2020-07-01
Orrore in Toscana. Un africano si cucina un gatto arrosto in mezzo alla strada
Un ivoriano uccide un felino e se lo mangia fuori dalla stazione. Ma per gli intellettuali di sinistra chi si indigna è un razzista.Un immigrato arrostisce un gatto per mangiarselo. E la sinistra chic si accomoda a tavola. Com'è? Buono? Cotto a puntino? Manca un po' di sale? Lo serviamo in terrazza con salsa barbecue? E che vino abbiniamo? Meglio un bianco fresco o un rosso leggero? O si addice di più il rosé? Sembra quasi di sentirli i buonisti in servizio permanente effettivo. A una persona normale quelle immagini fanno semplicemente orrore. A loro invece fanno venire l'acquolina in bocca: vorrete mica scandalizzarvi per un Fufi alla brace? Un Romeo flambé? Micio miao rosolato alla brace? Com'è che siete diventati così suscettibili? In fondo se uno ha fame, ha fame. Non bisogna andare per il sottile. E poi potrebbe essere anche un'innovazione interessante in fatto gastronomico, un momento di integrazione cul-cul (culinaria e culturale), un suggerimento imperdibile della nouvelle afro-cuisine tre stelle Mici-lin. Ma sì, perché non proporla al prossimo Masterchef? Non dire gatto se non ce l'hai nel piatto. Farebbe persino ridere se non facesse spavento. C'è solo una cosa infatti che fa più schifo di quel video girato a Campiglia Marittima, Livorno, in cui un ventitreenne della Costa d'Avorio si cucina un micetto sul marciapiede: il modo in cui è stato accolto. Nella migliore delle ipotesi un'alzata di spalle. «Non è questo il problema». «Una sciocchezza». «Una cosa senza importanza». In alcuni casi addirittura una giustificazione: «Povero ragazzo, aveva fame». In altri il gioco del buttarla in vacca: «E il porceddu, allora?», «E i vicentini, allora?». In altri addirittura il ribaltamento dell'accusa: «Ecco che parte la campagna contro gli immigrati", “non permettetevi di giudicare chi non ha niente da mangiare" e infine “vergognatevi". Proprio così: vergognatevi perché vi fa orrore un gatto rosolato al bordo della strada. Vergognatevi se vi pare crudele cuocere Pussi Pussi sul falò. Evidentemente siete dei razzisti: se non riuscite a calarvi nei panni dell'improvvisato chef che spiattella sul marciapiede il micetto arrosto la colpa è vostra. Tutta vostra. Solo vostra. Perciò vergognatevi. E così subito ieri, nei salotti televisivi, sono andate in onda le occhiate feline (loro sì) delle madamine dell'informazione che avrebbero chiesto l'intervento dei caschi blu dell'Onu se Matteo Salvini avesse dichiarato di aver ammazzato anche solo una zanzara molesta in camera sua, ma che trovano del tutto irrilevante occuparsi di una risorsa dell'Inps che massacra animali domestici sulla pubblica via. Mentre sui social per tutto il giorno sono rimbalzati commenti imbevuti di comprensione e poverinismo, perché, è chiaro, «se uno è costretto a cuocere e mangiare un gatto per strada, il problema non è che mangia un gatto ma che non ha altro da mangiare», un'opinione retwittata da Michela Murgia, perché quello è chiaramente solo «istinto di sopravvivenza», come sentenzia la sardina di Pontedera, Meryem Ghannam. La quale sardina aggiunge: «Sono vegetariana da 16 anni, non condivido il gesto (e ci mancava, ndr) però lo capisco. Non mi scandalizzerei più di tanto. Se (l'immigrato) avesse avuto scelta sarebbe andato in un supermercato e avrebbe comprato del cibo salutare anziché rischiare di essere infetto da chissà quali malattie l'animale si porta addosso». Dal che risulta evidente che il vero mostro della giornata è il gatto, sciagurato. Non solo ha miagolato attirando l'attenzione dei passanti, anziché farsi scorticare e rosolare in devoto e riconoscente silenzio. Ma potrebbe anche, per colpa delle sue malattie, aver fatto venire il mal di pancia al giovane africano. Come si permette? Non poteva farsi almeno un check up prima di farsi abbrustolire? Nell'attesa che le brigate del buonismo internazionale promuovano una class action contro il genere felino per attentato all'apparato dirigente del profugo, ci permettiamo di riportare la vicenda alla sua cruda verità (se si può dire cruda, date le circostanze): quelle immagini parlano da sole. Basta guardarle senza paraocchi. Senza sovrastrutture. Senza quell'ideologia che offusca e ribalta la realtà. Dentro quel filmato non ci sono razzisti o anti razzisti, sovranisti o non sovranisti, attacchi o attacchini elettorali. C'è solo un gatto che brucia e un immigrato che se lo mangia. Forse se lo mangia soltanto perché ha troppa fame. Forse perché a casa sua è normale e non ha ancora capito come si vive qui. Forse per entrambe le cose. Comunque sia, non sono problemi da poco: non è un problema da poco far arrivare qui immigrati per lasciarli su un marciapiede senza niente da mangiare. E non è un problema da poco far arrivare qui immigrati per lasciarli vivere secondo regole che non sono le nostre. Anzi, direi che sono due problemi enormi, come gli italiani (a differenza dei buonisti in salsa felina flambé) sanno bene. Per questo quel video è tutt'altro che irrilevante. E per questo minimizzare o, peggio, chiudere gli occhi davanti a esso significa non capire quello che sta davvero succedendo. Che cosa sta davvero bruciando fuori dai salotti chic. Continuate così e vedrete quanti altri roghi impropri si accenderanno sui marciapiedi delle nostre città…