
I piccoli rettili notturni sono maestri nell’infilarsi ovunque e nel rimanere immobili per ore. Nel silenzio si può anche sentire il loro leggero richiamo. Sono così affascinanti da aver conquistato pure Italo Calvino.Quando torno in Liguria, in certe zone, ed entro in una di quelle piccole abitazioni bianche, squadrate, basse, spesso a un solo piano, forse sottratte dai sogni dei turisti dal paesaggio di un’isola greca, talora ritrovo i segni tangibili di quella commovente arte del nascondimento e dell’imbalsamazione di cui è protagonista un piccolo animaletto, un rettile che in genere crea simpatia, tanto è vero che esistono magliette, spille, giocattolini vari, profumatori per interni o per automobili, fermalibro con la sua forma: il geco.Ricordo ancora una di queste casette, in un neovillaggio di seconde e terze case cresciute quasi come funghi nel corso degli ultimi anni, quasi sempre casotti non proprio regolari, non previsti dal piano regolatore del Comune di pertinenza, nell’immediato entroterra, da dove ancora si può scorgere la striscia blu del mare, laggiù. Qui troviamo l’ingresso tra gli oleandri in fiore, un cancello in ferro battuto nero, tenuto chiuso con una catena e un lucchetto da ferramenta, di quelli che i ladri saprebbero divellere con un sol colpo di martello, o di tenaglia. Un brevissimo tratto di strada ricoperta di ghiaia e un parcheggio per due automobili, anche meno. E subito l’ingresso di una casupola bianca, senza tetto, un cubo albino caduto da chissà quale trasporto aereo. E a fianco una altrettanto piscina mignon, un pozzo azzurro con dell’acqua dentro, una ciambella galleggiante arancio e qualche foglia.In questa casa si entra quasi come in una tomba etrusca, a passo rallentato, curiosi, cauti. Specchi e manifesti di mostre d’arte di decenni fa, un Pictor Optimus di Giorgio de Chirico a Roma, una collezione di Nymphéas di Claude Monet a Parigi, Wild animals di William Morris a Londra. I classici. Una sala con tanti libri a ricoprire due pareti, una grande finestra aperta sopra la piscina e un cucinino lungo e stretto, pieno di oggetti e con un odore misto di spezie e di chiuso.Una volta prese le misure all’ambiente, e magari dopo un buon ristoro di trofie al pesto, e un riposino pomeridiano, e un tuffetto nella piscina, ci si sdraia sul divanetto in sala, per sfogliare qualche vecchio romanzo di Lalla Romano, Nico Orengo o Gina Lagorio. E si nota qualcosa che è ai margini di una fotografia incorniciata, una di quelle cornici bianche che si acquistano all’Ikea, ben fatte e costano poco. Ci si alza e si sbircia meglio. Che cos’è? Ti chiedi e dalla cucina arriva la risposta della padrona di casa. «Ogni tanto si vanno a ficcare lì dentro».«Ma chi?».Cerchi di distinguere le forme ma non capisci ancora bene. Allora quasi senza farti accorgere afferri la cornice, la giri, alzi i fermagli e togli la foto. Ed eccola, la minuscola carcassa di una lucertolina, quasi oramai diafana, fantasmatica, così leggera da sembrare la crisalide abbandonata di una farfalla. Lei entra nella stanza e sorridendo si siede accanto a te. «È un geco!» dici tutto contento.«Essì, se restano chiusi in casa si infilano sotto le finestre o dentro le cornici».«Perché?».«Chiediglielo…». «Che cosa so dei gechi?». «Beh, che sono ottimi arrampicatori, dotati di efficienti ventose sotto le zampe. Che sono piccoli, di colore grigio o beige o verde. Si nutrono di zanzare e altri piccoli insetti, quindi è bene tenerseli in casa, sono un insetticida naturale. Sono notturni e quindi di giorno si nascondono in anfratti e buchi». «Quanto vive un geco?».«Bella domanda ma non ne so niente. So soltanto che me li ritrovo tra le pagine dei libri, nelle mutande nei cassetti o dentro le cornici. Stasera quando saremo fuori a prender il fresco li sentirai, emettono un richiamo molto simpatico».Così, parlando, confidandoci, leggendoci qualche pagina a vicenda, attendiamo l’arrivo del tramonto, e allora ci cuciniamo del pesce e ce lo mangiamo fuori, a un tavolino di quelli tondi, in ferro, già intaccato dalla ruggine. Improvvisamente è buio, la luna assente, il cielo sgombro e stellato. I nostri amici gechi iniziano a svegliarsi, escono, salgono sulle pareti, eccoli lì che si muovono. Sembrano quasi saltare da un punto all’altro. Hanno delle strisce nere, orizzontali, che li ricoprono dalla testa alla coda. E dopo poco iniziano i richiami. Degli «eh» contratti e costanti della loro misura. Uno addirittura si arrampica sulla gamba del tavolino e ce lo ritroviamo a setacciare le briciole del pane accanto al piatto. Provo a prenderlo e me lo tengo con timore tra le mani, è meno di un dito mignolo. «Non mordono vero?».«No, e poi, piccolo com’è, che vuoi che ti faccia mai?!».Il geco. Non ne avevo mai visti. Non pensavo nemmeno ci fossero in Italia. Ce ne restiamo lì a fissarlo per qualche secondo, giusto il tempo di farlo correre sulle mie braccia e poi gettarsi nel vuoto per liberarsi dallo «schiavismo umano». Dopo pochi minuti è già intento a scalare il muro della casa.«Italo Calvino ne ha scritto, se non ricordo male in un romanzo che s’intitolava Palomar. Dovrei averlo in libreria… aspetta». La mia amica esce di scena e sfuma dentro la casupola. Sento che muove qualcosa, un libro che cade, due, e poi ritorna. In mano tiene un vecchio Einaudi.«1983… mi sono segnata delle pagine, ecco: “Ogni sera, appena s’accende la luce, il geco che abita sotto le foglie su quel muro, si sposta sul vetro, nel punto dove splende la lampadina, e resta immobile come lucertola al sole. Volano i moscerini anch’essi attratti dalla luce; il rettile, quando un moscerino gli capita a tiro, lo inghiotte [...] Il geco resta immobile per ore; con una frustata di lingua deglutisce ogni tanto una zanzara o un moscerino; altri insetti, invece, identici ai primi, che pure si posano ignari a pochi millimetri dalla sua bocca, pare non li registri. È la pupilla verticale dei suoi occhi divaricati ai lati del suo capo che non li scorge? O ha motivi di scelta e di rifiuto che noi non sappiamo? O agisce mosso dal caso o dal capriccio?”».Restiamo in silenzio e ci facciamo inghiottire piano piano dalla notte che avanza.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (Ansa)
Un tempo la sinistra invocava le dimissioni (Leone) e l’impeachment (Cossiga) dei presidenti. Poi, volendo blindarsi nel «deep State», ne ha fatto dei numi tutelari. La verità è che anche loro agiscono da politici.
Ci voleva La Verità per ricordare che nessun potere è asettico. Nemmeno quello del Quirinale, che, da quando è espressione dell’area politico-culturale della sinistra, pare trasfigurato in vesti candide sul Tabor. Il caso Garofani segnala che un’autorità, compresa quella che si presenta sotto l’aura della sterilità, è invece sempre manifestazione di una volontà, di un interesse, di un’idea. Dietro l’arbitro, c’è l’arbitrio. In certi casi, lo si può e lo si deve esercitare con spirito equanime.
Elly Schlein (Ansa)
Critiche all’incauto boiardo. Eppure, per «Domani» e i deputati, la vittima è Schlein.
Negli ultimi giorni abbiamo interpellato telefonicamente numerosi esponenti del centrosinistra nazionale per sondare quali fossero gli umori veri, al di là delle dichiarazioni di facciata, rispetto alle dichiarazioni pronunciate da Francesco Saverio Garofani, consigliere del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, riportate dalla Verità e alla base della nuova serie di Romanzo Quirinale. Non c’è uno solo dei protagonisti del centrosinistra che non abbia sottolineato come quelle frasi, sintetizzando, «se le poteva risparmiare», con variazioni sul tema del tipo: «Ma dico io, questi ragionamenti falli a casa tua». Non manca chi, sempre a sinistra, ammette che il caso Garofani indebolirà il Quirinale.
Vincenzo Spadafora ed Ernesto Maria Ruffini (Imagoeconomica)
L’operazione Ruffini, che Garofani sogna e forse non dispiace a Mattarella, erediterebbe il simbolo di Tabacci e incasserebbe l’adesione di Spadafora, già contiano e poi transfuga con Di Maio. Che per ora ha un’europoltrona. Però cerca un futuro politico.
Ma davvero Garofani ha parlato solo una volta? No. Francesco Saverio Garofani, il consigliere per la Difesa del presidente Mattarella, non ha parlato di politica solo una volta. Possiamo dire che solo una volta le sue parole sono uscite. Così, la sua incontenibile fede giallorossa si è avvitata all’altra grande passione, la politica, provocando il cortocircuito.
Roberta Pinotti, ministro della Difesa durante il governo Renzi (Ansa)
Per 20 anni ha avuto ruoli cruciali nello sviluppo del sistema di sicurezza spaziale. Con le imprese francesi protagoniste.
Anziché avventurarsi nello spazio alla ricerca delle competenze in tema di Difesa e sicurezza del consigliere del Colle, Francesco Saverio Garofani, viene molto più semplice restare con i piedi per terra, tornare indietro di quasi 20 anni, e spulciare quello che l’allora rappresentante dell’Ulivo diceva in commissione.Era il 21 giugno 2007 e la commissione presieduta dal poi ministro Roberta Pinotti, era neanche a dirlo la commissione Difesa. Si discuteva del programma annuale relativo al lancio di un satellite militare denominato SICRAL-1B e Garofani da bravo relatore del programma ritenne opportuno dare qualche specifica.






