
Pontefice ospite della «Settimana sociale», intitolata «Al cuore della democrazia». La manifestazione, a cui ha preso parte anche Mattarella, è tutta schiacciata su istanze di sinistra e attacchi al populismo. Una partecipazione breve, di non più di una manciata di ore, ma densa di incontri e con un messaggio chiaro da lanciare: «Il “cuore” della democrazia è nello stare insieme». In questo consisterà, secondo il programma - e quanto trapelato nelle scorse ore - la visita di oggi di papa Francesco a Trieste, a conclusione della 50° Settimana sociale dei cattolici in Italia, che quest’anno è stata appunto intitolata: «Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro». L’arrivo del Pontefice nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia è previsto alle 8, con l’atterraggio dell’elicottero papale - in volo dalle 6.30 - in Porto Vecchio, vicino al Generali convention center, dove ha luogo la manifestazione alla cui cerimonia di apertura, come noto, ha preso parte il capo dello Stato, Sergio Mattarella. Papa Francesco sarà accolto dal presidente della Cei, il cardinale Matteo Maria Zuppi, da monsignor Luigi Renna, presidente del comitato che organizza le Settimane sociali, e dal vescovo di Trieste, monsignor Enrico Trevisi, oltre che dalle autorità locali. Il Santo Padre parlerà quindi ai congressisti che per una settimana hanno dialogato sui temi della democrazia e incontrerà privatamente i rappresentanti delle diverse comunità religiose triestine, poi una cinquantina tra accademici e studenti dell’ateneo; a seguire, papa Francesco riceverà anche un gruppo composto da persone con disabilità e da migranti. Poco dopo il pontefice sarà trasferito verso piazza Unità d’Italia per presiedere, alle 10.30, la celebrazione eucaristica e recitare l’Angelus, con il rientro a Roma in programma verso le 12.30. Come già si accennava, la visita triestina del Papa sarà dunque davvero una questione di ore; ma ciò non significa che sarà priva di rilevanza, tutt’altro, sarà «molto importante per noi: il centro di tutto è il Signore Gesù e la sua presenza sull’altare e nel sociale», ha dichiarato il cardinale Zuppi. In effetti, in una Trieste dalle eccezionali misure di sicurezza - navigazione interdetta, divieti di transito, stop ai superalcolici in piazza e modifiche alle linee dei bus - l’attesa per quanto dirà oggi papa Bergoglio è tanta, anche se qualcosa è già trapelato.Ieri, infatti, il quotidiano Il Piccolo e i media vaticani hanno pubblicato un testo papale inedito - un’introduzione a un’antologia, intitolata Al cuore della democrazia, di suoi discorsi e messaggi che oggi il Piccolo distribuisce gratuitamente in allegato - da cui è possibile immaginare il tenore dell’intervento odierno del Pontefice. In questo testo, omaggiata Trieste - «Città dal forte sapore mitteleuropeo per la sua compresenza di culture, religioni ed etnie diverse, metafora di quella fratellanza umana cui aspiriamo in questi tempi oscurati dalla guerra» - papa Francesco evidenzia cosa sia «il “cuore” della democrazia: insieme è meglio perché da soli è peggio. Insieme è bello perché da soli è triste. Insieme significa che uno più uno non fa due, ma tre».Dal Pontefice, che in questo scritto cita don Lorenzo Milani, il priore di Barbiana, e Giuseppe Toniolo, fondatore delle Settimane sociali - con anche richiami all’inverno demografico, alla guerra e ai migranti - arriva dunque un elogio a «partecipazione e cooperazione» che «creano quello che gli economisti chiamano valore aggiunto, ovvero quel positivo e quasi concreto senso di solidarietà» da viversi con «quel prenderci cura degli altri che Gesù continuamente ci indica nel Vangelo come l’autentico atteggiamento nell’essere persone». Ma per partecipare e cooperare, conclude il Pontefice, bisogna saper «rischiare» perché «il rischio è il terreno fecondo su cui germoglia la libertà», diversamente da quanto accade quando «nessuno partecipa, tutti assistono, passivi».Resta da capire se con queste parole e quelle che dirà oggi papa Francesco saprà diradare la sensazione - avvertita da molti e anche dalla Verità - secondo cui questa edizione della Settimana sociale è stata caratterizzata da uno sbilanciamento in chiave progressista dell’establishment cattolico. Il riferimento è anzitutto - per quanto Giorgia Meloni abbia negato quel richiamo fosse a lei (mentre Matteo Salvini ha replicato parlando di «dittatura delle minoranze») - al già citato Mattarella, intervenuto a Trieste contro l’«assolutismo di Stato» e l’insidia della dittatura «di una maggioranza, che si considera come rappresentativa della volontà di tutto il popolo». Parole in completa assonanza alle quali il cardinale Zuppi ha aggiunto di guardare «con preoccupazione al pericolo dei populismi che, se non abbiamo memoria del passato, possono privarci della democrazia o indebolirla», allontanandoci da «inclusione e convivenza». Tutte considerazioni in sé lecite, ma che calate e lette nell’attuale contesto politico nazionale - con la riforma del premierato in Parlamento - e internazionale - con l’avanzata delle destre in Europa - lasciano intendere che la democrazia possa esser minacciata solo da una certa area politica. Un’interpretazione non completa, e che mal si concilia con l’esortazione papale, in democrazia, allo «stare insieme».
Maurizio Landini (Ansa)
- Aumentano gli scontenti dopo il divorzio dalla Uil. Ma il leader insiste sulla linea movimentista e anti Meloni In vista di elezioni e referendum è pronto a imporre il fedelissimo Gesmundo come segretario organizzativo.
- Proteste contro l’emendamento che chiede di comunicare 7 giorni prima l’adesione.
Lo speciale contiene due articoli.
Da mesi, chi segue da vicino le vicende del sindacato e della politica economica del Paese si pone una domanda, se vogliamo banale: ma è possibile che di fronte alla trasformazione della Cgil in una sorta di movimento d’opposizione al governo, ai continui no rispetto a qualsiasi accordo o contratto di lavoro che possa coinvolgere la Meloni e a cospetto di un isolamento sempre più profondo, non ci sia nessuno che dall’interno critichi o comunque ponga qualche domanda a Maurizio Landini?
2025-11-16
Borghi: «Tassare le banche? Sostenibile e utile. Pur con i conti a posto l’Ue non ci premierà»
Claudio Borghi (Ansa)
Il senatore della Lega: «Legge di bilancio da modificare in Aula, servono più denari per la sicurezza. E bisogna uscire dal Mes».
«Due punti in più di Irap sulle banche? È un prelievo sostenibilissimo e utile a creare risorse da destinare alla sicurezza. Le pensioni? È passato inosservato un emendamento che diminuisce di un mese l’età pensionabile invece di aumentarla. La rottamazione? Alla fine, anche gli alleati si sono accodati». Claudio Borghi, capogruppo della Lega in commissione Bilancio del Senato e relatore alla legge di bilancio, sciorina a raffica gli emendamenti di «bandiera» del suo partito con una premessa: «Indicano una intenzione politica che va, poi, approfondita». E aggiunge: «Certo, la manovra avrebbe potuto essere più sfidante ma il premier Giorgia Meloni non ha fatto mistero di volerci presentare nella Ue come i primi della classe, come coloro che anticipano il traguardo di un deficit sotto il 3% del Pil. Io, però, temo che alla fine non ci daranno alcun premio, anche perché, ad esempio, la Bce ha già premiato la Francia che ha un deficit superiore al nostro. Quindi, attenti a non farsi illusioni».
Roberto Fico (Ansa)
Dopo il gozzo «scortato», l’ex presidente della Camera inciampa nel box divenuto casa.
Nella campagna elettorale campana c’è un personaggio che, senza volerlo, sembra vivere in una sorta di commedia politica degli equivoci. È Roberto Fico, l’ex presidente della Camera, candidato governatore. Storico volto «anticasta» che si muoveva in autobus mentre Montecitorio lo aspettava, dopo essere stato beccato con il gozzo ormeggiato a Nisida, oggi scaglia anatemi contro i condoni edilizi, accusando il centrodestra di voler «ingannare i cittadini». «Serve garantire il diritto alla casa, non fare condoni», ha scritto Fico sui social, accusando il centrodestra di «disperazione elettorale». Ma mentre tuona contro le sanatorie, il suo passato «amministrativo» ci racconta una storia molto meno lineare: una casa di famiglia (dove è comproprietario con la sorella Gabriella) è stata regolarizzata proprio grazie a una sanatoria chiusa nel 2017, un anno prima di diventare presidente della Camera.
Edmondo Cirielli e Antonio Tajani (Ansa)
L’emendamento alla manovra di Fdi mira a riattivare la regolarizzazione del 2003. Così si metterebbe mano a situazioni rimaste sospese soprattutto in Campania: all’epoca, il governatore dem Bassolino non recepì la legge. E migliaia di famiglie finirono beffate.
Nella giornata di venerdì, la manovra di bilancio 2026 è stata travolta da un’ondata di emendamenti, circa 5.700, con 1.600 presentati dalla stessa maggioranza. Tra le modifiche che hanno attirato maggiore attenzione spicca quella di Fratelli d’Italia per riaprire i termini del condono edilizio del 2003.
I senatori di Fdi Matteo Gelmetti e Domenico Matera hanno proposto di riattivare, non creare ex novo, la sanatoria introdotta durante il governo Berlusconi nel 2003. Obiettivo: sanare situazioni rimaste sospese, in particolare in Campania, dove la Regione, all’epoca guidata da Antonio Bassolino (centrosinistra), decise di non recepire la norma nazionale. Così migliaia di famiglie, pur avendo versato gli oneri, sono rimaste escluse. Fdi chiarisce che si tratta di «una misura di giustizia» per cittadini rimasti intrappolati da errori amministrativi, non di un nuovo condono. L’emendamento è tra i 400 «segnalati», quindi con buone probabilità di essere discusso in commissione Bilancio.






