negoziare con la Russia e noi, europei, saremo attorno a quel tavolo». Macron non ha fatto alcun accenno alla visita prevista per oggi a Kiev dove ad incontrare Zelensky ci dovrebbero essere il premier italiano Mario Draghi molto rispettato e ritenuto credibile anche per il suo rapporto con gli Usa, lo stesso Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz non certo amato dagli ucraini che lo accusano, al pari del presidente francese, di doppiezza nei confronti Mosca. E i russi che ne pensano di eventuali negoziati? Per Serghey Ryabkov, viceministro degli Esteri russo, «la Russia è pronta per negoziati con l’Ucraina, ma se il presidente Volodymyr Zelensky non li vuole, questa è una sua scelta». Ryabkov ha anche detto che «Mosca spera che gli Stati Uniti e l’Occidente nel suo insieme abbiano abbastanza buon senso da non portare la situazione in Ucraina a uno scontro diretto con l’uso delle armi nucleari». Non certo un messaggio conciliante. Qualcosa di interessante invece si sta muovendo sull’asse Pechino-Mosca: il network statale cinese Cctv, ripreso dall’Ansa, ha riferito di una telefonata intercorsa tra il presidente cinese Xi Jinping con il suo omologo russo Vladimir Putin nella quale Xi avrebbe detto: «Tutte le parti dovrebbero spingere per una soluzione adeguata della crisi ucraina in modo responsabile». Il leader cinese ha anche precisato che «la Cina è disposta, insieme alla Russia, a continuare a sostenersi a vicenda su questioni riguardanti gli interessi fondamentali e le principali preoccupazioni come la sovranità e la sicurezza, a intensificare il coordinamento strategico tra i due Paesi e a rafforzare la comunicazione e il coordinamento nelle principali organizzazioni internazionali e regionali come Onu, Brics e Organizzazione per la cooperazione di Shanghai». Ieri è tornato a parlare l’ex presidente russo Dmitry Medvedev che suo canale Telegram ha di nuovo usato toni durissimi come è solito fare da qualche tempo. Stavolta ha scritto: «Chi ci dice che l’Ucraina esisterà ancora tra due anni?» In serata Emmanuel Macron, durante una conferenza stampa a Chisinau (Moldavia) ha dichiarato: «Non possiamo permetterci la minima debolezza nei confronti della Russia e dobbiamo rafforzare la credibilità della nostra dissuasione affinchè la Russia non possa immaginare che può proseguire ulteriormente la sua aggressione». Parole che stavolta piaceranno a Volodymyr Zelensky.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/parigi-pechino-spingono-diplomazia-2657515123.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="draghi-scholz-e-macron-da-zelensky-ma-e-gelo-fra-gli-ucraini-e-leliseo" data-post-id="2657515123" data-published-at="1655318738" data-use-pagination="False"> Draghi, Scholz e Macron da Zelensky. Ma è gelo fra gli ucraini e l’Eliseo Mario Draghi, Olaf Scholz e Emmanuel Macron insieme a Kiev: i leader di Italia, Germania e Francia dovrebbero recarsi in Ucraina e incontrare il presidente Volodymyr Zelensky già oggi, salvo imprevisti dell’ultimo minuto, come autorevoli fonti diplomatiche italiane confermano alla Verità. Sulla presenza di Macron, però, non manca qualche punto interrogativo. Macron, che ieri era in Moldovia, in questo momento non gode di grande popolarità dalle parti di Kiev: per due volte, in questi quasi quattro mesi di guerra, il presidente francese ha esplicitamente dichiarato che «non bisogna umiliare la Russia», e lo scorso 4 giugno la risposta del ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, è stata tagliente: «Gli appelli per evitare l’umiliazione della Russia», ha scritto Kuleba su Twitter, «possono solo umiliare la Francia e ogni altro Paese che lo richiederebbe, perché è la Russia che si umilia. Concentriamoci tutti meglio su come mettere la Russia al suo posto. Questo porterà pace e salverà vite». Vedremo se Macron prenderà parte a questa spedizione oppure, magari tirando in ballo gli impegni per il secondo turno delle elezioni in Francia, diserterà l’appuntamento. Intanto ieri da Chisinau il presidente francese ha ribadito il concetto: «L’obiettivo», ha sottolineato Macron, «è fermare il conflitto senza fare la guerra alla Russia». Del resto, anche Scholz non viene considerato un alleato affidabile da Zelensky, dopo la lotta contro l’embargo del gas che Berlino ha condotto all’interno della Unione europea e i vari contrattempi e disguidi sull’invio di armi pesanti. Alla fine, l’unico a godere della stima incondizionata di Kiev è Mario Draghi, considerato come perfettamente allineato alle posizioni di Washington. Piena di spine già prima di fiorire, questa visita congiunta si presenta dunque avvolta anche dal mistero, probabilmente perché non ancora definita nei dettagli. «Posso solo confermare che domani (oggi, ndr) sarà certamente giovedì, e che dopodomani sarà venerdì», ha detto ieri Steffen Hebestreit, portavoce di Scholz, rispondendo a una domanda di un giornalista in conferenza stampa a Berlino. Il viaggio dei tre (o due) leader ha un significato politico molto importante, ma viene anche accolto senza particolare entusiasmo da parte del governo di Kiev: «Gli ucraini sono scettici rispetto alla visita di Olaf Scholz, Mario Draghi ed Emmanuel Macron a Kiev», ha detto ieri alla Bild il consigliere militare del presidente Zelensky, Oleksjy Arestovyc, «temo che proveranno a raggiungere un Minsk III. Diranno che noi dobbiamo chiudere questa guerra, che provoca problemi alimentari e problemi economici. Diranno che muoiono sia russi che ucraini, che noi dobbiamo salvare la faccia a Putin», ha aggiunto Arestovyc, «che i russi hanno fatto un errore, che noi dobbiamo perdonarli». Il Minsk III che Arestovyc teme sia l’obiettivo dei leader europei consisterebbe nel seguito del trattato Minsk II, stipulato nel vertice tenutosi nella capitale della Bielorussia l’11 febbraio 2015, tra i capi di Stato di Ucraina (Petro Poroshenko), Russia (Vladimir Putin), Francia (Francois Hollande) e Germania (Angela Markel) e che portò all’approvazione di un pacchetto di misure per tentare di fermare la guerra del Donbass. Quell’accordo, che prevedeva tra l’altro il cessate il fuoco una larga autonomia delle regioni di Donetsk e Lugansk, come noto non mai stato rispettato in tutti i suoi punti. Kiev, in sostanza, teme che Draghi, Scholz e Macron possano fare pressioni per un negoziato che preveda cessioni territoriali.
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Matteo Salvini (Imagoeconomica)