2022-01-24
Gianluigi Paragone: «Tremonti al Colle? Con me ci ha provato. Ma è troppo filo Ue»
Il senatore no euro: «L’ex ministro ha creduto al gioco di Salvini, che però non può opporsi davvero a Draghi. Il Cav? Mira ad altro».«Tutti i ragionamenti sul Quirinale non tengono conto di un aspetto: i leader dei partiti non sono abbastanza forti da assicurare la compattezza dei gruppi parlamentari. Il più grande, quello del Movimento 5 stelle, sembra Kabul, nella Lega ci sono mal di pancia più o meno manifesti. Il segreto dell’urna può essere una sorta di rutto liberatorio: i parlamentari sono nelle condizioni di fare quel che vogliono, anche far saltare i giochini dei loro leader. L’ammutinamento è pericoloso perché non se ne conoscono tutti i numeri». Senatore Gianluigi Paragone, leader di Italexit-No green pass, nei giorni della caccia all’ultimo grande elettore, in cui tutti cercano tutti, il pacchetto di oltre 100 voti del gruppo Misto fa gola a tanti: cosa si muove tra i peones? «Il gruppo Misto è sempre stato un limbo, una zona di anime perse e prive di una identità omogenea, che vengono in qualche modo richiamate a una nuova offerta politica. È logico guardare a noi per capire quali siano gli orientamenti: il discorso vale durante la formazione dei governi, come è stato per esempio nel corso delle trattative per un possibile Conte ter, e vale ancor di più per le partite delicate come quella che si apre oggi per il Colle». Il suo numero era nella lista del «telefonista per eccellenza», Vittorio Sgarbi? «In queste settimane Sgarbi ha fatto da ariete per Berlusconi, è innegabile la sua capacità di parlare, per certi versi anche di sedurre. Ma sapeva benissimo che in noi non avrebbe trovato sponde e quindi si è eclissato». Qualche emissario sarà arrivato.«Chi ci ha provato con me è stato Giulio Tremonti: attraverso un ambasciatore, ha tentato di organizzare un incontro». L’ex ministro dell’Economia si muove a fari spenti?«Sapevo che c’erano dei movimenti all’interno del gruppo Alternativa, i cui parlamentari evidentemente stanno cercando di parcheggiarsi dentro la Lega. Poi nei 5 stelle è scoppiato il caso Fraccaro». L’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio con Conte ha incontrato Matteo Salvini, ma smentisce di aver trattato un pacchetto di voti per Tremonti. «Sono bravissimi a fare i sub. Da tempo Riccardo Fraccaro cerca un’interlocuzione con la Lega: non so se in vista di un cambio di casacca o per mettere in piedi qualcosa di satellitare al Carroccio». Che cosa ha risposto alle avance di Tremonti?«Ho declinato l’invito. So che Tremonti avrebbe voluto tenerci per ultimi nelle interlocuzioni, per via della nostra posizione nei confronti dell’Europa: troppo oltranzista, a suo giudizio. Tremonti non ha alcuna fisionomia antisistema, io non posso votare chi non ha mai consumato uno strappo vero con l’Europa, nonostante le sue posizioni siano state spesso critiche. Hanno sbagliato a fare i conti: se una candidatura seria doveva essere, avrebbero dovuto almeno coinvolgerci dall’inizio nella scrittura di un patto fortemente critico nei confronti della Ue. Su questo, lui vacilla: in fondo, è sempre un uomo dell’Aspen institute».Nel pantano che potrebbe profilarsi, il nome di Tremonti è una variabile da considerare?«Berlusconi ha sempre guardato ai movimenti, ma non ha capito che anche Tremonti stava giocando una partita. Inizialmente per i fatti propri, con il supporto di alcune figure. Poi con il tentativo di agganciare Salvini, il quale, però, è un pochino più furbo: sa che non può costruire una seria candidatura anti Draghi, altrimenti il premier gliela farebbe pagare. Salvini sta giochicchiando con più soggetti e Tremonti ci è cascato. Alla fine rimarrà un solo nome in campo: Mario Draghi».Una sorta di garante universale, chi potrebbe dire di no?«Se studiamo la partita in termini razionali, Mario Draghi è venuto qui per fare il presidente della Repubblica. Forte della sua capacità di tessere rapporti internazionali e globali, sa che potrà essere un presidente “alla francese”: controllore del presidente del Consiglio, espressione della sua volontà. Matteo Salvini e Giorgia Meloni hanno bisogno di una copertura internazionale, Draghi può essere il garante. Poi, secondo me, li tradirà: nessuno dei due ha sufficiente sangue blu, inteso come blu Europa, per far parte di certi consessi».Il trasloco al Quirinale sarebbe il viatico per nuove elezioni?«Non sarà così, Draghi non ha alcuna voglia di creare tensione nel Palazzo. Discorso diverso in caso di sconfitta». Cosa intende? «Laddove perdesse, dopo 3-4 mesi mollerebbe il governo. Sa benissimo che non potrà fare il presidente del Consiglio di una maggioranza che consumerà l’ultimo pezzo della legislatura litigando, con lo scopo di posizionarsi in vista delle elezioni politiche. Non rimarrà stritolato nella tenaglia dei partiti, nulla gli impedirà di approfittare di un momento di tensione, che capiterà, per cogliere la palla al balzo e andare via sbattendo la porta. È lo scenario più pericoloso per i partiti, che sono nel massimo della loro debolezza, come confermano i mal di pancia nei gruppi parlamentari».Chi «impallinerebbe» Draghi?«Soltanto il pessimo stato di salute del Parlamento. Da oggi, i parlamentari possono fare quel che vogliono, approfittando del segreto dell’urna».Per Matteo Renzi, «Draghi non si può perdere».«Renzi parla come se fosse una specie di interprete del pensiero di Draghi. Non ha capito che non ha più alcuna forza nel Paese, lo lascerei alla vanità di chi si guarda allo specchio e pensa di essere Winston Churchill».Lei voterebbe Draghi?«Neanche sotto tortura, è un nemico culturale e quindi politico. Per quel che rappresenta, è quanto di più lontano possa esserci rispetto al mio pensiero».Dopo giorni di attesa, Silvio Berlusconi ha scelto di fare un passo indietro, togliendo la sua candidatura dal tavolo. Cosa pensa della sua mossa? «Berlusconi ha giocato l’ultima partita che aveva messo a fuoco. È stato capace di quest’ultimo guizzo, che è una sorta di chiusura della sua epopea, ma penso che in realtà stia trattando altro».Un posto da senatore a vita? «Ripulirebbe l’onta della cacciata dal Senato per effetto della legge Severino».Come giudica l’incapacità del Movimento 5 stelle di indicare un nome di peso? Dopo tutto, resta il partito con la maggioranza relativa in Parlamento. «Il loro limite è la paura delle leadership. Nessuno è in grado di essere il leader del più consistente gruppo parlamentare, che oggi ha la stessa stabilità di Kabul. Dopo Grillo e Casaleggio, solo Luigi Di Maio ha saputo muoversi con una parvenza da leader. Conte non lo è e non lo è stato. Diciamoci la verità: non è capace. Aspira a fare il leader senza essere in Parlamento, ha avuto paura di confrontarsi in tutte le elezioni suppletive, non controlla i gruppi parlamentari. Insomma, è scarso. Casalino può fare tutte le campagne che vuole, ma Conte è destinato a gestire solo i numeri della sua pagina Facebook. Essere leader è un’altra cosa».Matteo Bassetti ha contestato il drive in allestito nel parcheggio della Camera per permettere ai parlamentari positivi al Covid o in quarantena di partecipare al voto: «L’idea di non farli entrare alla Camera è sbagliata», ha detto. Non è la prima volta che i virologi intervengono sull’elezione. «Siamo al Muppet show della virologia, ormai. Li abbiamo visti esercitarsi su qualsiasi punto della planimetria politica italiana, a questo punto si potrebbero permettere anche di votare il presidente». Bassetti coglie un punto, che molti esperti ribadiscono da qualche settimana: è arrivato il momento di cambiare l’approccio alla pandemia per non soccombere alla burocrazia?«Dell’eccesso di burocrazia, gli italiani ne hanno le scatole piene, anche rispetto a questa emergenza sanitaria. Sanno che il green pass e il super green pass non hanno alcuna ricaduta sanitaria, sono solo scartoffie». Dal primo febbraio, senza certificato non si entra nemmeno nelle edicole al chiuso. I tabaccai sono sul piede di guerra. «L’inganno peggiore di Draghi è stato quello di dire: “Vi mettiamo nelle condizioni di lavorare”. Ma poi vediamo qual è l’effetto: con le regole assurde sulle quarantene, la gente non esce. E poi ha fastidio a essere controllata. Arrivati a questo punto, vedo una specie di cattiveria nelle norme sulla pandemia: l’obbligo di vaccino per gli over 50, l’accanimento sui bambini, i direttori sanitari che si svegliano al mattino e decidono che le operazioni per i non vaccinati possono essere rimandate. C’è sempre un carico ulteriore, trovare il bandolo della matassa è diventato un esercizio complicato. Anzi, temo che non lo troveremo più: è così ingarbugliato che o viene tagliato oppure tanti auguri chi pensa di scioglierlo». La manifestazione di Italexit cui ha preso parte il premio Nobel Luc Montagnier ha fatto piuttosto discutere, soprattutto tra gli scienziati. «Queste persone sono state abituate a essere trattate come delle star. Se arriva un signore che porta in piazza migliaia di persone, vuol dire che c’è voglia di sentire un altro punto di vista. Quando la scienza nega un altro punto di vista, diventa dogma».
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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