2025-01-31
Ostaggi liberati nella calca, ira di Netanyahu
Arbel Yehud (Getty Images)
La folla accorsa ad assistere al rilascio di altri sette rapiti ha premuto sui Suv, scattando foto e girando video tra le urla dei miliziani per farli spostare. Poteva finire in tragedia. Bibi Netanyahu tuona: «Orribile, ai mediatori ho fatto sapere che non accetteremo più scene simili».Dopo 482 giorni di prigionia nelle mani di Hamas, ieri mattina la soldatessa dell’Idf Agam Berger è stata rilasciata. Nel primo pomeriggio sono stati liberati anche Gadi Mozes, 80 anni, Arbel Yehud, 29 anni, insieme a cinque cittadini thailandesi anche loro rapiti il 7 ottobre 2023. Pure in questa occasione i terroristi palestinesi hanno utilizzato la liberazione degli ostaggi per fare propaganda e diffondere il loro messaggio carico di odio. Gli ostaggi israeliani Arbel Yehud e Gadi Moses, insieme ai cittadini thailandesi, sono stati rilasciati dalla Jihad islamica palestinese e sono scesi dai veicoli al punto di scambio a Khan Younis, nel Sud della Striscia di Gaza. Il rilascio è avvenuto nei pressi delle macerie della casa di Yahya Sinwar, l’ex leader di Hamas ucciso dall’Idf lo scorso ottobre. Le immagini trasmesse dalle emittenti televisive e che circolano da ore sui social network mostrano una folla di miliziani e civili accalcati intorno al convoglio, tra urla, fischi e momenti di altissima tensione, tanto che a un certo punto si è temuto il peggio. I civili sono gli stessi che dal 7 ottobre 2023 accolsero con giubilo i miliziani di Hamas al loro ritorno a Gaza con i pick-up carichi di ostaggi vivi e morti. Come in altre volte, abbiamo chiesto a Elisa Garfagna, esperta di comunicazione, un’opinione su quanto avvenuto ieri: «La soldatessa israeliana Agam Berger è stata liberata dai terroristi di Hamas in una scena carica di tensione, effetti simbolici e scenografici. È emersa dai tunnel sotterranei, dove i miliziani si nascondono, avanzando tra le macerie sotto scorta degli uomini in nero dal volto coperto. Costretta a sorridere e salutare, una pratica nota e umiliante imposta agli ostaggi, è stata circondata da una folla che riprendeva la scena con telefoni e droni. Il messaggio sottinteso è chiaro: noi vi liberiamo dove voi ci uccidete. Ma ancora una volta, il luogo neutro previsto dagli accordi per lo scambio non è stato rispettato dando vita all’ennesimo show». Anche ieri centinaia di bambini palestinesi sono apparsi festanti con i miliziani, nell’ennesimo segnale di quanto sia profondo l’odio che Hamas ha instillato anche nelle menti di questi piccoli, vittime inconsapevoli dell’odio jihadista. Ma perché vengono utilizzati i bambini nella propaganda di Hamas? Per Elisa Garfagna «i bambini nella propaganda di guerra di Hamas sono strumenti emotivi e politici. La loro innocenza suscita indignazione, spinge all’azione e giustifica persino atti terroristici. Mostrarli sofferenti demonizza il nemico, mobilita il sostegno pubblico e legittima la violenza. Spesso vengono anche arruolati e usati come combattenti. Sfruttarli è una pratica abietta che trasforma la guerra in una battaglia morale, trattandoli come pedine sullo scacchiere del terrore». In Israele le immagini di ieri hanno fatto infuriare l’opinione pubblica, e su quanto avvenuto il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato: «Vedo con grande gravità le immagini sconvolgenti durante il rilascio dei nostri rapiti. Questa è un’ulteriore prova della crudeltà impensabile dell’organizzazione terroristica Hamas. Esigo che i mediatori assicurino che immagini simili non si ripetano e garantiscano la sicurezza degli ostaggi. Chiunque osi fare del male ai nostri rapiti, avrà la sua punizione». L’ex ministro e deputato di ultradestra Itamar Ben Gvir si è scagliato contro l’accordo: «Siamo felici ed emozionati per il ritorno di Agam, Arbel e Gadi, ma le immagini scioccanti da Gaza sottolineano che non si tratta di una vittoria assoluta, bensì di un fallimento totale di Israele, con un accordo sconsiderato senza precedenti. Il governo avrebbe potuto fermare gli assetati di sangue che ora tentano di linciare i nostri ostaggi bloccando gli aiuti e schiacciandoli militarmente fino a costringerli a implorare il rilascio dei nostri prigionieri, ma ha scelto la via della resa ai mostri umani». Dopo la visione delle immagini Netanyahu e il ministro della Difesa Israel Katz, come si legge in un comunicato diffuso dall’ufficio del premier, «hanno ordinato di posticipare il rilascio dei terroristi palestinesi fino a quando non sarà garantita una sicura liberazione degli ostaggi nelle prossime fasi. Israele chiede agli intermediari di ottenere questa assicurazione». Hamas si atterrà all’accordo? Sembra alquanto improbabile che lo possa fare perché in questa fase la propaganda è più che mai necessaria per Hamas, che deve mostrare forza e la capacità di mantenere il controllo del territorio ben sapendo che per loro non ci sarà nessuno spazio nel futuro nella Striscia di Gaza, come ha chiarito qualche giorno fa il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Dopo ore di incertezza intorno alle 15.30 l’ufficio del premier israeliano ha reso noto che «i mediatori hanno preso l’impegno di garantire un’uscita sicura per i rapiti durante i prossimi rilasci di ostaggi. Israele insiste che le lezioni saranno apprese e che in futuro ci sarà particolare attenzione per il ritorno sicuro dei nostri rapiti». Di seguito due autobus con a bordo i prigionieri palestinesi rilasciati nell’ambito dell’accordo di tregua con Hamas hanno lasciato la prigione di Ofer, in Cisgiordania. Sempre a proposito di Cisgiordania, almeno 11 persone sono morte nella zona di Tamun, a seguito di un raid aereo israeliano. Secondo quanto riportato dall’Idf in una nota, l’attacco, condotto nella notte nell’ambito di un’operazione antiterrorismo, ha colpito un raduno di militanti armati nell’area. Infine, la polizia israeliana ha liberato nel pomeriggio di ieri Luisa Morgantini, 84 anni, ex vicepresidente del Parlamento europeo e attivista pro Pal, insieme a Roberto Bongiorni, giornalista del Sole 24 Ore che ieri mattina, secondo gli israeliani, sarebbero entrati «in una zona militare».