2021-12-02
Ottavia Fusco: «Sono sopravvissuta all’incubo Cardinale»
Ottavia Fusco (Getty Images)
L’attrice, vedova del regista Pasquale Squitieri: «Non c’era intervista in cui lei non segnasse il territorio parlando del loro amore mai finito. Quando lui morì, mi toccò una tournée di otto mesi insieme: un inferno che mi ha portato sull’orlo dell’alcolismo. Ma ora sono rinata».Ottavia Fusco, attrice diretta da Giorgio Albertazzi, cantante e oggi anche scultrice, nel 2013 divenuta moglie di Pasquale Squitieri, a quattro anni dalla sua scomparsa ha scritto un libro,’Nu piezzo ’e vita, che ripercorre la storia del rapporto con il regista e sceneggiatore napoletano, uomo dalla personalità complessa, «ma soprattutto un irregolare insofferente a ogni dogmatismo, una persona libera, onesta con sé e con gli altri e che in ogni confronto anche duro non ha mai tirato indietro la gamba». Squitieri: il «regista con la pistola», il «guappo» polemista implacabile, il «reazionario», «il marito di Claudia Cardinale», anche se i due non si sono mai sposati (un fantasma più per Fusco che per Squitieri, tanto che «in un momento di cazzeggio volevo intitolare il volume La moglie del marito della Cardinale, ma il mio avvocato me l’ha sconsigliato», ride adesso).Sedici capitoli, ciascuno corrispondente a una lettera del nome e cognome di suo marito, dall’iniziale P con «Provocazioni» alla finale I con «Infinito». «Ho voluto raccontare, attraverso un mio personale dizionario, il mio legame, viscerale e “di testa”, con Pasquale. Conosciuto nella torrida estate del 2003. Io ero seduta all’interno del bar Rosati a piazza del Popolo a Roma, a studiare con il beneficio dell’aria condizionata il copione per lo spettacolo Peccati d’allegria che avrei portato in scena con Lina Wertmuller. C’era un solo altro tavolino occupato: Pasquale con Tony Renis. Mentre se ne stava andando, passò davanti al mio e io tesi la mano per presentarmi, chiamandolo Maestro».E lui le chiese il numero di telefono. «No, chiesi io il suo ad Albertazzi, e una sera, dopo una cena di lavoro noiosa e inconcludente, e forse anche un bicchiere di troppo, gli telefonai. Ci vedemmo e... non ci lasciammo più».Con l’«incubo», è lei a fotografarlo così, della presenza dell’assente Claudia Cardinale, ormai parigina d’adozione, madre di Claudia junior, detta Claudine, avuta proprio da Squitieri. «Non c’era intervista in cui lei, diva indiscussa, carriera e bellezza folgoranti, non segnasse il territorio parlando del loro amore mai finito e di come lui non avesse altra donna all’infuori di lei. Per me ogni volta era una coltellata, mi si attorcinavano letteralmente le budella».Squitieri come la consolava? «A Pasquale in fondo non dispiaceva calarsi nel ruolo dell’uomo conteso, e cercava di rassicurarmi. Finché, constatando la mia frustrazione, organizzò il nostro incontro».Però. Come finì il chiarimento? «Non cavai un ragno dal buco. Claudia mi parlò di tutto, tranne che di Pasquale, e ogni volta che io cercavo di portare il discorso su Pasquale, lei svicolava con una risata, quasi come se si trattasse di un dettaglio marginale. Un genio!».In fondo, però, le deve essere grata: dopo l’ennesima intervista, e conseguente litigata con Squitieri, lui le fece la proposta di matrimonio. «A modo suo. Si accese una sigaretta e mi disse: “Ci penso da mesi: io e te ci sposiamo. Voglio che porti il mio cognome”. Fine. E così fu».Il maudit Squitieri amava dare scandalo. Una volta in radio spiegò che «la verginità per le donne è solo una rottura di scatole e prima se ne liberano e meglio è, anche se sono ancora minorenni». Un’altra volta, parlando di Tangentopoli arrivò a sostenere che Antonio Di Pietro andasse soppresso fisicamente! «Aveva il gusto del paradosso, amava provocare e spiazzare l’interlocutore, ma mi creda: era una persona ironica e intrisa di profondo senso del sacro, aveva un padre spirituale che ora è il mio, don Sergio Mercanzin, non andava a messa ma sentiva il bisogno di entrare in una chiesa e di raccogliersi in preghiera».Ma la storia dello schiaffo a Sandro Pertini, nei giardini del Quirinale alla festa della Repubblica il 2 giugno, è vera? Per me è un inedito assoluto. «Stando al racconto di Pasquale, sì. Era uscito da poco il suo film Claretta, sull’amore disperato della Petacci e Benito Mussolini che, al solito, aveva scatenato clamori e polemiche, con gli pseudo intellettuali di sinistra che, irridenti, l’avevano stroncato, e con quelli veri, come Alberto Moravia, a difenderlo. È Pertini che si avvicina, seguito da due guardie del corpo: “Buonasera Squitieri, come va?”. “Tutto bene presidente, grazie. Ha visto il mio film?”. “No, mi hanno detto che è un film brutto”. “Ah, non l’ha visto ma gliel’hanno detto? Si vergogni!”, e via con il ceffone».E la scorta del presidente come avrebbe reagito? «Si unirono anche due corazzieri che lo presero di peso e lo accompagnarono all’uscita. Squitieri giurava di aver incrociato in quel frangente Federico Fellini, che si era rivolto a quei due armadi: “Ma che state facendo? Mettetelo giù”».Sembra più la scena di un film che un episodio di vita davvero vissuto. Ma poi, scusi: Pertini non gli aveva concesso la grazia? «Vero, ma aveva rimediato a una situazione kafkiana, con una molto discutibile carcerazione. Conosce la vicenda?».Sì, gliene chiesi conto durante un’intervista. Mi spiegò di essere stato accusato di aver avallato un assegno di 20.000 lire poi rivelatosi falso, quando nel 1966 lavorava in banca. Vicenda non provata, secondo lui, e che doveva risultare prescritta. Si ritrovò nel carcere di Rebibbia con il cattivo maestro Toni Negri e Ali Agca, l’attentatore del Papa. «Tutto questo ha contribuito ad alimentare la leggenda dell’Uomo Nero, un mezzo criminale, rissoso, irascibile e amante delle armi. Come nella vicenda delle pistolettate ai paparazzi, ingigantita per la notorietà di Pasquale e di Claudia. Ma lui non avrebbe mai ucciso nessuno».E vorrei pure vedere. «Sparò per spaventarli. Avendo un’ottima mira, se avesse voluto non ne sarebbero usciti illesi. Non dimentichi che erano stati loro a violare la proprietà della villa in cui lui e Claudia vivevano. Pasquale fu denunciato, negli Usa non sarebbe successo: sarebbe stata giudicata più grave la violazione di domicilio».Squitieri di destra, suggestionato dal mito del superomismo di Friedrich Nietzsche. «Ma quando mai. Una volta mi accompagnò a una festa dell’Unità, dove dovevo partecipare alla presentazione del libro di un caro amico giornalista, Marco Politi, e sentì alle sue spalle qualcuno commentare: “Anvedi, il fascistone!”. Al che tornò indietro: “Fascistone lo dici a tua sorella”, si mise a confrontarsi con i “compagni” e dopo un po’’ quelli gli davano ragione. Perché Pasquale proveniva dall’estrema sinistra, aveva sottoscritto gli appelli per Lotta Continua, lavorato a Paese Sera...».Eletto senatore con Alleanza Nazionale... «Perché come ripeteva lui: “Gianfranco Fini me l’ha proposto. Fausto Bertinotti no”. Bertinotti era un suo caro amico, a cui anni dopo, a casa di Vittorio Cecchi Gori, rifilò una battuta urticante delle sue. Bertinotti lo abbracciò e lo rimproverò con tono scherzoso: “Ah, Pasquale, Pasquale, quando torni con noi?”. E lui: “Ti risulta che io abbia cambiato idea?”. “Be’, no”, rispose un perplesso Bertinotti, che non capiva dove si stesse andando a parare. “Ecco, vedi? Sono solo passato a un fascismo più moderato”. Bertinotti stette alla battuta, ma masticando amaro. Pasquale era fatto così, coltiva il gusto della provocazione. E non rinunciava mai alle sfide, neppure con la propria salute. Pensi che è riuscito a guarire da un cancro al polmone inoperabile, senza mai smettere di fumare».E allora, mi perdoni, di cosa è morto? «Per le conseguenze di un incidente d’auto, dopo un anno e mezzo di sofferenze che l’avevano inchiodato sulla sedia a rotelle. Del resto, la sua vita e il suo destino era stati segnati dalle auto».In che senso? «Da giovane fu protagonista di una tragedia: guidava un’auto su cui c’erano anche due giovani atleti che, come lui, dovevano partecipare ai campionati nazionali di scherma, e due ragazze. A Migliarino di Pisa, di notte, andarono a sbattere per l’asfalto sdrucciolevole e dissestato. Morirono tutti tranne lui. Una catastrofe che lo segnò per sempre e che si portava dentro».Dopo la scomparsa di Squitieri, perché si sottopose a quello che lei descrive come un calvario, una tournée teatrale di otto mesi con Claudia Cardinale ne La strana coppia? «Perché era un progetto ideato da Pasquale e da me. Pasquale era convinto che sarebbe stato lo spettacolo che avrebbe confermato il mio talento e le mie qualità. Non si sbagliava, perché nel 2018 mi è stato assegnato il Premio Flaiano, dalle mani del presidente Masolino D’Amico. Ma caro mi è costato».Come mai? «Senza più Pasquale a sostenermi, Claudia aveva imposto clausole contrattuali a suo favore, io non avevo pressoché voce in capitolo sulla campagna promozionale, lo svolgimento delle prove, e via dicendo. Finito lo spettacolo, molto spesso cenavo da sola. Una tensione continua che mi provocò una dermatite da stress».Così in seguito le sue giornate - «tutte», lo precisa lei - finirono per ruotare intorno alla bottiglia. Per un anno. «Trascorsi il Capodanno 2019 da sola, e sembravo avviata verso una china irreversibile. Mi salvò la mia amica musicista Cinzia, che mi portò quasi di peso alla clinica alcologica dell’ospedale Umberto I di Roma, un centro d’eccellenza per la cura dalle dipendenze da alcol. Sono tornata alla vita, lo dovevo a me stessa e a Pasquale».Le manca tanto? «Nella quotidianità delle piccole cose sì, ma so che è ancora con me. Mi piace pensare che quando è morto sia cominciato il resto della nostra vita insieme. Come ha scritto Sant’Agostino: “Coloro che amiamo e che abbiamo perduto non sono più dov’erano, ma sono ovunque noi siamo”».
Susanna Tamaro (Getty Images)
Nel periodo gennaio-settembre, il fabbisogno elettrico italiano si è attestato a 233,3 terawattora (TWh), di cui circa il 42,7% è stato coperto da fonti rinnovabili. Tale quota conferma la crescente integrazione delle fonti green nel panorama energetico nazionale, un processo sostenuto dal potenziamento infrastrutturale e dagli avanzamenti tecnologici portati avanti da Terna.
Sul fronte economico, i ricavi del gruppo hanno raggiunto quota 2,88 miliardi di euro, con un incremento dell’8,9% rispetto agli stessi mesi del 2024. L’Ebitda, margine operativo lordo, ha superato i 2 miliardi (+7,1%), mentre l’utile netto si è attestato a 852,7 milioni di euro, in crescita del 4,9%. Risultati, questi, che illustrano non solo un miglioramento operativo, ma anche un’efficiente gestione finanziaria; il tutto, nonostante un lieve aumento degli oneri finanziari netti, transitati da 104,9 a 131,7 milioni di euro.
Elemento di rilievo sono gli investimenti, che hanno superato i 2 miliardi di euro (+22,9% rispetto ai primi nove mesi del 2024, quando il dato era di 1,7 miliardi), un impegno che riflette la volontà di Terna di rafforzare la rete di trasmissione e favorire l’efficienza e la sicurezza del sistema elettrico. Tra i principali progetti infrastrutturali si segnalano il Tyrrhenian Link, il collegamento sottomarino tra Campania, Sicilia e Sardegna, con una dotazione finanziaria complessiva di circa 3,7 miliardi di euro, il più esteso tra le opere in corso; l’Adriatic Link, elettrodotto sottomarino tra Marche e Abruzzo; e i lavori per la rete elettrica dedicata ai Giochi olimpici e paralimpici invernali di Milano-Cortina 2026.
L’attenzione ai nuovi sistemi di accumulo elettrico ha trovato un momento chiave nell’asta Macse, il Meccanismo di approvvigionamento di capacità di stoccaggio, conclusosi con l’assegnazione totale della capacità richiesta, pari a 10 GWh, a prezzi molto più bassi del premio di riserva, un segnale di un mercato in forte crescita e di un interesse marcato verso le soluzioni di accumulo energetico che miglioreranno la sicurezza e contribuiranno alla riduzione della dipendenza da fonti fossili.
Sul piano organizzativo, Terna ha visto una crescita nel personale, con 6.922 dipendenti al 30 settembre (502 in più rispetto a fine 2024), necessari per sostenere la complessità delle attività e l’implementazione del Piano industriale 2024-2028. Inoltre, è stata perfezionata l’acquisizione di Rete 2 S.r.l. da Areti, che rafforza la presenza nella rete ad alta tensione dell’area metropolitana di Roma, ottimizzando l’integrazione e la gestione infrastrutturale.
Sotto il profilo finanziario, l’indebitamento netto è cresciuto a 11,67 miliardi di euro, per sostenere la spinta agli investimenti, ma è ben bilanciato da un patrimonio netto robusto di circa 7,77 miliardi di euro. Il consiglio ha confermato l’acconto sul dividendo 2025 pari a 11,92 centesimi di euro per azione, in linea con la politica di distribuzione che punta a coniugare remunerazione degli azionisti e sostenibilità finanziaria.
Da segnalare anche le iniziative di finanza sostenibile, con l’emissione di un Green Bond europeo da 750 milioni di euro, molto richiesto e con una cedola del 3%, che denuncia la forte attenzione agli investimenti a basso impatto ambientale. Terna ha inoltre sottoscritto accordi finanziari per 1,5 miliardi con istituzioni come la Banca europea per gli investimenti e Intesa Sanpaolo a supporto dell’Adriatic Link e altri progetti chiave.
L’innovazione tecnologica rappresenta un altro pilastro della strategia di Terna, con l’apertura dell’hub Terna innovation zone Adriatico ad Ascoli Piceno, dedicato alla collaborazione con startup, università e partner industriali per sviluppare soluzioni avanzate a favore della transizione energetica e della digitalizzazione della rete.
La solidità del piano industriale e la continuità degli investimenti nelle infrastrutture critiche e nelle tecnologie innovative pongono Terna in una posizione di vantaggio nel garantire il sostentamento energetico italiano, supportando la sicurezza, la sostenibilità e l’efficienza del sistema elettrico anche in contesti incerti, con potenziali tensioni commerciali e geopolitiche.
Il 2025 si chiuderà con previsioni di ricavi per oltre 4 miliardi di euro, Ebitda a 2,7 miliardi e utile netto superiore a un miliardo, fra conferme di leadership e rinnovate sfide da affrontare con competenza e visione strategica.
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Il presidente venezuelano Nicolas Maduro (Getty Images)
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha ordinato alle forze armate di essere pronte ad un’eventuale invasione ed ha dispiegato oltre 200mila militari in tutti i luoghi chiave del suo paese. il ministro della Difesa Vladimir Padrino Lopez sta guidando personalmente questa mobilitazione generale orchestrata dalla Milizia Nazionale Bolivariana, i fedelissimi che stanno rastrellando Caracas e le principali città per arruolare nuove forze.
L’opposizione denuncia arruolamenti forzati anche fra i giovanissimi, soprattutto nelle baraccopoli intorno alla capitale, nel disperato tentativo di far credere che la cosiddetta «rivoluzione bolivariana», inventata dal predecessore di Maduro, Hugo Chavez, sia ancora in piedi. Proprio Maduro si è rivolto alla nazione dichiarando che il popolo venezuelano è pronto a combattere fino alla morte, ma allo stesso tempo ha lanciato un messaggio di pace nel continente proprio a Donald Trump.
Il presidente del Parlamento ha parlato di effetti devastanti ed ha accusato Washington di perseguire la forma massima di aggressione nella «vana speranza di un cambio di governo, scelto e voluto di cittadini». Caracas tramite il suo ambasciatore alle Nazioni Unite ha inviato una lettera al Segretario Generale António Guterres per chiedere una condanna esplicita delle azioni provocatorie statunitensi e il ritiro immediato delle forze Usa dai Caraibi.
Diversi media statunitensi hanno rivelato che il Tycoon americano sta pensando ad un’escalation con una vera operazione militare in Venezuela e nei primi incontri con i vertici militari sarebbe stata stilata anche una lista dei principali target da colpire come porti e aeroporti, ma soprattutto le sedi delle forze militari più fedeli a Maduro. Dal Pentagono non è arrivata nessuna conferma ufficiale e sembra che questo attacco non sia imminente, ma intanto in Venezuela sono arrivati da Mosca alcuni cargo con materiale strategico per rafforzare i sistemi di difesa anti-aerea Pantsir-S1 e batterie missilistiche Buk-M2E.
Dalle immagini satellitari si vede che l’area della capitale e le regioni di Apure e Cojedes, sedi delle forze maduriste, sono state fortemente rinforzate dopo che il presidente ha promulgato la legge sul Comando per la difesa integrale della nazione per la salvaguardia della sovranità e dell’integrità territoriale. In uno dei tanti discorsi alla televisione nazionale il leader venezuelano ha spiegato che vuole che le forze armate proteggano tutte le infrastrutture essenziali.
Nel piano presentato dal suo fedelissimo ministro della Difesa l’esercito, la polizia ed anche i paramilitari dovranno essere pronti ad una resistenza prolungata, trasformando la guerra in guerriglia. Una forza di resistenza che dovrebbe rendere impossibile governare il paese colpendo tutti i suoi punti nevralgici e generando il caos.
Una prospettiva evidentemente propagandistica perché come racconta la leader dell’opposizione Delsa Solorzano «nessuno è disposto a combattere per Maduro, tranne i suoi complici nel crimine. Noi siamo pronti ad una transizione ordinata, pacifica e che riporti il Venezuela nel posto che merita, dopo anni di buio e terrore.»
Una resistenza in cui non sembra davvero credere nessuno perché Nicolas Maduro, la sua famiglia e diversi membri del suo governo, avrebbero un piano di fuga nella vicina Cuba per poi probabilmente raggiungere Mosca come ha già fatto l’ex presidente siriano Assad.
Intanto il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso preoccupazione per i cittadini italiani detenuti nelle carceri del Paese, sottolineando l’impegno della Farnesina per scarcerarli al più presto, compreso Alberto Trentini, arrestato oltre un anno fa.
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