2021-12-22
        Paolo Gambi: «Ascolto i racconti degli altri e scrivo poesie sui loro corpi»
    
 
L’artista: «Ho iniziato in spiaggia a Ravenna, con una modella. Non mi interessa la bellezza, mi intrigano le storie e le diversità».È proprio vero, siamo un popolo di santi, poeti e navigatori. Paolo Gambi, notaio mancato, un passato da giornalista (anche al Financial Times) e mental coach per la Federazione italiana tennis, un’intensa attività letteraria nella quale spiccano due libri con l’economista Ettore Gotti Tedeschi, Un mestiere del diavolo e Mammona (Basta una Ferrari per dirsi ricchi?), un bel giorno ha mollato tutto e ha trasformato la parola in arte attraverso la poesia. Cambiando orizzonte alla sua vita, ma anche a quella delle persone che coinvolge ogni giorno nelle sue performance. Con la sua faccia da surfista californiano, Paolo Gambi non passa inosservato e prima o poi qualche produttore televisivo si accorgerà delle potenzialità di questo poeta 2.0 che quando apre bocca ti restituisce il piacere di ascoltare.«La coerenza della mia incoerenza sta in questo: mi sono sempre dedicato alla parola e a niente altro, in realtà. Tutto quello che ho fatto si riflette oggi nella mia attività artistica. Io tra i poeti contemporanei sono di sicuro il più strano perché non scrivo libri di poesia, né ho l’ambizione di farlo, non è il mio obiettivo principale, ma faccio cose che gli altri tendenzialmente non fanno».Cerca di portare la poesia nella società contemporanea.«Visto che Gutenberg è morto ed è finita l’era della carta, bisogna trovare nuovi spazi per la poesia. L’obiettivo della mia ricerca è di riportare la poesia ad essere protagonista nel mondo nuovo. Per questo sono stato il primo in Italia, e fra i cinque nel mondo, a fare poesia in Nft (Token non fungibili, ndr), quindi nel campo dell’arte digitale, scrivo sui muri, faccio la bodypainting poetry, ovvero compongo versi sui corpi delle persone. Se McLuhan aveva ragione, il mezzo è il messaggio, bisogna trovare nuovi linguaggi. La mia ricerca è tutta in questa direzione. Ci riesco, non ci riesco, un giorno lo dirà qualcun altro, però lo faccio con sincerità».Come ha cominciato a dipingere sui corpi?«Ho iniziato quasi per caso, quest’anno. Stavo facendo una performance in una spiaggia naturista al Lido di Dante, a Ravenna. Stavo lì con un manifesto, un lenzuolo sul quale avevo scritto “Raccontami la tua storia e ti regalo una poesia”. Le persone si fermavano, nude, e mi raccontavano la loro storia, io scrivevo alcuni versi su un foglio e glieli regalavo. Era una cosa carina. Riflettendo sulla morte della carta, ho iniziato a pensare: “Devo scrivere su un corpo”. Sai le cose incredibili, ero lì che pensavo a questo quando mi passa davanti agli occhi una ragazza, evidentemente una modella di nudo, dal fisico perfetto, allora le ho chiesto: “Scusa, non l’ho mai fatto. Ti va di farlo?”. Ho cominciato con lei».Con un pennarello?«Sì, la prima volta l’ho fatto con un pennarello perché mi dovevo organizzare, poi ho preso i colori e il pennello e ho iniziato a farlo in modo un pochino più professionale, ma non sono un body painter, per la tecnica mi arrangio un po’».La difficoltà è che può finire il foglio bianco, non si può andare a capo...«Il corpo finisce, è limitato! Questa è la sfida».Chi si presta?«Tutti, uomini, donne, coppie. In modo superficiale vien da dire: “Scrivi su belle donne!”, sì, a volte sono delle modelle, ma la cosa più intrigante è trovare sul corpo la storia delle persone e la persona che ha una storia interessante da raccontare ha un corpo particolare. A me non interessa tanto la donna bella, a me piace quando c’è una donna un po’ in carne o persone con qualche deformità. Alla fine i nostri corpi, nella loro diversità, ci indicano la nostra uguaglianza e questa è una cosa che io ho sperimentato».Quindi il verso che scrive è legato a quel corpo e a quella persona?«Questa è la cosa che faccio di più, mentre a volte alcune persone si sono prestate a fare da carta a versi che volevo scrivere io».Il coronamento sarà quando la persona si presenterà con un proprio verso da scrivere…«Ma è già così perché io glielo vado a pescare dentro».E se la persona si facesse tatuare quel verso?«Io sarei contrario perché il tatuaggio è permanente, invece a me interessa che qualunque forma di espressione da me utilizzata sia temporanea perché deve rimanere ciò che conta di quell’esperienza».Scrivere sui muri, invece?«Sempre per cercare nuovi spazi per la poesia. Ci tengo a dire che non faccio vandalismi: scrivo su commissione, nel senso che persone che hanno la proprietà di un muro mi dicono: “Vieni a scrivere una poesia”. “Volentieri”. Ne ho fatto persino una al Papeete Beach di Milano Marittima quest’estate!».Ha fondato un movimento, Rinascimento poetico, sempre per allargare i confini della poesia.«Un altro elemento centrale è che oggi non si può fare arte da soli. I poeti si odiano tutti tra loro essenzialmente, per motivi di ego. Io invece ho fondato Rinascimento poetico per creare un contenitore dove i poeti possano condividere, ibridarsi, fare cose insieme. In meno di tre anni siamo diventati uno dei principali network italiani, siamo già in tutte le regioni e in una decina di paesi nel mondo. Siamo 1.500 persone, organizziamo eventi in tutta Italia, tutti i mesi. Indichiamo il luogo, la data e chi vuole viene e condivide poesie. Poi facciamo molta attività online, siamo anfibi, com’è anfibio il mondo di oggi: siamo online e offline. Rinascimento poetico è il mio figliolo».